Contatto in classe e Covid: quali problematiche per alcune metodologie?

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In epoca post-Covid la parola d’ordine è “distanza”. Eppure, per molti anni e per molte metodologie didattiche, ciò che è importante per far crescere e socializzare i discenti è proprio il contatto – anche inteso come vicinanza fisica.

La stessa educazione fisica è una materia fortemente toccata dalla crisi sanitaria post-Coronavirus, poiché è stato praticamente impossibile fare sport di squadra durante la didattica a distanza: a tale situazione si è ovviato con degli esercizi da fare a casa, a corpo libero, ma quanto può durare effettivamente una scuola “contact-less”?

Metodo Agazzi

Prendiamo come esempio un metodo, chiamato Agazzi dal nome delle sue due teorizzatrici (le sorelle Rosa e Carolina) che si basa per lo più sulla socialità e sul contatto: due cose al momento quasi bandite, purtroppo, nella scuola post-covid.

Il metodo Agazzi venne sperimentato inizialmente negli asili, al finire del diciannovesimo secolo, e prevedeva appunto il contatto diretto dei docenti con i bambini e con le loro famiglie.

Inoltre, era fortemente improntato sul gioco, anche di gruppo, poiché considerato fondamentale per lo sviluppo e l’educazione dei bambini.

Educazione che si sviluppa, secondo il metodo, su diversi livelli: sensoriale, intellettuale, linguistico, estetico.

La parte sensoriale del metodo

La parte sensoriale dell’educazione prevede inoltre che i piccoli raccogliessero qualsiasi oggetto risultasse per loro emotivamente importante (portandolo in classe da casa o raccogliendolo tra la cesta dei giocattoli presente in aule): oggetti che, in definitiva, possono essere anche semplicemente delle “cianfrusaglie”, di poco valore.

Eppure, il toccare e capire la forma di quegli oggetti aveva – e ha tutt’oggi – una valenza formativa: tali cianfrusaglie, infatti, secondo il metodo Agazzi vengono riportate a nuova vita perché esposte in una sorta di “museo didattico”.

La decontestualizzazione e ri-contestualizzazione degli oggetti ha la duplice funzione di arricchire le conoscenze dei bambini, facendo leva sulla loro iniziativa, e di stimolarli all’osservazione, alla discussione e alla ricerca.

Attività e ritrovo educativo

Il metodo Agazzi è dunque incentrato sulla visione del bambino come essere attivo: un germe che ha il suo sviluppo completo nel ritrovo educativo per l’infanzia.

Un “ritrovo educativo” è il luogo con cui le sorelle Agazzi amavano definire lo spazio di lavoro dell’asilo.

Esso può essere visto come un luogo dove s’incontrano socievolezza, tolleranza e solidarietà: tutti valori che passano dal gioco e dal contatto diretto con gli altri bambini.

Alternative e buone pratiche

Ci si chiede dunque se, nella scuola dell’infanzia moderna, fino a che non passerà l’emergenza sanitaria, sia possibile ancora “ritrovarsi” per educare.

In questo vengono in aiuto le tecnologie, e quindi il gioco virtuale – da fare in classe sulla LIM.

Programmi di realtà virtuale o realtà aumentata per esperire insieme, in classe, situazioni simili alla vita reale, sono una buona alternativa in tal senso.

A onor del vero, tuttavia, è anche possibile ritrovare una certa socialità pur mantenendo la distanza – grazie a un incremento delle sanificazioni degli oggetti presenti in aula.

Negli asili, è auspicabile che sia l’insegnante (possibilmente con i guanti) a prendere il giocattolo che sceglie il bambino, e a mostrarne forme e colori all’intera classe.

Ovviamente si tratta di buone pratiche e alternative che si auspica siano provvisorie: come professavano le sorelle Agazzi, non c’è qualcosa che possa sostituire effettivamente il contatto fisico e sociale tra i bambini.

E si spera che torni presto, nelle aule.

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