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Supplenze scuola: con più CU si rischia conguaglio a debito col 730, la guida e i suggerimenti

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Aliquote Irpef e detrazioni possono produrre dichiarazioni dei redditi a debito per i lavoratori dipendenti, soprattutto per chi ha più di una CU durante l’anno di imposta.

Quando si va a presentare la dichiarazione dei redditi occorre indicare tutti i redditi percepiti nell’anno precedente quello in cui la presentazione si effettua. Per il 2021 per esempio, occorrerà indicare tutti i redditi percepiti nel corso dell’anno di imposta 2020. Questo vale per tutti i lavoratori, dai dipendenti del settore privato ai lavoratori autonomi e ai lavoratori statali. Pertanto, anche i lavoratori precari della scuola devono (salvo i casi di esonero) provvedervi.

L’indicazione dei redditi percepiti che una volta rappresentavano un adempimento completamente a carico del lavoratore, adesso è più semplice con l’ingresso nel sistema fiscale italiano delle dichiarazioni dei redditi precompilate.

Infatti i redditi prodotti sono già preinseriti nel 730 precompilato piuttosto che nel modello Persone Fisiche precompilato. Occorre solo prestare attenzione e verificare se i dati inseriti, nel caso del lavoratore della scuola, siano coincidenti con la CU, la certificazione unica in proprio possesso.

Nel caso in cui il soggetto che presenta la dichiarazione dei redditi o il proprio coniuge, durante l’anno di imposta ha avuto più rapporti di lavoro e quindi più supplenze con scuole diverse, si potrebbe trovare con più di una certificazione unica. Proprio per i supplenti, chiudere un anno con una sola CU è una rarità, dal momento che in linea di massima oltre a quello della supplenza dovrebbe esserci sempre quello dell’Inps relativo alla Naspi percepita dopo il termine della supplenza.

In presenza di più CU parlare di problema per le dichiarazioni dei redditi non è esercizio azzardato dal momento che spesso il conguaglio fiscale delle dichiarazioni dei redditi è a debito e pure piuttosto salato. Con questa guida vediamo di approfondire i perché ci si può trovare in questa situazione, dovendo pagare di Irpef somme piuttosto ingenti e non preventivate da chi magari, si trova ad avere molti oneri detraibili che facevano pensare ad un esito diverso del 730, magari con un rimborso fiscale e non un debito.

730 con più CU, perché si va a debito di Irpef?

Il problema è nei conguagli Irpef e non nella struttura del 730 dal momento che tutti i redditi imponibili di ciascuna CU saranno riportati sul modello 730 (o sul Redditi PF). Sono i conguagli Irpef a generare quello che può essere un serio problema per il lavoratore e contribuente.

Tutto nasce dall’Irpef che è una imposta basata sulla progressività di imposizione e su aliquote differenti che salgono con il salire del reddito. Le aliquote Irpef vigenti o gli scaglioni sono:

  • Il 23% per redditi fino a 15.000 euro;
  • il 27% per reddito sopra 15.000 e fino a 28.000;
  • il 38% per redditi sopra 28.000 e fino a 55.000;
  • il 41% per redditi sopra 55.000 e fino a 75.000;
  • il 43% per redditi sopra i 75.000.

La progressività di imposta prevede che solo la parte eccedete la soglia di un determinato scaglione viene tassato con l’aliquota dello scaglio successivo. In pratica, chi ha un reddito di 18.000 euro, avrà Irpef al 23% per i primi 15.000 euro e Irpef al 27% per i successivi 3.000 euro.

Il problema di fondo è che in presenza di più rapporti di lavoro, con datori di lavoro diversi e magari in presenza di CU Inps per la Naspi, si cambia scaglione ma le trattenute operate dal datore di lavoro non seguendo la progressività di imposizione fiscale, vengono operate con aliquota sbagliata, cioè più bassa di quella effettivamente da utilizzare.

