Nuovo Governo, Draghi punta sugli ITS

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Draghi nel suo piano per al scuola vuole dare centralità anche agli ITS, gli istituti tecnici superiori ad alta specializzazione che riceveranno un innesto di nuovi fondi con il Recovery plan. Tuttavia il premier nel suo discorso al Senato è “caduto” su una sigla: sul testo integrale si scrive ITIS, che sono gli istituti tecnici statali, diversi dagli ITS, istituti tecnici superiori.

Una delle priorità su cui il nuovo premier Mario Draghi vuole puntare per quanto riguarda il capitolo scuola, è un investimento consistente sugli ITS, gli istituti tecnici superiori che dovrebbero aiutare l’Italia a riequilibrarsi nei confronti del contesto europeo.

Cosa sono gli ITS? Sono istituti nati da una decina di anni in Italia, che sfornano numeri sull’occupazione importanti: oltre l’80% degli studenti diplomati trovano una occupazione, ricorda Il Sole 24 Ore, nella quasi totalità dei casi l’impiego è coerente con il percorso di studio e lavoro svolto nel biennio di corso. Quello che rende appetibili queste scuole risiede nello stretto legame con le imprese e i territori. Tuttavia, al momento, le iscrizioni non decollano: siamo intorno ai 14mila.

Secondo Draghi, è necessario investire sugli ITS perchè è stato stimato in circa 3 milioni, nel quinquennio 2019-23, il fabbisogno di diplomati di istituti tecnici nell’area digitale e ambientale.

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Una leggerezza del premier?

Bisogna però sottolineare un aspetto “curioso”: il presidente del Consiglio Mario Draghi parla di “Istituti Tecnici” nel corso del suo intervento al Senato, e non di ITS., Istituti Tecnici Superiori.

Riportando il discorso integrale si legge: “In questa prospettiva particolare attenzione va riservata agli ITIS (istituti tecnici). In Francia e in Germania, ad esempio, questi istituti sono un pilastro importante del sistema educativo. E’ stato stimato in circa 3 milioni, nel quinquennio 2019-23, il fabbisogno di diplomati di istituti tecnici nell’area digitale e ambientale. Il Programma Nazionale di Ripresa e Resilienza assegna 1,5 md agli ITIS, 20 volte il finanziamento di un anno normale pre-pandemia. Senza innovare l’attuale organizzazione di queste scuole, rischiamo che quelle risorse vengano sprecate“.

IL DISCORSO INTEGRALE DI MARIO DRAGHI [PDF]

Si tratta di una chiara leggerezza, e niente più, perché pur usando il termine “Istituti Tecnici” Draghi fa chiaro riferimento agli istituti tecnici superiori, gli istituti che avranno un investimento di 1,5 miliardi dal Recovery Plan.

La precisazione, tuttavia, è d’obbligo per non confondere gli ITS con gli ITIS e per comprendere davvero il riferimento del discorso.

Gli Istituti tecnici superiori costituiscono infatti il segmento di formazione terziaria non universitaria che risponde alla domanda delle imprese di nuove ed elevate competenze tecniche e tecnologiche per promuovere i processi di innovazione. Rappresentano un’opportunità di assoluto rilievo nel panorama formativo italiano in quanto espressione di una strategia nuova fondata sulla connessione delle politiche d’istruzione, formazione e lavoro con le politiche industriali, con l’obiettivo di sostenere gli interventi destinati ai settori produttivi con particolare riferimento ai fabbisogni di innovazione e di trasferimento tecnologico delle piccole e medie imprese.

Le sei are tenologiche interessate sono:  Efficienza energetica,  Mobilità sostenibile,  Nuove tecnologie della vita, Nuove tecnologie per il Made in Italy (Sistema agroalimentare, Sistema casa, Sistema meccanica, Sistema moda, Servizi alle imprese), Tecnologie innovative per i beni e le attività culturali –Turismo, Tecnologie della informazione e della comunicazione.

Accedono ai corsi, a seguito di selezione, i giovani e gli adulti in possesso di diploma di istruzione secondaria superiore e coloro che in possesso di un diploma quadriennale di istruzione e formazione professionale abbiano frequentato un corso annuale IFTS. Una buona conoscenza dell’informatica e della lingua inglese costituisce requisito preferenziale per l’ammissione ai percorsi. Vi è tuttavia la possibilità di frequentare moduli di specifica preparazione, finalizzati a riallineare le competenze mancanti.

Almeno il 30% della durata dei corsi è svolto in azienda stabilendo subito un legame molto forte con il mondo produttivo attraverso stage anche all’estero.

Il corpo docente proviene per almeno il 50% dal mondo del lavoro. I corsi si articolano di norma in quattro semestri (1800/2000 ore) e possono arrivare fino a sei semestri.

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