L’accusato ha diritto a conoscere i nomi di chi ha segnalato la condotta illecita? Dirigente nega accesso agli atti, sentenza

WhatsApp
Telegram

Una sentenza del Consiglio di Stato, del 24 novembre 2020, la numero 7390 affronta la questione dell’accesso agli atti per avere i nominativi di chi effettua segnalazioni di possibile condotte illecite.

L’oggetto del contenzioso

Il TAR accoglieva il ricorso proposto da un dirigente scolastico avverso i dinieghi all’accesso agli atti della procedura ispettiva e al conseguente procedimento disciplinare instaurato dall’Ufficio scolastico regionale, relativamente agli esposti e generalità di coloro, i quali avevano reso le dichiarazioni poste a fondamento del medesimo procedimento e della conseguente sanzione, ordinando di conseguenza all’Amministrazione l’ostensione delle dichiarazioni e delle generalità dei dichiaranti; – avverso tale sentenza ha interposto appello l’Amministrazione soccombente.

Va tutelato il dipendente pubblico che segnala condotte illecite all’ufficio anti corruzione

Il Consiglio di Stato ricorda che la normativa vigente “sottrae al diritto di accesso la segnalazione e l’identità del pubblico dipendente, il quale, nell’interesse dell’integrità della pubblica amministrazione (concetto, da intendersi in senso lato), segnali al responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza di cui all’art. 1, comma 7, L. n. 190 del 2012 condotte illecite di cui il segnalante sia venuto a conoscenza in ragione del proprio rapporto di lavoro (al contempo prevedendo, a garanzia del diritto di difesa nel procedimento disciplinare, che, “qualora la contestazione sia fondata, in tutto o in parte, sulla segnalazione e la conoscenza dell’identità del segnalante sia indispensabile per la difesa dell’incolpato, la segnalazione sarà utilizzabile ai fini del procedimento disciplinare solo in presenza di consenso del segnalante alla rivelazione della sua identità”).

Il Direttore dell’USR  è il responsabile dell’anti corruzione

Concludono i giudici affermando che “nel settore della scuola, in considerazione dell’articolazione periferica del sistema scolastico e dei rapporti che intercorrono tra le istituzioni scolastiche e l’Amministrazione ministeriale, il responsabile della prevenzione della corruzione (RPC) va individuato nella figura del direttore dell’Ufficio scolastico regionale (v. delibera ANAC n. 430 del 13 aprile 2016, recante “Linee guida sull’applicazione alle istituzioni scolastiche delle disposizioni di cui alla L. 6 novembre 2012, n. 190 e al D.Lgs. 14 marzo 2013, n. 33”; v. doc. 11 prodotto dalla difesa erariale). Ne consegue l’erroneità dell’affermazione, contenuta nell’impugnata sentenza, per cui “non appare dimostrato” che si tratti di segnalazioni destinate anche al RPC, con la conseguente fondatezza della dedotta censura di violazione dell’art. 54-bis D.Lgs. n. 165 del 2001, sicché, in riforma dell’impugnata sentenza, s’impone la reiezione del ricorso di primo grado, con assorbimento di ogni altra questione, ormai irrilevante ai fini decisori”.

WhatsApp
Telegram

Abilitazione all’insegnamento 30 CFU. Corsi Abilitanti online attivi! Università Dante Alighieri