Stress insegnamento e incidenza su tumori, alcune testimonianze. Abbassare età pensionabile

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Numerosi e toccanti sono stati i commenti e le testimonianze in risposta al mio ultimo articolo sull’alta incidenza di tumori al seno tra le insegnanti Vale perciò la pena riportarne qualcuno per poi affrontare il discorso della salute professionale nella sua interezza alla luce dei recenti sviluppi politici.

Testimonianze e commenti sull’alta incidenza di tumori tra gli insegnanti

  • In una scuola dove ho lavorato ci siamo ammalate in quattro. Una collega è deceduta dopo pochi anni. Dovremmo poter andare in pensione a un’età decente e senza decurtazione.
  • Al 38°anno d’insegnamento, amato per altro ma divenuto stressante, mi ammalai di tumore mammario. Nella mia scuola, a breve distanza di tempo l’una dall’altra, tre colleghe fecero la mia stessa fine e altre tre svilupparono un tumore al polmone.
  • Quello che non ho subito al rientro da mastectomia, asportazione parziale dei linfonodi e chemioterapia! Mobbing duro da parte della responsabile e delle colleghe: umiliata e derisa in tutti i modi possibili. Sono una persona riservata e discreta, la vita scolastica degli ultimi anni mi ha resa chiusa e diffidente. Che brutta esperienza!
  • Ho appena compiuto 47 anni. Sono stata operata a fine maggio di tumore al seno (docente di matematica e scienze e precaria storica da 8 anni). Non avevo nessuno dei fattori di rischio classici. Sono vegetariana, sportiva ed in ottima forma (ero). Due figli, entrambi allattati a lungo e nessun caso in famiglia.
  • Anche io faccio parte del “club oncologico” e già nel 2007 a Milano, dove mi hanno curata, avevano fatto notare l’alta incidenza di tale neoplasia sulle docenti. Sono arrivata alla conclusione che della scuola, allo Stato, non interessa nulla. E di noi ancora meno.
  • Io sono stata operata l’anno dopo essere andata in pensione. Ringrazio il cielo perché tra cure e terapie avrei avuto problemi con i permessi e coi lamenti dei genitori per l’assenza della maestra.
  • Io ho avuto il tumore al seno e con me altre quattro colleghe…
  • In tanti anni di mio impegno sindacale avevo riscontrato molti casi di docenti sofferenti per tumore al seno, senza alcun riconoscimento delle cause e delle conseguenze che questo ha comportato alle insegnanti.
  • Tra i miei vecchi colleghi degli anni ’80, un gruppo coeso di circa 10 persone che si frequentano ancora oggi e ormai tutti pensionati, uno è mancato per infarto e cinque hanno avuto un tumore al seno.
  • Anche io ho avuto due carcinomi al seno nel 2017 e nel 2020. Unico dato positivo, non ho dovuto discutere con i genitori per voti e annotazioni, né ho dovuto giustificare al preside le note apposte sul registro. Dopo il primo tumore sono tornata non appena trascorsi 20 giorni dalle cure, ora dopo la chemio e altri tre interventi prenderò un lasso di tempo più lungo.

Tra gli altri commenti c’è anche una nota significativa di una sindacalista come pure un appunto di un ispettore tecnico ministeriale che plaude al fatto che viene finalmente affrontata la questione neoplastica quale malattia professionale dei docenti. Interessante infine l’affermazione – riportata da una docente milanese in trattamento presso un noto centro specialistico – che riferisce la sorpresa dei curanti nel vedere così tante neoplasie mammarie tra insegnanti.

Commenti

Questa piccola raccolta di testimonianze non vuole certo essere la prova scientifica delle patologie oncologiche quali malattie professionali del corpo docente, tuttavia si tratta di un indizio da non trascurare.

La prova scientifica – come riportato nel succitato articolo – è già stata fornita dallo studio retrospettivo californiano (Bernstein 2002) che non ha avuto alcun seguito, men che meno in Italia. Eppure il meccanismo patogenetico a cascata è noto ed evidente: stress cronico – aumento dei livelli di cortisolo plasmatico – abbattimento delle difese immunitarie – minore controllo della crescita di cellule neoplastiche.

Che l’insegnamento sia psicofisicamente usurante è accertato da numerosi studi scientifici nazionali (La Medicina del Lavoro N. 5/04) e internazionali che in primis evidenziano l’alta incidenza di malattie psichiatriche seguita a buona distanza da neoplasie e disfonie. Le istituzioni, pochi anni fa, hanno riconosciuto come “gravosa” la professione di maestra di Scuola dell’infanzia, sebbene non si comprenda in base a quali criteri non abbiano considerato gli altri livelli d’insegnamento (primaria e secondaria) parimenti usuranti come effettivamente risulta negli studi scientifici a disposizione. Da ultimo anche il DL 81/08 dedica un articolo significativo (art. 28) alle cosiddette helping profession per le quali si richiede controllo e prevenzione dello Stress Lavoro Correlato con particolare riguardo al genere e all’età del lavoratore (articolo che sembra proprio riferirsi alla scuola dove l’83% del corpo docente è femminile con età media di 50,4 anni).

Le riflessioni sin qui effettuate ci portano a considerare attentamente la salute professionale dei lavoratori. Non è possibile che all’alba del terzo millennio non siano ancora conosciute, né riconosciute ufficialmente, le malattie professionali degli insegnanti. Queste vanno subito identificate per poi finanziare serie attività di prevenzione e monitoraggio, prevedendo infine la copertura di eventuali indennizzi e rimborsi per chi ne resta vittima.

Deve finire il tempo – questo – in cui si gioca con le parole (burnout, disturbi psicosociali, stress lavoro correlato) facendo riempire ai lavoratori interminabili questionari volti a dimostrare che l’insegnamento è quello tratteggiato dagli stereotipi dell’opinione pubblica. È venuto il tempo di ragionare su vere e proprie diagnosi mediche mettendo da parte neologismi che nulla hanno a che fare con la medicina. Per completezza va ricordato che disponiamo di una banca dati con le diagnosi di inidoneità al lavoro presso l’Ufficio III del Ministero Economia e Finanze: tuttavia questi dati sono resi indisponibili dal predetto ufficio anche a sindacati e università. Si dovrà ripartire da qui impedendo alla burocrazia di celare le verità (scomode) nascoste.

Veniamo infine alla delicata questione previdenziale che torna a essere attuale, anzi attualissima col ritorno di Elsa Fornero a Palazzo Chigi su chiamata del Presidente del Consiglio Draghi. Oggi più che mai è finita l’epoca delle riforme previdenziali “al buio”, cioè senza conoscere le malattie professionali dei lavoratori, insegnanti inclusi. Tutte le riforme – da Amato (1992) a Monti/Fornero – hanno fatto questo madornale errore che ha generato legittime proteste e incresciose ingiustizie.
Saprà la politica conciliare politica previdenziale e salute professionale nel corpo docente? Un buon risultato sarà forse raggiungibile anche con la partecipazione attiva di sindacati finora latitanti nel tutelare la salute della più numerosa categoria del pubblico impiego e femminile all’83%.

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