“Supplenti”, un romanzo comico-grottesco a tre mani che aspira a diventare una serie tv

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“Supplenti” è un libro sulla scuola ma potrebbe essere un film, anzi una serie televisiva, come vorrebbero gli autori. E’ un romanzo che mancava, nella pur ricca letteratura dedicata alla scuola e ora questo libro copre un vuoto

Un vuoto che ricorda il vuoto esistenziale che opprime buona parte della classe docente, chiamata a ricoprire incarichi temporanei, magari annuali, ma sempre a scadenza. Un vuoto che è un ferita, come scriveva il compianto Luciano Gallino che si riferiva ai lavori intermittenti, “percepiti alla lunga come una ferita dell’esistenza, una fonte immeritata di ansia, una diminuzione di diritti di cittadinanza che si solevano dare per scontati”.

Ma “Supplenti”, scritto da Francesco Brusco, Martina Mengoni e Valentina Nappini (232 pagg., arrivato da poco in libreria per la collana “I chiodi” diretta da Matteo Marchesini per l’Editore Pendragon), non è un libro di denuncia sul precariato scolastico. “Supplenti è un romanzo comico-grottesco”, spiegano gli autori. O meglio, “una sceneggiatura mancata, si spera solo temporaneamente, che diventa romanzo, un racconto per immagini di un verosimile e surreale anno scolastico. I personaggi sono quasi archetipi, tipi umani scolastici, del passato ma anche del presente. sono osservati dalla prospettiva di tre precari, un insegnante di sostegno, una di potenziamento e una prof del serale”. Gli autori si presentano: “Ci siamo conosciuti a scuola. Anzi: Francesco e Valentina si sono conosciuti al sindacato scuola, Valentina e Martina a una convocazione, e Martina e Francesco una mattina nell’atrio di un liceo”

Il romanzo racconta l’anno scolastico di tre trentenni che passano per tutte le stazioni della fantozziana via crucis cui sono sottoposti i “laureati in precariato”: convocazioni affollate dove il prossimo ti appare “sostanzialmente mostruoso”, contratti collettivi temibili, scrutini grotteschi, Piani educativi individualizzati, detti Pei, “che hanno più livelli di lettura della Divina Commedia”.

Siamo in un liceo nei cui corridoi rimangono ancora le insegne crepuscolari di mezzo secolo fa. Tra i reperti si contano anche gli ultimi insegnanti sadici di vecchio stampo, come il fascista che vuol propinare ai ragazzi con problemi di apprendimento un progetto sui Bersaglieri e tipi intramontabili come l’Orlando Borioso, il professore che si finge un poeta bohémien “ad baccaglium ficae”.

Valentina Mengoni e Valentina Nappini insegnano Storia e filosofia, Francesco Brusco, Storia dell’arte, ma solo uno di loro riesce ad essere assunto sulla materia, gli altri due, come succede a migliaia di colleghi, finiscono sul sostegno o sul potenziamento, condizioni che trovano nel libro occasioni di racconto, grottesche e cervellotiche.

Gli autori stanno in questi giorni trascorrendo l’estate, che è una strana estate per tutti ed è pure la seconda, ma che rimane la perenne estate incerta di tanti, troppi precari della scuola. Un esercito. Oltre centocinquantamila, quest’anno, sono coloro i quali hanno firmato un contratto al 31 agosto che è lì che arriva o al 30 giugno appena spirato, decine di migliaia i supplenti temporanei. Scaduto il contatto, ora si attende, senza stipendio, l’arrivo di settembre, portatore di un destino uguale a se stesso e destinazioni incerte fino al novantesimo. Impressioni di settembre. “La sensazione è di partecipare a una lotteria – commenta Martina Mengoni, precaria dal 2015 –, a un mercato in cui ciascuno conoscerà il proprio destino in un attimo nel quale chiamano il tuo nome e in quell’attimo hai pochi secondi per decidere il destino di un anno. Il giorno dopo sei in classe, quando molto spesso l’anno scolastico è già iniziato da un pezzo e tu non hai fatto le riunioni con i colleghi, s’inizia fin da subito nel massimo straniamento. Uno straniamento che durante l’anno non passa più, un po’ per la burocrazia scolastica, un po’ perché sei stata mandata a fare un lavoro, ad esempio il sostegno, che non è il tuo, su casi che per giunta non conosci”. Partono le lezioni e le riunioni, “l’anno scolastico procede un giorno dopo l’altro, i protagonisti sanno che ci sarà il concorsone, devono andare a scuola – raccontano gli autori– ma devono prepararsi a questo concorso verso il quale i tre nel romanzo reagiscono in modo diverso”. Come? Nicola ha avuto un incarico sul sostegno, Gianna su materia, ma al corso serale, e Carla “sulla cattedra misteriosa di potenziamento, deve aiutare i colleghi”. Nicola parte svogliato, “desideroso di non avere problemi, il suo umore certo non migliora, ma poi, piano piano, tira fuori un piano B di sopravvivenza”, oltre la scuola, che non sveliamo. Carla “parte entusiasta – spiega ancora la coautrice di Supplenti – poi però il suo entusiasmo cala anche perché la cattedra di potenziamento non si sa che cosa sia”. Gianna invece è determinata, risoluta, ha il controllo della situazione, se non fosse che la classe del serale è messa a dura prova per la presenza di studenti problematici e di un giovane affascinante che la corteggia”. Anche per Gianna non sarà un anno scolastico facile.

