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Pensioni: a volte 52 settimane di lavoro non valgono un anno di contributi

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In quali casi pur lavorando un anno intero non si matura un anno di contributi utili alla pensione.

La caccia alla giusta anzianità contributiva per poter andare in pensione è un elemento che accomuna moltissimi lavoratori. C’è chi non ha carriere molto lunghe e cerca di arrivare ai 20 anni minimi richiesti per le pensioni di vecchiaia. E poi ci sono quelli che cercano la via di uscita anticipata senza limiti di età, ma per le quali servono la bellezza di 42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne.

La ricerca della giusta anzianità contributiva riguarda tutti, anche chi cerca di arrivare alle soglie di uscita di quota 100 piuttosto che della quota 41 precoci.

Per questi ultimi per esempio, c’è da fare i conti pure con l’anno di contribuzione necessario antecedente il diciannovesimo anno di età.

Spesso però un anno di lavoro non coincide con un anno di contributi. E così chi crede di aver completato l’anzianità utile per lasciare il lavoro si trova con la triste sorpresa di vedersi respingere una domanda di pensione dall’Inps proprio per non aver completato la giusta carriera contributiva.

Ma come è possibile che un anno di lavoro, cioè 12 mesi di assunzione o ancora, 52 settimane di attività non siano convertite in un anno pieno e utile di contribuzione previdenziale?

Analizziamo il perché di questa eventualità certamente non rara che accompagna molti lavoratori quando si trovano a fare i conti con la carriera contributiva da utilizzare per andare finalmente in pensione.

Pensioni: quando 52 settimane di assunzione non valgono un anno di contributi

Immaginiamo il lavoratore che ha appena compiuto 67 anni di età, che ha perso da mesi il lavoro ma che ormai, avendo lavorato 20 anni, è nel perimetro di applicazione della pensione di vecchiaia.

La pensione di vecchiaia infatti si centra con 67 anni di età e con 20 anni di contributi a qualsiasi titolo versati. Ma se i 20 anni di contributi non sono completati, la pensione di vecchiaia non può essere centrata a 67 anni, ma bisognerà attendere i 71 anni di età.

E per chi ha perso il lavoro e a 67 anni, difficilmente ne troverà un altro, questo può essere un vero problema. Ma perché se il lavoratore dell’esempio ha lavorato 20 anni, non ha altrettanti anni di contributi utili alla quiescenza?

Tutto dipende dal valore dei contributi versati. Naturalmente la materia contributi previdenziali è piuttosto varia, perché ci sono i contributi effettivi, obbligatori, figurativi e così via.

Il tasto dolente però, è quello del valore dei contributi da lavoro che vengono accreditati ad un lavoratore. Ed è proprio questo valore quello che potrà farci dare la risposta al fatto che spesso un anno di contributi non coincide con un anno di lavoro pieno.

Il valore reale della contribuzione versata

I contributi previdenziali sono pagamenti obbligatori che un lavoratore o il datore di lavoro, effettuano durante gli anni lavorativi. È proprio l’accumulo di questi contributi il fattore determinante per poter accedere alle pensioni nel nostro sistema previdenziale.

In effetti le pensioni in Italia hanno due fattori determinanti in quasi tutte le misure previdenziali disponibili. Non esiste una misura previdenziale che non preveda il raggiungimento di una determinata anzianità di contributi versati (l’assegno sociale non è una misura previdenziale ma assistenziale).

Versare contributi equivale a mettere soldi in un salvadanaio che si aprirà nel momento in cui si andrà in pensione producendo una rendita mensile. Ma gli importi dei contributi versati, oltre che incidere sull’importo della pensione incidono anche sul diritto alle uscite. Infatti oltre che determinare una pensione bassa come importo, contributi versati al di sotto di determinate cifre potrebbero non essere utili nemmeno a centrare la pensione.

La normativa vigente prevede delle regole specifiche sul valore effettivo dei contributi. I contributi sono collegati allo stipendio, perché più alto è quest’ultimo maggiore sarà il valore dei contributi.

Evidente che avere uno stipendio basso, perché magari si svolge un lavoro part time, può dare luogo alla problematica che stiamo affrontando. Un lavoratore in part time per esempio, deve avere una retribuzione annua (che si aggiorna ogni anno all’indice Istat) di circa 10.500 euro per poter vedersi accreditare un anno di contributi in linea con quello che vuole l’Inps. Infatti al di sotto di una determinata cifra di retribuzione un anno di lavoro potrebbe non valere come un anno di contribuzione.

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