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Congedi docenti e Ata per gravi motivi familiari [GUIDA]

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Normativa, destinatari, durata, valutazione dirigente, tutto sui congedi per gravi motivi familiari: guida a cura di Paolo Pizzo.

Normativa

Art. 4 comma 2 Legge 53/2000; Decreto Ministeriale – Dipartimento per la Solidarietà Sociale, Presidenza del Consiglio dei Ministri, 21 luglio 2000, n. 278.

Destinatari

Tutte le lavoratrici o i lavoratori, dipendenti di datori di lavoro pubblici o privati.

Durata

Per un periodo, continuativo o frazionato, non superiore a due anni nell’arco della vita lavorativa.

Come si conteggiano i due anni

  • si computa secondo il calendario comune;
  • si calcolano i giorni festivi e non lavorativi compresi nel periodo di congedo;
  • le frazioni di congedo inferiori al mese si sommano tra di loro e si considera raggiunto il mese quando la somma delle frazioni corrisponde a trenta giorni.

I motivi a supporto della richiesta

È possibile richiede un periodo di congedo per gravi motivi, relativi alla situazione:

  • personale;
  • della propria famiglia anagrafica;

dei soggetti di cui all’articolo 433 del Codice civile anche se non conviventi:
1) il coniuge;
2) i figli, anche adottivi, e, in loro mancanza, i discendenti prossimi;
3) i genitori e, in loro mancanza, gli ascendenti prossimi; gli adottanti;
4) i generi e le nuore;
5) il suocero e la suocera;
6) i fratelli e le sorelle germani o unilaterali, con precedenza dei germani sugli unilaterali.

  • dei portatori di handicap, parenti o affini entro il terzo grado, anche se non conviventi.

Cosa si intende per “gravi motivi”

Per gravi motivi si intendono:

a) le situazioni che comportano un impegno particolare del dipendente o della propria famiglia nella cura o nell’assistenza delle persone precedentemente elencate;

b) le situazioni di grave disagio personale, ad esclusione della malattia, nelle quali incorra il dipendente medesimo;

c) le situazioni, riferite ai soggetti precedentemente elencate a esclusione del richiedente, derivanti dalle seguenti patologie:
1) patologie acute o croniche che determinano temporanea o permanente riduzione o perdita dell’autonomia personale, ivi incluse le affezioni croniche di natura congenita, reumatica, neoplastica, infettiva, dismetabolica, post-traumatica, neurologica, neuromuscolare,
psichiatrica, derivanti da dipendenze, a carattere evolutivo o soggette a riacutizzazioni periodiche;
2) patologie acute o croniche che richiedono assistenza continuativa o frequenti monitoraggi clinici, ematochimici e strumentali;
3) patologie acute o croniche che richiedono la partecipazione attiva del familiare nel trattamento sanitario;
4) patologie dell’infanzia e dell’età evolutiva aventi le caratteristiche di cui ai precedenti numeri 1, 2, e 3 o per le quali il programma terapeutico e riabilitativo richiede il coinvolgimento dei genitori o del soggetto che esercita la potestà.

La richiesta del dipendente

Il CCNL Scuola non disciplina il procedimento per la richiesta e per la concessione, anche parziale o dilazionata nel tempo, o il diniego del congedo per gravi o documentati motivi familiari, assicurando
il contraddittorio tra il dipendente e il datore di lavoro e il contemperamento delle rispettive esigenze.

La richiesta deve essere presentata sempre con congruo anticipo rispetto alla data di inizio dell’aspettativa, come indicata dal dipendente, anche in relazione ad eventuali termini di preavviso stabiliti in sede di regolamento interno o di contrattazione integrativa di istituto, salvo il caso di situazioni particolari o di urgenza, in modo da consentire al dirigente di procedere alle necessarie valutazioni e predisporre gli eventuali interventi organizzativi necessari per rimediare alle ricadute della prevista assenza del dipendente interessato (compresa la nomina di un supplente).

Documentazione

Il lavoratore è tenuto a dichiarare espressamente la sussistenza delle situazioni previste dalla norma e che danno titolo al congedo. Nel caso si tratti delle patologie espressamente previste (punto c elenco precedente), deve presentare idonea documentazione del medico specialista del Servizio
sanitario nazionale o con esso convenzionato o del medico di medicina generale o del pediatra di libera scelta o della struttura sanitaria nel caso di ricovero o intervento chirurgico. La certificazione deve essere presentata contestualmente alla domanda di congedo.

Le valutazioni del dirigente

Tempi di concessione e riesame della richiesta

Sono indicati nella norma. Il dirigente è tenuto, entro 10 giorni dalla richiesta della aspettativa, ad esprimersi sulla stessa e a comunicarne l’esito al dipendente.

Su richiesta del dipendente, la domanda deve essere riesaminata nei successivi 20 giorni. Il dirigente assicura l’uniformità delle decisioni avuto riguardo alla prassi adottata e alla situazione organizzativa e produttiva dell’impresa o della pubblica amministrazione.

L’eventuale diniego, la proposta di rinvio a un periodo successivo e determinato, la concessione parziale del congedo devono essere motivati in relazione alle condizioni previste dalla legge e alle ragioni organizzative e produttive che non consentono la sostituzione del dipendente.

