Dacia Maraini: “Alla scuola hanno tolto prestigio e consistenza. Ormai è solo un luogo per imparare un mestiere”

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La scrittrice Dacia Maraini ha scritto un nuovo saggio sulla scuola dal titolo inequivocabile: “La scuola ci salverà”. Per Maraini risollevare la scuola è la sfida più grande che il governo italiano sta cercando di realizzare dopo lo scoppio della pandemia.

A Vanity Fair, Maraini espone meglio le sue tesi: “Dal punto di vista istituzionale non è molto migliorata la scuola. Le hanno tolto prestigio e consistenza. Sembra più un luogo per imparare un mestiere che un luogo essenziale e formativo per creare un cittadino consapevole e responsabile”.

E ancora: “Lo Stato dovrebbero farsi carico degli studenti più poveri e mettere a disposizione i computer. Non è una spesa così enorme come si pensa. Il mercato tecnologico è in continuo movimento e c’è gente che cambia computer ogni anno, il banco è pieno di usati in ottimo stato messi in vendita a poco prezzo. Non c’è bisogno dell’ultimo modello perfetto, basta una macchina che funzioni”.

Poi: “Ho avuto diversi insegnanti preparati e appassionati, Ma erano sempre una minoranza. Per esempio la matematica, che odiavo, mi è è diventata cara grazie al professor Pagano che sapeva comunicare la sua passione per la materia. Io credo che si insegni per osmosi e non per costrizione. Gli studenti fuggono dalle costrizioni, le trovano odiose e quindi odiosa la materia che devono studiare per forza. Se, invece, un insegnante ama la sua materia e ci si immerge con passione, riuscirà a contagiare i ragazzi, appassionandoli all’argomento, che sia storico, o geografico, o letterario o scientifico”.

Sulla didattica a distanza: “Gli insegnanti hanno affrontato con generosità e impegno l’insegnamento a remoto facendo acrobazie per adeguarsi a uno strumento che conoscevano poco. A volte, però, è stato anche uno stimolo per approfondire di più le loro materie, per conoscere meglio gli alunni e la loro condizione familiare. Certo è mancata la vicinanza, il senso meraviglioso della voglia di apprendere collegialmente , mettendo insieme socialità e studio. Ma qualcosa rimarrà di questo nuovo strumento di comunicazione anche nella scuola, anche se solo come possibilità di raggiungere gli studenti più isolati in luoghi dove non c’è scuola”.

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