Come evitare i conguagli a debito per i supplenti

Niente di illegale e nemmeno niente di sbagliato da parte delle varie scuole per cui si è lavorato. Infatti ogni datore di lavoro in linea di massima adotta l’aliquota Irpef relativa agli stipendi che lui steso eroga, senza tener conto degli stipendi erogati precedentemente da un altro Istituto o dall’Inps per esempio, nel caso della Naspi.

Un problema ancora maggiore se si pensa che ad 8.174 euro è fissata la soglia della no tax area. In questo caso le detrazioni per lavoro dipendente coprono totalmente l’Irpef dovuta dal lavoratore e quindi la tassazione Irpef è totalmente assente per il lavoratore.

A titolo di esempio, un lavoratore con 10.000 euro di stipendio percepiti dal primo datore di lavoro avuto nel corso del 2021, 9.000 euro dal secondo e 3.000 euro dal terzo, si troverà ad avere 3 CU, di cui nelle prime due avrà Irpef trattenuta con aliquota al 23% e nella terza Irpef assente perché coperta dalle detrazioni spettanti.

Sia le aliquote da utilizzare che le detrazioni spettanti (anche queste variano con il variare del reddito) però sono erronee. Infatti la sommatoria dei redditi prodotti dice 22.000 euro, e come spiegato in precedenza, fino a 15.000 euro è giusto usare l’aliquota Irpef al 23%, mentre per i restanti 7.000, andrebbe utilizzata l’aliquota al 27%.

In sostanza, questo lavoratore ha pagato meno Irpef del dovuto ed in sede di dichiarazione dei redditi sarà costretto a pagare, anche se non ci sono altri redditi o patrimoni. Infatti in base alle CU in suo possesso, per il tramite dei suoi tre datori di lavoro ha versato solo 4.370 euro di Irpef (tra trattenute e detrazioni fiscali), cioè 2.300 nella prima CU e 2.070 nella seconda (la terza era non tax area). Invece avrebbe dovuto versare 5.340 euro di Irpef, frutto del 23% su 15.000 euro e del 27% su 7.000. I 970 euro di Irpef a debito andranno versati con la propria dichiarazione dei redditi.

In sede di presentazione della dichiarazione dei redditi infatti, il contribuente è assoggettato al  cumulo dei redditi percepiti. Per questo il contribuente avrà minori detrazioni fiscali e maggiori imposte Irpef a saldo da versare e potrebbe trovarsi di fronte ad una dichiarazione dei redditi che lui stesso credeva portasse ad un rimborso fiscale ed invece si trova a dover dare.

Ogni datore di lavoro rilascia un Cud. Nella scuola si verifica per il personale Ata o docente supplente che nel corso dell’anno effettua più supplenze, al quale si unisce spesso il CUD rilasciato dall’INPS per l’indennità di disoccupazione. Colui che si trova in questo tipo di situazione, che può essere il lavoratore provvedere a dare informazione almeno ad uno dei vari datori di lavoro con cui si hanno contratti aperti nel corso di un anno, della presenza degli altri datori di lavoro.

Lo scopo come è facile capire è quello di rendere edotto il datore di lavoro dei redditi precedentemente percepiti dal lavoratore presso e delle detrazioni già sfruttate. In sostanza, occorre fare in modo che i datori di lavoro con cui si lavora, applichino le detrazioni e le trattenute sul totale dei redditi e non solo sulla parte dal loro erogata, anche a costo di sortire l’effetto contrario, cioè pagare di più per poi recuperare tutto con la dichiarazione dei redditi.

Infatti va ricordato che può accadere anche l’esatto contrario e cioè che un lavoratore paghi per una aliquota superiore a quella che invece doveva essere applicata sui suoi redditi, oppure che subisca meno detrazioni di quante effettivamente spettanti. In questo caso tutto ciò che si è pagato in più viene rimborsato con il 730.

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