In caso di rapporti di lavoro a tempo determinato

Il datore di lavoro può altresì negare il congedo per incompatibilità con la durata del rapporto in relazione al periodo di congedo richiesto, ovvero quando i congedi già concessi hanno superato i tre giorni nel corso del rapporto; può, inoltre, negare il congedo quando il rapporto è stato instaurato in ragione della sostituzione di altro dipendente in congedo.
Rientro anticipato in servizio la lavoratrice e il lavoratore hanno diritto a rientrare nel posto di lavoro anche prima del termine di congedo, dandone preventiva comunicazione al datore di lavoro. Qualora il datore di lavoro abbia provveduto alla sostituzione della lavoratrice o del lavoratore in congedo ai sensi dell’articolo 1, secondo comma, lettera b), della legge 18 aprile 1962, n. 230, e successive modificazioni, per il rientro anticipato è richiesto, compatibilmente con l’ampiezza del periodo di congedo in corso di fruizione, un preavviso di almeno sette giorni. Il datore di lavoro può comunque consentire il rientro  anticipato anche in presenza di preventiva fissazione della durata minima del congedo o di preavviso inferiore a sette giorni.

Incompatibilità

È espressamente previsto nella norma che durante tale periodo il dipendente non può svolgere alcun tipo di attività lavorativa.

Cumulabilità con il congedo biennale art. 42, comma 5 ter, del d.lgs.
n.151/2001

Il congedo straordinario retribuito concorre con il congedo non retribuito previsto dalla legge n. 53/2000 al raggiungimento del limite massimo di due anni di assenza nell’arco della vita lavorativa. Il predetto limite complessivo di due anni per i congedi fruiti, sia ai sensi dell’art. 4 della legge n.
53/2000, che ai sensi del novellato art. 42, comma 5 ter, del d.lgs. n.151/2001, è riferito:

  • al beneficio individuale fruibile dal dipendente che assiste;
  • al periodo massimo utilizzabile per prestare assistenza nei confronti di uno stesso soggetto disabile.

Da ciò deriva, ad esempio, che un dipendente padre che abbia fruito di 6 mesi di congedo non retribuito per assistere un familiare di terzo grado, ai sensi dell’art. 4 della legge n. 53/2000, può eventualmente richiedere, per assistere il proprio figlio disabile, un periodo massimo di congedo
retribuito, ai sensi dell’art. 42, comma 5 ter, del d.lgs. n. 151/2001, pari a diciotto mesi, fino a concorrenza, quindi, del limite individuale di due anni di assenza fruibile da ciascun lavoratore dipendente per prestare assistenza alle condizioni previste dalla normativa vigente.

Nell’esempio rappresentato, per assistere lo stesso figlio disabile, la dipendente madre potrà eventualmente fruire del congedo retribuito, di cui al citato articolo del d.lgs. n. 151/2001, per un periodo massimo di 6 mesi, fino a concorrenza dei due anni di assistenza a ciascun disabile
garantita dalle disposizioni di legge vigenti.

La predetta dipendente potrà eventualmente richiedere ulteriori diciotto mesi a titolo di congedo retribuito, ex art. 42 del d.lgs. n. 151/2001, per assistere il proprio genitore convivente in condizione di disabilità grave, in assenza del coniuge e dei genitori di quest’ultimo, raggiungendo così il limite individuale di due anni di assenza nell’arco della vita lavorativa.

L’INPS, con circolare n. 32 del 6 marzo 2012, ha chiarito: “Il novellato comma 5-bis dell’art. 42 del decreto legislativo n. 151/2001 precisa che “il congedo fruito ai sensi del comma 5 non può superare la durata complessiva di due anni per ciascuna persona portatrice di handicap e nell’arco
della vita lavorativa”.

Destinatario della norma in esame è la persona disabile in situazione di gravità: questi ha diritto a due anni di assistenza a titolo di congedo straordinario da parte dei familiari individuati dalla legge.

Al riguardo si deve tener conto, altresì, che “i dipendenti di datori di lavoro pubblici o privati possono richiedere, per gravi e documentati motivi familiari, un periodo di congedo, continuativo o frazionato,
non superiore a due anni” (art. 4, comma 2, della legge 8 marzo 2000, n. 53).

Pertanto, dovendosi considerare il congedo straordinario compreso nell’ambito massimo di due anni nell’arco della vita lavorativa, si chiarisce, a titolo esemplificativo, che utilizzati i due anni, ad esempio per il primo figlio, il genitore avrà esaurito anche il limite individuale per “gravi e documentati motivi familiari”.

In tale caso il congedo straordinario potrà essere fruito, oltre che dall’altro genitore, anche, nei casi previsti dalla legge, dal coniuge, dai figli o dai fratelli del soggetto con handicap grave (es. il secondo figlio disabile), naturalmente con decurtazione di eventuali periodi dagli stessi utilizzati a titolo di congedo per gravi e documentati motivi familiari.

Si chiarisce, altresì, che, trattandosi di limite massimo individuale, ad un lavoratore o una lavoratrice che nel tempo avesse fruito (anche per motivi non riguardanti il disabile in situazione di gravità), ad es., di un anno e quattro mesi di permessi anche non retribuiti “per gravi e documentati motivi familiari”.

Effetti

L’impiegato in congedo non ha diritto ad alcun assegno. Il tempo trascorso in congedo non è computato ai fini della progressione di carriera, dell’attribuzione degli aumenti periodici di stipendio e del trattamento di quiescenza e previdenza, salva la facoltà di riscatto o prosecuzione volontaria ai sensi delle vigenti disposizioni.

Per il personale assunto a tempo indeterminato il periodo non retribuito trascorso in congedo non è utile ai fini del servizio valutabile con punteggio specifico (compresa la continuità) nelle procedure di mobilità e nella graduatoria interna per l’individuazione del personale soprannumerario, se
l’assenza si protrae per più di 180 gg. nell’anno scolastico di riferimento.

Per il personale assunto a tempo determinato il periodo trascorso in congedo non è utile ai fini del punteggio per l’aggiornamento delle Graduatorie delle supplenze.

Manuale completo a cura di Paolo Pizzo

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