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Permessi 104, in numero proporzionale per i lavoratori part time? Risponde l’ARAN

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Come va operato il riproporzionamento dei permessi ex art. 33 della legge n. 104/1992 per il personale in regime di part-time verticale, anche alla luce delle recenti pronunce della Corte di Cassazione sulla materia?

Questo è il quesito al quale risponde l’ARAN in questo modo. Pur riferendosi ad altro comparto rispetto alla scuola, i principi di diritto sono applicabili, salvo diverse regolamentazioni contrattuali, a tutti i dipendenti pubblici.

“(…) in materia di riproporzionamento delle assenze e dei permessi nei confronti dei lavoratori in regime di part-time verticale, si ritiene che l’orientamento espresso dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 22925/2017, ribadito anche nella sentenza n. 4069 del 20/02/2018, in tema di permessi ex legge n. 104/1992, per l’autorevolezza della fonte rappresenti un indirizzo applicativo concreto e fattuale non in contraddizione con il principio generale espresso nella clausola contrattuale in oggetto di cui, anzi, condivide la logica. Fermo restando, quindi, il generale obbligo di riproporzionamento sancito dalla richiamata clausola contrattuale nei casi di rapporto di lavoro a tempo parziale, in considerazione della natura di strumento di politica socio-assistenziale del permesso riconosciuto per l’assistenza alla persona con grave disabilità, a parere della Suprema Corte non va operato il riproporzionamento dei tre giorni di permesso ex art. 33 della legge n. 104/1992 nei confronti del lavoratore con contratto a part-time verticale che effettui prestazione lavorativa per un numero di giornate superiori al 50% rispetto all’ordinario orario lavorativo in regime di full time.”

Il diritto ai permessi 104 va riconosciuto al personale part time verticale, come a quello a tempo pieno

La Cassazione del 2018 così si pronunciava:

I giudici chiariscono che la misura prevista dall’art. 33 L. 104/1992: “è destinata alla tutela della salute psico-fisica del disabile quale diritto fondamentale dell’individuo tutelato dall’art. 32 Cost., che rientra tra i diritti inviolabili che la Repubblica riconosce e garantisce all’uomo, sia come singolo che nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità (art. 2 Cost.). Tenuto conto, pertanto, delle finalità dell’istituto disciplinato dall’art. 33 della L n 104/1992, come sopra evidenziate attinenti a diritti fondamentali dell’individuo, deve concludersi che il diritto ad usufruire dei permessi costituisce un diritto del lavoratore non comprimibile e da riconoscersi in misura identica a quella del lavoratore a tempo pieno”.

Quella che ha fatto probabilmente da apripista sul punto, la Cassazione 22925/2017 ha rilevato che quanto ora segue:

“Il criterio che può ragionevolmente desumersi da tale indicazioni è quello di una distribuzione in misura paritaria degli oneri e dei sacrifici connessi all’adozione del rapporto di lavoro part-time e, nello specifico, del rapporto part-time verticale. In coerenza con tale criterio, valutate le opposte esigenze, appare ragionevole distinguere l’ipotesi in cui la prestazione di lavoro part-time sia articolata sulla base di un orario settimanale che comporti una prestazione per un numero di giornate superiore al 50% di quello ordinario, da quello in cui comporti una prestazione per un numero di giornate di lavoro inferiori, o addirittura limitata solo ad alcuni periodi nell’anno e riconoscere, solo nel primo caso, stante la pregnanza degli interessi coinvolti e l’esigenza di effettività di tutela del disabile, il diritto alla integrale fruizione dei permessi in oggetto.” Pertanto, nel caso in oggetto :”sulla base di un orario lavorativo settimanale pari a quattro giorni su sei, corrispondente ad un part-time verticale al 67 %, la sentenza impugnata deve essere confermata.”

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