Covid-19, Studenti Emilia-Romagna: “Didattica a distanza pesante, ma necessaria. Se si aprono le scuole, perché palestre e piscine no?”

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Rientro a scuola tra entusiasmo e gelo. E uno sciopero degli studenti. Questa mattina tutti felici, alle superiori, di rientrare a scuola negli istituti di Lazio, Emilia Romagna, Molise e Piemonte? Non proprio.

Almeno non in Emilia Romagna, dove i contagi preoccupano: il bollettino di ieri sera, nonostante il giorno festivo generalmente più favorevole per i report, parla di 1437 casi e 41 decessi, con un Rt di 1,15.

L’ordinanza del Tar dell’Emilia Romagna che nei giorni scorsi ha sospeso perché ritenuta illegittima l’ordinanza con cui la Regione presieduta da Stefano Bonaccini aveva imposto alle scuole superiori la Dad, la didattica a distanza, non ha prodotto l’effetto atteso tra gli studenti e le studentesse che ormai da mesi seguono le lezioni da casa in collegamento con i propri docenti, anche loro da casa, a parte i tanti, spesso docenti di sostegno, costretti a fare lezione a distanza da scuola, in aule vuote o frequentate da sparuti gruppi di alunni che per vari motivi avevano diritto di stare a scuola.

Alla gioia e all’entusiasmo manifestati a caldo da piccoli gruppi di studenti ha fatto da contraltare un inatteso gelo, quasi una delusione piuttosto diffusa. E uno sciopero, che gli studenti dei comitati hanno organizzato per oggi lunedi, a dimostrazione della loro volontà di non tornare a scuola in presenza. Come mai questo gelo? I motivi sono tanti. Anche non proprio nobili.

A sentire alcune testimonianze, alcuni studenti si sono affezionati alla nuova modalità, altri temono di perdere la comodità di seguire le lezioni con una tazza di thè caldo tra le mani, altri ancora non se la sentono più di uscire da casa al freddo, anche se un po’ tutti ammettono di non riuscire a concetrarsi come in quando sono a scuola in presenza.

Secondo tanti docenti, che in queste ore animano le discussioni in rete, gli alunni avrebbero paura delle verifiche scritte e delle interrogazioni, che molti docenti starebbero predisponendo per approfittare della presenza degli alunni allo scopo di avere un voto ritenuto più genuino in vista di future, temute chiusure causate dal contagio.

Già, il contagio, quasi ci dimenticavamo del convitato di pietra: il Covid-19, unico, vero responsabile della dannata stranezza della scuola dei giorni nostri. Ma loro, gli studenti non lo hanno dimenticato. E alle motivazioni meno giustificate aggiungono, in coro, la seria e purtroppo reale preoccupazione per la pandemia. Hanno assistito più o meno tutti, direttamente e indirettamente, alla malattia di propri compagni e di propri docenti. Ascoltano gli esperti in televisione e ne leggono i pareri in rete. Hanno capito che conviene non ammalarsi, non contagiarsi, non contagiare.

Lo stesso presidente del Tar Emilia, Andrea Migliozzi, riferendosi al proprio provvedimento di sospensione dell’Ordinanza regionale di Dad al 100 per cento, ammette che “da cittadino, alla luce della situazione pandemica, nutrirei i dubbi che hanno in tanti”.

In pericolo c’è dunque la salute in pericolo e gli studenti sanno bene che dal contagio dipende anche la serenità dei loro padri e delle loro madri, le sorti del cui lavoro o della cui impresa dipendono anche dal contributo positivo o dagli effetti negativi della diffusione del contagio medesimo che, dicono gli esperti più severi, “cammina sulle gambe delle persone e dunque ogni forma di aggregazione rappresenta un grave problema”.

Non è dimostrato che la scuola sia un problema maggiore rispetto ad altri luoghi od occasioni di incontro, sembra voler affermare il Tar, che ricorda come il diritto allo studio sia meritevole di tutela costituzionale. Solo che al ristorante o dal parrucchiere si può non andare, a scuola si deve andare per forza e loro, mandati a scuola in presenza di un picco pandemico particolarmente preoccupante, dicono di sentirsi esposti senza un motivo valido, visto che pur con i limiti oggettivi di una scuola a distanza la didattica a distanza non è poi da buttare: i docenti hanno fatto il massimo e continuano a farlo e i risultati non sono così negativi come si vuol far credere.

