Covid scuola, si parte con i test rapidi ripetuti a breve tempo per docenti, Ata e studenti

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L’importanza di effettuare test rapidi nel breve tempo viene sottolineata da Stefania Salmaso, membro dell’Aie che spiega quanto sia importante la sorveglianza sanitaria nelle scuole.

Seppur con ritardo, iniziano le prime vere e proprie campagne di test rapidi nelle scuole ripetuti nel tempo per monitorare il contagio negli istituti scolastici italiani: in Toscana e in Emilia Romagna la presenza più massiccia  ma un po’ in tutta Italia tanti comuni hanno attivato gli screening per docenti, personale e studenti. Anche in Sicilia la Regione ha invitato nei giorni scorsi una circolare in cui invita gli istituti ad agire in tal senso.

Per essere efficaci, i test rapidi devono essere ripetuti con regolarità” spiega su La Repubblica Stefania Salmaso, ex direttrice del Centro nazionale di epidemiologia, sorveglianza e promozione della salute all’Istituto superiore di sanità e oggi membro dell’Aie, Associazione italiana di epidemiologia.

L’aspetto fondamentale dei test rapidi è la ripetitività, quindi la cadenza fissa, che permette di ovviare ai due limiti principali dei tamponi rapidi antigenici: la loro fallibilità (la precisione è molto variabile fra le marche e comunque inferiore rispetto ai tradizionali tamponi molecolari) e il fatto che fotografano la situazione del contagio solo nel momento in cui vengono effettuati.

Infatti, per ipotesi, nulla esclude che ci si infetti un minuto dopo, accompagnati dalla falsa sicurezza di un test negativo. Ecco perchè la strategia più efficace è quella di effettuare test rapidi ripetuti ogni 3-4 giorni.

Con i test rapidi si potrebbe monitorare l’evoluzione dei contagi nelle scuole, che resta comunque un punto interrogativo, come fa notare Salmaso: “Uno studio sui focolai epidemici nelle scuole in Inghilterra ha dimostrato che la maggior parte della trasmissione era tra gli insegnanti e in misura minore tra gli allievi. Anche la valutazione dei dati di contact tracing sembra indicare che in pochi casi la trasmissione intrafamiliare sia stata avviata da un ragazzo che va a scuola”.

L’Aie a proposito della riapertura delle scuole a settembre ha raccolto dei dati e questi evidenziano di un incremento registrato soprattutto fra i ragazzi delle medie (11-13) e delle superiori (14-18 anni). L’andamento della curva dei bambini più piccoli è stato invece paragonabile o inferiore a quello degli adulti.

L’appello dell’Aie – conclude Salmaso – è quello a una migliore sorveglianza delle scuole, con un coordinamento nazionale che renda disponibili i dati a tutti“.

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