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“La matematica non è un’opinione e le donne sono negate”, sarà davvero così?

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Due più due fa quattro. La matematica non è un’opinione. E se non ci sei portato, meglio lasciar perdere, non hai speranze. Le donne, poi, con i numeri sono proprio negate. Quante volte ci siamo sentiti ripetere queste verità dal sapore assoluto, senza pensare che forse assolute non lo sono nemmeno un po’? Spesso quello in cui crediamo affonda le radici nel pregiudizio.

E la matematica è il contrario del pregiudizio: è fatta per i curiosi, e quindi per tutti e tutte noi. Perché un teorema o una formula mettono in gioco la nostra fantasia e la nostra creatività non meno di un’opera d’arte, e ci consentono di interpretare il mondo con occhi più acuti e mente più aperta. Insomma, capire la matematica è questione d’immaginazione, e di provare a superare la visione comune. A smantellare uno per uno gli stereotipi che circondano la scienza di Pitagora e Turing – e che molti di noi si portano dietro dai banchi di scuola – ci pensa Lorella Carimali, che ha dedicato la sua vita all’insegnamento della matematica, e che con il libro uscito oggi in tutte le librerie “L’equazione della libertà. Nella matematica c’è la chiave per la rinascita (Rizzoli, 208 pagine) , che è anche un’appassionata lettera d’amore per la scuola e il suo ruolo educativo, ci insegna ad avere fiducia nelle nostre potenzialità e a dare una chance ai numeri, alleati preziosi per affrontare le sfide della vita.

Lorella Carimali insegna matematica e fisica nelle scuole medie di secondo grado da trent’anni, attualmente è in servizio al liceo Vittorio Veneto di Milano. Collabora con università, centri di ricerca, istituzioni ed enti di formazione. Nel 2018 è stata trai finalisti del Global Teacher Prize, il Nobel per l’insegnamento. Per Rizzoli ha pubblicato La radice quadrata della vita (2018), un altro libro dedicato alla scuola e alla matematica.

Professoressa Lorella Carimali, “se non sei portato per la matematica, meglio lasciar perdere”. E’ vero, questa frase l’abbiamo sentita mille volte. Invece non è così?

“Non è così. Infatti ci sono espressamente due capitoli, in questo libro, che vogliono abbattere questi stereotipi e sono, uno, il capitolo intitolato La matematica è per tutti, e, l’altro, La matematica è donna. Perché abbiamo due stereotipi sbagliati. Uno è che il talento è innato e quindi o ci nasci o non sarà mai tua e l’altro che la matematica è appannaggio dei maschi. Rispetto alle femmine infatti se si vanno a vedere le scelte della scuola superiore da parte degli alunni si vede che la maggior parte delle ragazze fa il liceo e non l’istituto tecnico e, tra i licei, il classico e il linguistico o le scienze umane. E nello scientifico, anche se trovi le femmine, non ne trovi tante allo scientifico delle scienze applicate, lì ce ne sono molte di meno, se ne trovano di più al liceo scientifico tradizionale anche se il divario di genere resta elevato”.

Torniamo al primo stereotipo, di impatto più generale. Se non si è portati, se non si è nati con il talento matematico, si sostiene, meglio lasciar perdere.

“Questo è un problema di tipo culturale, e qui io cerco di smontarlo facendo riferimenti a teorie. Io parlo in prima persona e faccio intervenire molto i ragazzi. Il problema è che molti pensano che il talento sia innato ma soprattutto in matematica. Quante volte ci si sente dire che non sei portato, eppure le neuroscienze stanno dimostrando che non è vero. Certo, ci può essere una passione ma non è vero in generale. C’è una psicologa sociale e dello sviluppo, Carol Dweck, di Standford che ha fatto degli studi interessanti. Ha detto: io non voglio capire se il talento è innato, io sono una psicologa e voglio capire quanto il pensare che il talento sia innato condizioni il tuo apprendimento. Poi ha fatto una cosa in particolare sulla matematica, ma in generale l’ha fatta su tutto. Del resto quante volte ci siamo sentiti dire: tu non hai attitudini artistiche? E le persone stonate? Non esistono, esistono solo persone non allenate. Carol Dweck divide le persone tra coloro che pensano che il talento sia innato, che hanno un’idea dell’intelligenza fissa, immutabile nel tempo, e coloro che pensano invece che hai sì delle passioni ma il talento si costruisce allenandosi. Ha poi fatto una sperimentazione scientifica che le neuroscienze hanno avallato, non è solo una ipotesi dunque”.

