“Come mamma dico no al prolungamento della didattica in estate”. [INTERVISTA]

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“La scuola è importantissima – dice – ma lasciate l’estate a questi ragazzi, come mamma dico no al prolungamento della didattica in estate”. Laura Ferraresi è una mamma di Mirandola, in provincia di Modena, la città resa famosa da Pico per la sua prodigiosa memoria e in tempi più recenti da un terremoto che, nel 2012, ha messo a dura prova tante famiglie, altrettante imprese, tra le più laboriose d’Italia.

Tutto o quasi tutto è stato ricostruito a tempo di record, non fosse per la pandemia che sta stremando sul piano economico il tessuto produttivo di quella che rimane una potente locomotiva del nostro Paese. Una pandemia che come in tutta Italia anche qui si è abbattuta pure sulla scuola, sulla didattica e gli apprendimenti, sugli alunni, piccoli e grandi, sulla loro serenità. A un anno dalla chiusura forzata a causa del Covid-19, che in Emilia Romagna fu decretata nella seconda parte di febbraio 2020, si fanno i conti in questi giorni con quel che s’è riuscito a garantire agli studenti sul piano degli apprendimenti. Tanto che da più parti si chiede a gran voce che venga recuperato il tempo perduto, anche se c’è chi giura che s’è perso davvero poco tempo, grazie all’impegno e alla professionalità degli insegnanti italiani che hanno dato vita prima alla Dad, la didattica a distanza, poi alla DDI, la didattica integrata: un po’ in presenza, un po’ a distanza , con una strategia adottata con lo scopo di dribblare l’avanzata del virus. Anche il nuovo premier Draghi, che oggi chiederà la fiducia alla Camera dopo averla ottenuta ieri al Senato, ha sottolineato la necessità di correre ai ripari con un’attività didattica suppletiva.

Laura Ferraresi, perché lei, come mamma, ritiene invece che non sia necessario né opportuno prolungare l’anno scolastico?

Alle elementari e medie i ragazzi hanno frequentato praticamente con regolarità, alle superiori hanno subìto una DaD prolungata, ma con ore, interrogazioni e verifiche fatte come si doveva, però sono impigriti dalla depressione di non vivere una altrettanto importantissima socialità. Sono fortemente convinta che la conoscenza renda liberi, ed importante è il contributo della scuola al raggiungimento di questo, non solo per le informazioni che vanno ad arricchire un personale bagaglio culturale, ma, in particolar modo, poiché gli insegnanti tramite le loro materie di studio possono sviluppare l’analisi critica, la capacità di comunicazione, la comprensione del testo, il problem solving ed aprire gli orizzonti abbattendo i confini”.

Eppure?

“Ho due figlie, la più piccola frequenta la quinta elementare: dall’inizio della scuola ha sempre in presenza e speriamo continui, il programma didattico è andato avanti, i bambini ed i loro insegnanti si sono adeguati alle tante norme di sicurezza, alle mascherine, al distanziamento per poter garantire la gioia di essere insieme. So che anche le scuole medie del mio paese stanno procedendo con successo. Diversa è la situazione per la prima figlia: lei ha 16 anni, frequenta la seconda classe dell’istituto tecnico commerciale. A ottobre sono dovuti stare a casa: erano arrabbiati, si sentivano traditi”

Traditi da che cosa, da chi?

“Traditi da quegli adulti che dovevano garantir loro serenità ed invece non si sono impegnati per tutelare il loro diritto fondamentale alla scuola. Erano confusi, non capivano perché solo loro non potevano frequentare. Erano spaventati per la possibilità di dover ricadere in quella DaD improvvisata ed insufficiente dell’anno passato, erano irrequieti poiché impotenti nel poter esprimere la loro frustrazione e cambiare la situazione. Ma l’impegno della dirigenza scolastica e quello degli insegnanti sono riusciti a garantir loro regolarità nelle lezioni, con le dovute verifiche ed interrogazioni. Quindi mi sembra che la didattica sia andata avanti”.

Per l’altra figlia, invece?

“Al contrario, a mia figlia di 10 anni manca la mensa dove erano liberi di stare vicini, la ricreazione spensierata, il prendere per mano il compagno e dire il segreto all’orecchio all’amica, il compleanno con la torta per tutti, i banchi vicini, l’ora di ginnastica e musica, la festa di carnevale e la festa della scuola, la gita e l’abbracciare la maestra. All’adolescente mancano ancora più cose: come l’arrivare prima per stare con le amiche; girare per i corridoi in ricerca del ragazzo carino, vedere all’uscita quelli dell’altra scuola, tornare a casa in bicicletta e metterci mezz’ora, anziché 10 minuti, perché fai il giro lungo con gli amici. Ma anche il professore con il quale confrontarsi; ribattere e partecipare con tempestività senza perdere il momento poiché c’è da accendere il microfono; sapere che se non hai capito l’insegnante lo intuisce dai tuoi occhi e ripeterà senza che tu lo chieda; affrontare le verifiche insieme sapendo che il voto sarà leale e non inficiato dalla sfiducia poiché si è a distanza; avere compagni e professori sereni che non devono quotidianamente vivere la pressione di poter fare scuola dipendendo da un segnale wifi e tanto altro”.

E tutto questo s’è perso, secondo lei?

“Questo si è perso e i ragazzi si sono impigriti, adeguati, sono avviliti e questo li segnerà per sempre. Questi contatti, queste sensazioni, queste emozioni strettamente legate alla scuola e fondamentali nella crescita di chiunque non si recupereranno con quindici giorni o un mese di frequenza in più, ma forse sperando che vivano un’estate più normale possibile, perché anche un campo estivo, un viaggio, una festa di paese, un pomeriggio in piscina, un giro in piazza è conoscenza, è libertà”.

Eppure si chiede ai docenti, non senza contestazioni, di recuperare il “tempo perso” durante la didattica a distanza

“Lo sforzo di insegnanti, alunni e anche genitori ha garantito la miglior didattica possibile, ma non dobbiamo crescere solo delle persone acculturate, bensì delle brave persone, vogliose di conoscere e libere di scegliere, questo è quello che mi hanno insegnato i miei genitori che hanno frequentato solo sino alla terza media. D’altronde alcuni grandi imprenditori hanno iniziato a lavorare a 16 anni, molti artisti che rendono unica l’Italia sono semplici artigiani che hanno ereditato il mestiere dal genitore e perfino nelle più rappresentative cariche del governo ci sono personaggi ‘solo’ diplomati. Quindi la scuola è fondamentale, spronerò le mie figlie perché completino il loro percorso scolastico sino all’università, ma ora dico fortemente no al prolungamento delle lezioni, perché siamo stanchi, stremati e già troppo è stato chiesto a dei ragazzi che hanno tutto il diritto di vivere questa età unica con più spensieratezza possibile. Quindici o venti giorni non saranno sufficienti a colmare lacune didattiche quando il vero problema è che si è perso un anno di vita. Lo dico senza polemica, senza politica, parla solo il cuore di una semplice mamma”.

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