“Se i nostri ragazzi non hanno potuto beneficiare di una didattica in presenza nel corso di quest’anno – osserva lo psicoanalista Massimo Recalcati, o se hanno perduto una quantità di ore e di nozioni significative e di possibilità di relazioni, questo non significa affatto che siano di fronte all’irreparabile. Il lamento non ha mai fatto crescere nessuno, anzi tendenzialmente promuove solo un arresto dello sviluppo in una posizione infantilmente recriminatoria.

A contrastare il rischio della vittimizzazione è il gesto etico ed educativo di quegli insegnanti che spendono se stessi facendo salti mortali per fare esistere una didattica a distanza. Insegnare davanti ad uno schermo significa non indietreggiare di fronte alla necessità di trovare un nuovo adattamento imposto dalle avversità del reale testimoniando che la formazione non avviene mai sotto la garanzia dell’ideale, ma sempre controvento, con quello che c’è e non con quello che dovrebbe essere e non c’è.

Si tratta di una lezione nella lezione che i nostri figli dovrebbero fare propria, evitando di reiterare a loro volta la lamentazione dei loro genitori. Non ci sarà nessuna generazione Covid a meno che gli adulti e, soprattutto, gli educatori non insistano a pensarla e a nominarla così lasciando ai nostri ragazzi il beneficio torbido della vittima: quello di lamentarsi, magari per una vita intera, per le occasioni che sono state ingiustamente sottratte loro”. Coraggio ragazzi, conclude Recalcati, “siete sempre in tempo anche se siete in ritardo! È, in fondo, nella vita, sempre così per tutti: siamo sempre ancora in tempo anche se siamo sempre in ritardo.”

I motivi dello sciopero

“In una situazione di emergenza come quella attuale, – scrivono gli studenti emiliani in una pagina Instagram dedicata alla protesta – si ritiene opportuno che gli studenti non partecipino alle lezioni in presenza. Lo stato dice che siamo il futuro, ma non vedo alcun futuro se si continua in questo senso di marcia.

1) Chiediamo inoltre una maggiore coerenza nelle disposizioni: se servizi pubblici come le scuole vengono aperte, perché palestre, piscine etc non possono? In questo modo ci viene tolto anche una delle poche vie di sfogo, lo sport. La sicurezza che ci viene assicurata in aula viene forse meno in una sala pesi?

2) Chiediamo un maggiore dialogo tra la scuola ed i servizi pubblici di trasporto, dovrebbero essere quest’ultimi ad adattarsi ai bisogni degli studenti. Pochi mesi fa eravamo in piazza a protestare per un mondo più verde e per salvare il pianeta: in questo senso, non potendo usufruire in modo sicuro di autobus o treni, molti sono costretti ad arrangiarsi in altri modi.

3) Chiediamo una chiarezza trasparente nelle disposizioni emanate dal governo: non è possibile ricevere informazioni all’ultimo minuto. E’ intollerabile ricevere al venerdì la comunicazione che il lunedì successivo riprenderanno le lezioni. Molta gente ha bisogno di organizzarsi e trovare il modo più adeguato e sicuro per raggiungere la scuola. Oltre a ciò, queste disposizioni dovrebbero essere longeve e durare da qui fino alla fine dell’anno scolastico.

4) Chiediamo informazioni sull’esame di stato: ancora non si sa come sarà e come lo si dovrà affrontare.

5) Le condizioni in cui ci verrebbe richiesto di partecipare alle lezioni sarebbero improponibili. Ore e ore seduti con temperature al di sotto del tollerabile a causa delle finestre aperte. Secondo il D.P.R. 412/93 ed il D. Lgsv 311/06: “durante il periodo in cui è in funzione l’impianto di climatizzazione invernale, la media aritmetica delle temperature dell’aria nei diversi ambienti di ogni singola unità immobiliare[…]non deve superare i seguenti valori”. Riferito agli edifici scolastici la temperatura deve stabilizzarsi attorno ai 20 °C.”.C’è chi protesta occupando le scuole per il ritorno in aula, noi protestiamo in questo modo: restate a casa e partecipate alle lezioni in DAD. Più siamo e meglio è, il contributo del singolo individuo è importante. No alla riapertura alle scuole, non torniamo se non in sicurezza”

Ma alcuni dirigenti emiliani, come il preside del Fermi di Bologna, hanno parlato chiaro: se non venite a scuola sarete assenti, non ci sarà alcun collegamento per le lezsioni a distanza.

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