Che cosa è emerso?

“Carol Dweck ha visto che chi pensa che il talento sia innato si mette sempre in situazioni che sono sempre dello stesso tipo perché l’errore verrebbe percepito come un disastro, ti senti incapace e quindi cerchi di fare sempre le stesse cose”.

E’ la famosa tendenza a stare nella comfort zone, in una condizione mentale nella quale una persona prova un senso di familiarità e ha il pieno controllo della situazione.

“Esatto. Mentre chi pensa che l’intelligenza sia invece incrementale e non fissa e immutabile si mette sempre in situazioni nuove. L’errore in questo caso viene percepito non come un limite ma come un’opportunità. Lavorando sull’errore si apprende sempre di più. Carol Dweck, siccome sono cose inconsce, chiede ai genitori di riflettere su quello che pensano in merito all’intelligenza, se incrementale o fissa, poiché se pensano che sia fissa loro la tramanderanno con i fatti ai propri figli e agli studenti. Quante volte gli insegnanti commettono questo errore? Per prima cosa, dunque, occorre capire questo”.

E poi?

“Poi occorre proporre agli studenti e ai figli situazioni sfidanti e premiare l’impegno e non la performance”.

Provi a fare un esempio pratico.

“Io do ad esempio problemi di matematica non ripetitivi ma situazioni problematiche che gli alunni devono risolvere magari con i compagni. Non mi interessa il risultato, ma l’impegno e come si arriva perché conta la riflessione sul percorso”.

La matematica ha a che fare anche con la libertà, come si deduce fin dal titolo del libro

“La matematica è creativa ma è anche libertà. La matematica non è fatta di formule ma è pensiero e quindi va capito il significato che sta dietro a formule e procedure. Un po’ faccio riferimento ai prof di inglese che dicono: dovete pensare in inglese. Ecco: bisogna riuscire a pensare in matematichese e questo non vuol dire far fare tremiladuecento esercizi per poi vedere che l’alunno ci riesce e pensare che sono brava come insegnante. Fare delle sfide porta a fare degli errori e allora talvolta vai in crisi, e anche i ragazzi dicono che non ci riescono. E’ un percorso lungo far sì che la matematica diventi un modo per affrontare la vita”.

Professoressa Carimali non è che con questa impostazione si rischia di creare alibi per studenti che non hanno voglia di studiare?

“No, perché devi dare delle sfide alte ma non irraggiungibili e poi lavorare assieme agli altri perché si aiutino. E’ come la maratona: non m’interessa che tu arrivi primo o ultimo ma che tu ci arrivi e in questo modo la matematica è uno strumento per allenare il pensiero perché altrimenti come fai a da allenare il pensiero delle persone? Tu immagina come fai davanti a un problema a trovare una soluzione se il problema è nuovo. Ma se non hai allenato l’immaginazione, la creatività, la visione? Immagina di avere un sacco di dati e devi costruire un modello che rappresenti quella situazione. Se hai delle procedure codificate non te la risolvono e quindi tu devi avere allenata la capacità di andare oltre. Se sbagli non fa nulla, quando trovi la soluzione la razionalizzi e la metti a sistema. Abbiamo un mondo che è cambiato e dunque abbiamo bisogno di una visione perché la soluzione non c’è ed è da mettere a sistema questa visione. L’innovazione per me è proprio questo: l’invenzione messa a sistema perché la rendo fruibile a tutti”.

Ammetterà che tutto questo comporta una rivoluzione nella didattica

“Serve una rivoluzione di tipo culturale. Per questo ho scritto questo libro: c’è l’idea che il talento sia innato, in realtà si deve capire che la matematica è pensiero, è un modo di agire. E’ un modo molto vicino a quello dell’artista che ha davanti un pezzo di marmo, un tela bianca. Ci lavora, fa un capolavoro. Un matematico fa un teorema o, davanti a dei dati, trova un modello che li rappresenti e che li metta in ordine e quindi crea armonia e ordine dove c’è disordine, un capolavoro, allo stesso modo per chi dimostra un teorema per tutti. Oggi siamo in una situazione in cui dobbiamo vedere l’oltre e conosciamo bene l’analfabetismo funzionale di politici e amministrativi, un vero problema dell’Italia. Nella Corea del Sud gli studenti sono tra i migliori in matematica e hanno una questione di genere a rovescio, sarà un caso? Mentre in Italia no, perché non facciano che ripetere le cose. La didattica deve cambiare per forza. Dobbiamo abituare gli studenti a vivere nelle incertezze e a essere resilienti. Ecco perché ho voluto scrivere che la matematica è la chiave per rilanciare il nostro Paese”.

