Presunti maltrattamenti a scuola, Lodolo D’Oria: fenomeno in forte crescita. Centrale il ruolo del dirigente scolastico. INTERVISTA

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Presunti maltrattamenti a scuola (Pms) e procedimenti penali: dinamiche, limiti e avvertenze per insegnanti, dirigenti scolastici, inquirenti, avvocati e giudici. Ne parliamo con il Dottor Vittorio Lodolo D’Oria, medico esperto in malattie professionali degli insegnanti e autore del vademecum sui Pms che andiamo a presentare.

Un fenomeno sempre più crescente quello dei Presunti maltrattamenti a
scuola. Oggi scuola e giustizia sono chiamate a confrontarsi, ma in passato
poco o nulla si sono trovate a dover interagire.

Dobbiamo innanzitutto chiederci se la scuola non sia effettivamente in grado – come è stato fino a qualche anno fa – di rispondere in proprio al crescente fenomeno dei Pms, al punto di necessitare dell’intervento dall’esterno dell’Autorità Giudiziaria. Quest’ultima infatti non conosce il mondo della scuola ed ha tempi d’indagine oltremodo lunghi rispetto alla tempestività del potenziale intervento del dirigente scolastico che è, a ogni buon conto, il primo responsabile dell’incolumità degli alunni. Senza dimenticare che tanto più grave e urgente appare il caso di Pms, tanto più veloce e tempestiva deve essere l’azione volta a tutelare la piccola utenza: esattamente l’opposto di quanto avviene oggi.

A tal riguardo, ha curato un’indagine internazionale (2014-2019) sul
fenomeno dei Pms. Cosa emerge in particolare?

L’indagine mostra come il fenomeno sia esclusivamente italiano e con un tasso di crescita nel 2019, superiore al 100%, rispetto al 2018. Rispetto al 2014 è aumentato addirittura 14 volte, trasformando la palla di neve in valanga. Per trovare traccia di casi di Pms all’estero bisogna cercare nei Paesi in Via di Sviluppo quali Cambogia, Sudan e India che, tuttavia, rappresentano realtà affatto diverse dalla nostra.

Nel corso degli ultimi sette anni, ha inoltre esaminato 65 casi di Pms. Quali
sono i risultati?

L’avvento dell’uso delle telecamere nelle indagini condotte dall’Autorità
Giudiziaria (AG) ha prodotto un risultato paradossale, facendo credere che la scuola sia un ambiente a rischio per l’incolumità dei bimbi. La realtà è opposta: la scuola è sicura mentre i fatti gravi, di sangue, avvengono esclusivamente in famiglia. Con centinaia di ore di intercettazioni, seguite da selezione avversa delle scene, decontestualizzazione degli episodi e drammatizzazione dei fatti, si può ricostruire una realtà poco veritiera. Da “brandelli di filmato” (come li definisce un magistrato sardo) non può che discendere una “verità fatta a brandelli”. Inoltre è assai improbabile che inquirenti non-addetti-ai-lavori possano venire a capo di un’indagine squisitamente professionale.

Chi dovrebbe occuparsi di questi casi: dirigente scolastico o Autorità Giudiziaria? In che modo potrebbero collaborare?

Abbiamo potuto constatare che un’indagine per Pms è effettivamente “professionale” perché riguarda l’operato di insegnanti alle prese con la piccola utenza. Per questo motivo è d’uopo che di simili problemi si occupi il dirigente scolastico che ha tutti gli strumenti a disposizione per farvi fronte. L’unica cosa che può fare l’AG consiste nel rimettere al dirigente
eventuali denunce che dovessero venire da genitori, rinunciando a promuovere indagini con telecamere nascoste (per tutti i numerosi limiti).

Nel vademecum il Dottor Vittorio Lodolo D’Oria analizza, in particolare, 30 punti sui limiti e gli effetti dei metodi d’indagine con uso di telecamere nascoste in ambiente scolastico.

Trilogia PMS Luglio 2020

Il Dottor Vittorio Lodolo D’Oria è a disposizione per maestre, dirigenti e
inquirenti per approfondire il fenomeno ([email protected]).

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