Atti di bullismo ai danni di un compagno di classe: scattano i reati di violenza privata e lesioni personali. Sentenza

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Condannato, uno studente minorenne, per gli atti di bullismo posti in essere ai danni di un compagno di classe, indotto a subire il furto di materiale scolastico, la simulazione sul suo corpo di rapporti sessuale, e a tollerare le parolacce scritte sui libri. Nei primi due gradi i giudici avevano riconosciuto il bullo colpevole per i delitti di violenza privata e lesioni personali. La Corte di Cassazione (V Sezione Penale, Sentenza n. 163 del 5 gennaio 2021), pur riconoscendo la penale responsabilità del bullo, ha tuttavia rinviato al giudice d’appello per una nuova determinazione, più mite, della pena.

La condotta

Nei primi due gradi di giudizio uno studente veniva condannato per violenza privata e lesioni personali ai danni di un compagno. La condotta si era concretizzata in sputi in faccia, nel prendere a calci il compagno, nel simulare, appoggiandosi sul suo corpo, atti sessuali, e nell’appropriarsi di materiale scolastico.

La prevaricazione sia fisica che psicologica

Il giovane compagno di scuola, vittima del bullo, era stato costretto a tollerare la volgare simulazione di rapporti sessuali da dietro, che si concretizzavano nell’appoggiarsi sul corpo del ragazzo che in tal modo era costretto a sopportare, per una certa frazione temporale, una prevaricazione sia fisica che psicologica. Identica prevaricazione era stata riconosciuta anche nella restituzione dell’evidenziatore dopo lo strofinamento sui genitali dell’imputato, che poi lo aveva riposto in mano alla vittima. Identica prepotenza era stata ravvisata, dai giudici, in relazione alle parolacce scritte sui libri di scuola e per le condotte consistite in calci e pugni.

La nozione di violenza

Pur rinviando al giudice d’appello per una determinazione più mite della pena, i giudici della Cassazione hanno ricordato che la nozione di violenza è riferibile a qualsiasi atto o fatto posto in essere dal bullo che si risolve comunque nella coartazione della libertà fisica o psichica di chi subisce gli atti di bullismo, e che viene così indotto, contro la sua volontà, a fare, tollerare, o omettere qualche cosa, indipendentemente dall’esercizio su di lui di un vero e proprio costringimento fisico. Per l’effetto il requisito della violenza si identifica in qualsiasi mezzo idoneo a comprimere la libertà di autodeterminazione e di azione della vittima di bullismo.

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