Ma, insisto, la scuola è preparata?

“No, che non è preparata, perché abbiamo demoralizzato i docenti riducendoli a impiegati, invece dovremmo valorizzare la professione docente come una classe di ricercatori. A me viene male pensare che la carriera di un docente sia quella di fare il collaboratore del preside. Io m’immagino come un insegnante che studia qualcosa e poi ha una cattedra mista con l’università in modo che io sia più vicina alla ricerca in modo da portarla a scuola e quindi vorrei che la figura del docente non sia come oggi equiparata dal dipendente statale ma al professionista che progetta, anche con evoluzione di carriera che evolve in questo modo, non tanto sui soldi ma sull’evoluzione di carriera. Voglio dire che occorre dare spazio agli insegnanti che hanno voglia di fare il ricercatore, mandarlo in giro, anche solo per un anno, oppure per metà delle ore a scuola e per metà all’interno di un meccanismo che valorizzi questa professione. Se non si parte dalle persone come si fa?”

Restiamo a scuola e al presente. Gli apprendimenti degli alunni in matematica sono spesso un disastro

“Perché la didattica è così. La matematica è intesa come procedura. Per cui gli alunni fanno come gli operai alla catena cinquecentomila volte lo stesso esercizio senza vedere che cosa quella formula ti dice senza riflessione metacognitiva e quindi quando ti do un problema nuovo non sai che formula devi usare: sai le procedure ma davanti a un problema nuovo non sai quale formula prendere. Non sai come risolvere. E’ come stare alla catena di montaggio: quando poi ti sposti un po’ ti dicono ma le sai fare come mai non ti è venuta? Le sai fare le cose, certo, ma perché le hai viste sempre in quel contesto. La competenza matematica consiste nel saper trasferire le conoscenze e le abilità in qualsiasi contesto, anche in un contesto nuovo”.

Quale ruolo hanno i docenti in tutto questo?

“Il problema è che i docenti sono stati formati su questa idea di matematica. Inoltre in molti settori come alle medie insegna matematica chi è laureato in scienze. Ma per chi ha studiato scienze la matematica è semplicemente uno strumento di calcolo, non è un pensiero matematico, fanno un solo esame di matematica. Non sanno che cosa sia l’epistemologia della matematica, se non sono laureati in matematica. E poi le maestre alla primaria”.

Torniamo dopo alla primaria. Intanto gli interessati le risponderebbero che hanno superato il concorso pubblico

“Provi a chiedere loro che cos’è la matematica e sentirà cosa le rispondono”

Me lo dica lei

“Equazioni, numeri… risponderanno così”.

Torniamo alle maestre, ai maestri e alla matematica alla scuola primaria.

“Le maestre alle elementari perché hanno scelto di fare quel mestiere? Perché hanno fatto Scienza della formazione. E chi è che fa quello? Chi non va bene in matematica e quindi coloro che pensano che la matematica non faccia per loro e dunque perpetuano questo stereotipo sugli alunni. Infatti quando una preside mi ha detto faccia quello che vuole, io le ho proposto: voglio fare un corso alle maestre, cioè un corso per chi non l’ha studiata, la matematica, ma non un corso sulla didattica, un corso proprio sulla matematica. E’ stato un successo. Si sono accorte dei pregiudizi che avevano e che perpetuavano per cui anche loro che pensavano di non essere brave hanno capito che erano brave. Più seguivano e più volevano conoscere”.

Che cosa ha insegnato alle maestre e ai maestri?

“Ho insegnato semplicemente che cos’è la matematica. Il problema anche al liceo scientifico è che si arriva fino al 1900, tutto il 2000 non c’è. Gli assiomi, la crisi dei fondamenti, i paradossi, queste cose non si fanno. E’ come se in storia non si facessero la prima e la seconda guerra mondiale: come si fa a capire la storia in questo modo? E’ una parte bella perché è collegata alla filosofia della scienza. Io l’ho fatto con gli studenti durante il lockdown, mi si è aperto il mondo”.

Come si fa una rivoluzione del genere?

