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Istruzione parentale: ritiro dello studente dopo il 15 marzo ed esame di idoneità

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La scelta di optare per l’istruzione parentale, diversamente da quello che normalmente avveniva in passato, in taluni casi è maturata ad anno scolastico iniziato, se non avanzato fino ai nostri giorni. Questo fatto aggiunge un ulteriore grado di complessità in un panorama già variamente intessuto di fili che, pur diversi, restano comunque tesi nella cornice del sistema dell’istruzione ed agganciati ai capisaldi degli ordinamenti internazionali e nazionali.

Fatto salvo il concetto che è un diritto e dovere costituzionale dei genitori e dei giovani di scegliere il percorso di apprendimento più appropriato per la propria specifica situazione, e che quindi le valutazioni sull’opportunità o meno sono loro attribuite, rimane il fatto che un cambio in zona Cesarini forse non è l’unica soluzione possibile. Flessibilità, collaborazione e sussidiarietà tra famiglie e scuola, soprattutto in questa circostanza, possono avviare le diverse istanze ad una dignitosa sintesi.

Nel concreto, non sono rare frizioni tra famiglie e scuole, proprio in merito al ritiro da scuola di giovani con il conseguente passaggio all’istruzione parentale ed il correlato cambio di status, da alunno iscritto a giovane in istruzione parentale.

Lo snodo che a volte fa inceppare il meccanismo è rappresentato dal comma 4 dell’articolo 2 del D.M. n° 5 del 8 febbraio 2021 “Esami integrativi ed esami di idoneità nei percorsi del sistema nazionale di istruzione

Accedono all’esame di idoneità anche gli alunni e le alunne, già iscritti in una scuola statale o paritaria del primo ciclo, che siano ritirati dalle lezioni entro il 15 marzo dell’anno scolastico di riferimento

Questo enunciato non è una novità nello scenario scolastico, infatti in un altro capoverso del medesimo decreto, laddove il ministro risponde negativamente al CSPI, quando chiede: “(b) l’eliminazione del riferimento al ritiro dalla frequenza delle lezioni entro il 15 marzo, in quanto trattasi di una possibilità già prevista da note amministrative e di fatto applicata in via ordinaria al fine di rendere possibile il passaggio all’istruzione parentale e il conseguente accesso agli esami di idoneità, non previsto per gli alunni frequentanti una istituzione scolastica del sistema nazionale di istruzione.

In buona sostanza è una via per consentire, a quegli allievi che per qualche ragione non hanno fino a quel momento potuto esprimere delle prestazioni ottimali, di poter recuperare l’anno applicandosi nella preparazione in altri contesti diversi dalla scuola presso cui erano iscritti e di poter sostenere l’eventuale esame di idoneità in qualità di “privatisti”.

In tal modo viene evitata una non improbabile bocciatura, magari pre-vista, e tutte la conseguenze che ne derivano anche in termini di possibilità di reiscrizione al medesimo corso di studi.

Il Regio Decreto, (mai abrogato) n° 653 del 1925, all’art. 15, si esprime chiaramente in merito:

Una stessa classe non può essere frequentata per più di due anni. Ove non siasi proceduto allo scrutinio finale a causa di assenze giustificate, il Consiglio di classe può consentire la iscrizione per un terzo anno. I giovani che, prima del 15 marzo, cessino di frequentare l’istituto in cui sono iscritti, perdono la qualità di alunni di scuola pubblica

E’ una consuetudine che ha una profondità temporale e che, appunto è già “di fatto applicata in via ordinaria e prevista da note amministrative”; tuttavia la ragion d’essere del Regio Decreto del 1925, persuasivamente, sembra risiedere prevalentemente in concetti distanti dall’essenza dell’istruzione parentale moderna

Il ritiro dalle lezioni prima del 15 marzo viene inteso automaticamente come uscita dal sistema scolastico.

Se viene cessata la frequenza delle lezioni dopo tale data senza formalizzazione del ritiro, l’alunno rimane in capo alla scuola e la sua situazione viene gestita di conseguenza. Se però viene esplicitata la disiscrizione, si rende opportuno l’avvio dell’istruzione parentale.

Quando ciò è avvenuto, il giovane non è alunno di una determinata scuola e questa si trova a doverlo gestire pienamente secondo i canoni dell’istruzione parentale.Il gio

vane non potrà comunque essere scrutinato perché non più iscritto a quella scuola per legittima e deliberata volontà dei genitori; ma nello stesso tempo l’istituzione scolastica non può venir meno al compito di riscontrare che la famiglia ed il giovane stanno ottemperando al dovere diritto di istruzione. Perciò la scuola dovrà attivare le sue potenzialità in merito al rilascio di idoneità ai fini della verifica dell’assolvimento dell’obbligo di istruzione.
Se viene avviata l’istruzione parentale, ad esempio il 9 aprile, da quella data il giovane non è più iscritto a scuola per cui la stessa non potrà scrutinarlo, ma non per questo la famiglia è interdetta nella possibilità di cambiare percorso di istruzione. Tale possibilità infatti è alla stessa stregua di un cambio di percorso, da un istituto ad un altro.

Lo scrutinio di fine anno per accertare l’idoneità per l’avanzamento ad una ulteriore annualità è un fatto strumentale, che nel caso della scolarizzazione si conforma in una determinata maniera, nel caso dell’istruzione parentale in un’altra o in altre.

Il fatti portanti sono:

  • la scelta legittima dei genitori e del giovane di fare un determinato percorso, presso un altro istituto o in istruzione parentale, anche durante l’anno scolastico
  • il compito dei servizi scolastici di operare accertamenti nel modo opportuno “ai fini della verifica dell’assolvimento dell’obbligo di istruzione” ( art. 2 comma 6 D.M. 5 dell’8/2/2021)
  • la presentazione del “progetto didattico-educativo seguito nel corso dell’anno” rispetto al quale “L’istituzione scolastica accerta l’acquisizione degli obiettivi in coerenza con le Indicazioni nazionali per il curricolo..”

Ovvero, la famiglia esercita un proprio dovere/diritto, l’istituzione scolastica opera con gli strumenti di cui dispone, gli accertamenti e le validazioni dei progetti seguiti. In attuazione del compito assegnatole dallo Stato, la scuola soprattutto accerta che i percorsi fatti abbiano almeno attraversato, con utilità, i campi delineati nelle Indicazioni nazionali.

“Il progetto didattico-educativo” in questo caso sarà maggiormente articolato e ricco per la presenza di fattori di apprendimento e d’istruzione diversificati probabilmente integrati (apprendimenti formali/informali/non formali), ed in ogni caso verificabili.

Tale procedimento, per la sua coerenza potrebbe essere praticato, essendo rispondente ai presupposti fondanti del sistema, e non negando alcuna funzione a nessuno degli attori chiamati a co-operare.

Sergio Leali è Presidente de L’Associazione Istruzione Famigliare

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