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Motivazione, bisogni e apprendimento. Quali nessi nel discente?

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Perché l’apprendimento si realizzi, serve che l’alunni sia interessato e partecipe, cioè che sia motivato.
Per motivazione intendiamo tutto ciò che spinge l’animo umano a perseguire determinati scopi: si parla di animo poiché oggetto della motivazione è stato, per lungo tempo, studio della psicologia – a partire da Hull e dal suo concetto di omeostasi, (che spingerebbe il corpo a reagire ad uno stato di disagio per colmare un desiderio), fino a Freud, che considera bisogni e motivazioni come delle pulsioni.

In termini didattici, si può dire che la motivazione rappresenta il valore del desiderio degli alunni di raggiungere un determinato obiettivo, e l’attesa di poterlo soddisfare rappresenta le aspettative che essi ripongono nel docente e in sé stessi.

Livelli motivazionali

C’è differenza, tuttavia, tra le pulsioni freudiane e la motivazione in sé per sé: le pulsioni sono infatti solo uno dei tre livelli che può avere la motivazione.

Essi sono, nello specifico:

1- Riflessi – si tratta della risposta automatica dell’organismo a un determinato stimolo esterno, ed è dunque il livello più semplice (es. ho caldo e sudo).
2- Istinti – sono sempre automatici, come i riflessi, ma risultano più complessi poiché implicano una sequenza comportamentale (es. le migrazioni degli uccelli).
3- Pulsioni – è il livello più alto e più complesso, perché qui entra in gioco la cognizione: quando l’uomo primitivo aveva fame, ha dovuto capire che bisognava cacciare per procacciarsi del cibo, e poi in seguito cuocerlo per digerirlo meglio, ecc…

Va da sé che il docente dovrà puntare a sviluppare motivazione partendo soprattutto da istinti e pulsioni, poiché i riflessi sono, come si suol dire, incondizionati e dunque non suscettibili di condizionamento(a differenza degli altri due livelli di motivazione).

Comportamento motivato

La motivazione, in ogni caso, solo uno dei tre fattori che contribuiscono a determinare il comportamento motivato:

  •  stimolo – costituito dall’ambiente esterno;
  • motivazione tout-court – che regola le strategie cognitive messe in atto dall’individuo per raggiungere il suo obiettivo o bisogno;
    emozioni – importanti perché mediano tra l’ambiente esterno (stimolo) e le pulsioni individuali (motivazione, appunto): stranamente, anziché la razionalità, sono proprio le emozioni a svolgere la funzione di bilanciere.

Un comportamento motivato si riconosce, inoltre, se coesistono altri 3 fattori:

  • la mobilitazione di energia: direttamente proporzionale alla motivazione;
  • la persistenza: se un discente prova e riprova un compito anche collezionando insuccessi, va premiato per la sua evidente grande motivazione;
  • la forza di modificare: se un discente non raggiunge il suo scopo in una determinata maniera, la sua motivazione può modificare il suo comportamento al fine di trovare altre soluzioni.

Motivazione primaria e secondaria

Il docente, affinché il discente sviluppi un comportamento motivato, dovrà puntare principalmente su alcuni tipi di motivazioni: quelle secondarie.

La classificazione delle motivazioni in primarie e secondarie si basa sullo stretto rapporto che esiste tra bisogni e motivazioni – evidenziato nella Piramide di Maslow.

Le motivazioni primarie sono, infatti, quelle che riguardano esigenze biologiche (secondo Maslow, corrisponderebbero ai bisogni fisiologici e di sicurezza).

Le motivazioni secondarie sono invece quelle che si riferiscono ai bisogni appresi (bisogni di appartenenza e affetto – sociale, emotiva e sentimentale; nonché bisogni di stima e di autorealizzazione).

È infatti chiaro che, mentre in famiglia si sviluppano quelle primarie, in classe, sin dalla prima infanzia, compariranno le prime esigenze secondarie.

Motivazioni estrinseche e intrinseche

Oltre che in primarie e secondarie, le motivazioni si dividono in intrinseche ed estrinseche – ed in questo caso, il docente può puntare su entrambe.

Infatti, quelle estrinseche si formano non quando il discente agisce per il puro piacere di studiare (come succede in quelle intrinseche), ma per ottenere dei risultati esterni all’obiettivo (es. una lode, un buon voto ecc…).

Come motivare lo studente ad apprendere?

Dunque, il docente ha diversi modi per fomentare sia le une che le altre, puntando su:

  • l’innata curiosità dell’alunno verso il sapere, e sperimentando metodi didattici che lo aiutino ad aumentare tale curiosità (ad esempio individuando il suo stile di apprendimento e trovando delle strategie didattiche che più vi si confacciano);
  • il suo bisogno di padroneggiare competenze (adottando la tecnica del Mastery Learning);
  • la sua necessità di affiliazione e stima sociale (attuando spesso il Cooperative Learning).

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