“Cominciamo a fare formazione con i nuovi docenti. Cominciamo a dare loro idee diverse. Il problema è che in Italia non c’è molta riflessione su queste cose, altri Paesi sono davanti a noi per questo”.

Veniamo al secondo stereotipo: la matematica non è per le femmine.

“Lei pensi a una bambina alle prese, a casa, con un esercizio di matematica. Va dalla mamma. La maggior parte delle volte la mamma dice: va’ dal papà. E il papà magari si mette lì un attimo e poi dice dài, sarai un’artista, non fa nulla, se non sei portata per questo sarai portata per altro. Se ci va il maschietto invece il papà gli dirà: tu ci devi riuscire e così gli rinforza l’idea che ce la può fare mentre con l’altra non succede”.

Nel suo libro lei riprende il caso poco conosciuto della moglie di Einsteinche faceva i conti del marito…” , Mileva Maric’, che faceva i conti e calcoli per il marito. Cito dal volume: “La donna accanto a lui è sua moglie, si chiama Mileva Maric´ ed era una matematica e fisica. Nel 1903, Einstein pronunciava pubblicamente la seguente frase: «Ho bisogno di mia moglie, lei risolve tutti i miei problemi matematici». Lui aveva l’intuizione e sua moglie si occupava di fare i calcoli. Provateci voi, a fare i calcoli per Albert Einstein, per avere un’idea del livello delle competenze matematiche di Mileva, una donna, un’intellettuale, una brillante matematica che nel 1896 era stata ammessa al Politecnico di Zurigo dopo aver superato due impegnative prove di matematica, una di algebra e una di geometria. Ma per noi è rimasta pressoché una sconosciuta! Conosciamo perfettamente Einstein, ma credo che pochi di voi sapessero del ruolo che questa donna ha avuto nell’elaborazione della teoria della relatività che forse, senza il suo contributo, non sarebbe mai stata sviluppata”.Non sarà l’unico caso…

“Non lo è. Peraltro, tutti i divulgatori matematici sono maschi. In quel capitolo cerco di sfatarlo e di far capire perché è solo un pregiudizio. Il mio libro contiene 8 capitoli ognuno dei quali cerca di sfatare i pregiudizi sulla matematica. Quando tu introietti il fatto che l’ambiente matematico non è per le donne più sali in alto e meno donne ricercatrici trovi. Il percorso è tanto lungo che se poi la donna arriva in un ambiente in cui è considerata una diversa si fermerà anche prima, che glielo fa fare a impegnarsi tanto?”

C’è una questione democratica dietro la matematica?

“Certo. Ma anche di opportunità perché come società ti privi di avere delle persone brillanti e al posto di una donna brava avrai magari un uomo mediocre”

C’è un nesso tra matematica e diritti?

“Se tu comprendi dati le formule e i grafici sai capire cosa questi grafici ti dicono, nessuno ti può ingannare altrimenti rischi che ti dicano quel che vogliono con un grafico, e ti fanno anche votare in un modo che non avresti fatto perché non ti accorgi che ti stanno ingannando. Non solo: sempre nel libro propongo un esempio conosciuto: un vicino descrive un altro vicino come mite, minuzioso, gli piace lavorare da solo, ordinato. Il quesito poi proposto è: si tratta di un bibliotecario o di un agricoltore?”

E’ un bibliotecario risponderanno molti

“I matematici si basano sulla probabilità. Dunque analizzano che in Usa c’è un bibliotecario ogni dieci agricoltori e quindi è più probabile che ci si trovi di fronte a un agricoltore mite”

Lei ha lavorato al Sud come formatrice scolastica

“La mia terra è il Sud, anche se sono lombarda”.

Che cosa vorrebbe chiedere a chi ha in mano le redini della scuola?

“Vorrei avere un gruppo al Ministero fatto di persone che scelgo io per far sì che la matematica sia un patrimonio di tutte e di tutti”.

Intanto ha fatto parte del Comitato di esperti nominato dalla ministra Lucia Azzolina per gestire la ripartenza dell’anno scolastico post Covid-19.

“Sì, ma dove sono le relazioni che abbiamo prodotto? Hanno fatto lavorare diciotto persone gratis per tre mesi. Abbiamo prodotto due dossier, uno consegnato a maggio. Poi il 13 luglio altre cento pagine su come partire e rilanciare la scuola dopo il Covid. Dove sono? Io non lo so”.

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