Tra i tanti personaggi spicca quello di Chantal Ballina, la collega “sempre convinta di sé, che è sempre sul pezzo, quella che vuole apparire come la buona, quella che segue tutti gli eventi”. A Carla tutto questo dà fastidio. Certo Chantal non è la più simpatica del mondo ma ci sono tanti altri, nei quali altrettanti docenti lettori di Supplenti si ritroveranno o ritroveranno il proprio collega “tutto particolare”, come si suol dire e non lo si dice mai in faccia. Come De Carolis, il professore poeta, docente ipernarcisista che usa la professione per espandere il proprio ego e la poesia scadente e boriosa per corteggiare professoresse e allieve senza fare distinzioni.

Ma da dove viene fuori questo libro sui supplenti? “Il volume – spiegano gli autori – nasce come un progetto non troppo pensato, anzi è stato un lavoro estemporaneo. Parte con i racconti tragicomici che tre amici si sono messi a scrivere giusto per ridere, racconti che ciascuno di noi ha redatto su un documento google condiviso. Poi qualcuno li ha letti, questi racconti, e ce li ha pubblicati”. I racconti, che poi hanno dato vita al romanzo, il quale ha una struttura potente che meriterebbe l’attenzione di un sceneggiatore televisivo, non si avviano sull’onda emotiva dell’indignazione verso i soprusi e le discriminazioni che vedono come protagonisti i supplenti chiamati a insegnare in ognuno degli oltre quarantamila plessi della scuola pubblica. “Certo, non siamo entusiasti del precariato – precisa la professoressa e coautrice Mengoni – ma non è un libro di denuncia. Volevamo raccontare alcune assurdità, la vena è tragicomica, a volte satirica, è comunque un romanzo di fantasia”. Fantasia fino a un certo punto, dacché chi conosce la scuola sa che spesso la realtà surclassa la fantasia, tanto che semmai, per ammissione di Brusco, Mengoni e Nappini, la narrazione è stata mitigata “perché se avessimo descritto la realtà così com’è non sarebbe risultata credibile”.

Non vogliamo parlare qui di pandemia, né di Dad o DDI – se ci sarà una nuova edizione del volume, probabilmente l’esperienza della didattica d’emergenza imposta dalla diffusione del Covid-19, a giudizio degli autori essa meriterà al massimo un capitolo – ma di studenti sì. E dunque chiediamo. Come vedono gli studenti, i tre autori di Supplenti, anzi i tre protagonisti del romanzo? “I personaggi che ci stanno più simpatici sono proprio loro”, ammette Mengoni. “I ritratti verso cui abbiamo uno sguardo più simpatizzante sono gli studenti se non altro perché ancora sfuggono dal narcisismo e dalle logiche di iperburocratizzazione”. Anche Giulia Sardoni? “Anche Giulia Sardoni, pluribocciata e con gravi disturbi dell’apprendimento, che scappa continuamente dall’aula. La supplente Carla prima non sa cosa fare con lei, si ritrova sempre a rincorrerla per l’istituto, poi scopre una strategia”con cui la conquista. Giulia non vuole un’insegnante di sostegno però se non la cercano è lei che cerca i docenti. E questa è una nota positiva del libro, quasi un messaggio di speranza, dalla parte degli studenti. Ché poi la scuola è fatta per loro.

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