Certificati di idoneità al lavoro falsi, è illecito penale. Sentenza

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La questione riguarda il reato di cui agli artt. 476 e 482, c.p., avente ad oggetto fotocopie riproducenti altrettanti certificati di “giudizio di idoneità alla mansione”, a firma del medico del lavoro, relativi alle visite mediche periodiche annuali di altrettanti lavoratori dipendenti della società di cui l’imputato era il legale responsabile, certificati in realtà inesistenti in originale. La questione è interessante perchè concerne sul valore da attribuire agli atti di cui si discute. Principi, quelli affermati dalla Cassazione Penale, Sez. 5, 01 luglio 2021, n. 25271 che interessano anche i pubblici dipendenti.

Sul delitto di falso
Quel che rileva nel delitto di falso di cui si discute, infatti, è la natura pubblica dell’atto artificiosamente creato, in rapporto alla funzione che esso è chiamato ad assolvere. In questo caso non vi sono dubbi sulla natura di atti pubblici dei giudizi di idoneità alle mansioni rinvenuti in forma di semplici fotocopie dal tecnico del servizio di prevenzione della A.S.L., recatosi nel cantiere della società.

I certificati attestanti l’idoneità al lavoro sono documenti di fede pubblica

L’art. 41, co. 2, del Testo Unico sulla sicurezza sul lavoro (d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81 e successive modificazioni), in tema di sorveglianza sanitaria, infatti, prevede l’effettuazione di una serie di visite mediche finalizzate ad accertare l’idoneità dei lavoratori allo svolgimento della mansione specifica cui sono destinati.

Sempre la medesima norma, inoltre, statuisce espressamente:

“Il medico competente, sulla base delle risultanze delle visite mediche di cui al comma 2, esprime uno dei seguenti giudizi relativi alla mansione specifica: a) idoneità; b) idoneità parziale, temporanea o permanente, con prescrizioni o limitazioni; c) inidoneità temporanea; d) inidoneità permanente. Nei casi di cui alle lettere a), b), c) e d) del comma 6 il medico competente esprime il proprio giudizio per iscritto dando copia del giudizio medesimo al lavoratore e al datore di lavoro” (art. 42, co. 6 e 6 bis). Orbene, non vi è dubbio che, potendo, i documenti contenenti il giudizio di idoneità alla mansione, redatto obbligatoriamente in forma scritta ai sensi dell’art. 41, comma 6-bis, T.U.S.L., entrare a pieno titolo all’interno di un procedimento amministrativo definito dal citato d.lgs.81/08, quale il ricorso avverso il giudizio di idoneità di cui all’art.41, c. 9, del medesimo testo unico, essi vanno considerati sin dalla loro formazione come documenti di fede pubblica.
Tale procedimento, giova evidenziare, si concretizza nel ricorso, da parte del lavoratore o del datore di lavoro, all’ organo di vigilanza, per ottenere la rivalutazione del giudizio di idoneità. L’organo di vigilanza (del Servizio Sanitario Nazionale, ove la normativa non disponga diversamente) è l’autorità responsabile del procedimento e dell’emissione del relativo provvedimento di conferma, modifica o revoca.

La falsa formazione di certificati attestante l’idoneità al lavoro è illecito penale

Ed invero, secondo l’orientamento dominante nella giurisprudenza di legittimità, rientrano nella nozione di atto pubblico rilevante ai fini dell’integrazione dei reati in materia di falsità in atti, anche gli atti cosiddetti interni, ovvero quelli destinati ad inserirsi nel procedimento amministrativo, offrendo un contributo di conoscenza o di valutazione, nonché quelli che si collocano nel contesto di una complessa sequela procedimentale – conforme o meno allo schema tipico – ponendosi come necessario presupposto di momenti procedurali successivi (cfr., ex plurimis, Cass., Sez. 5, n. 14486 del 21/02/2011, Rv. 249858; Cass., Sez. 6, n. 11425 del 20/11/2012, Rv. 254866; Cass., Sez. 5, n. 38455 del 10/05/2019, Rv. 277092).
Pertanto la falsa formazione mediante fotocopie degli atti di cui si discute, integra il delitto di falsità materiale in atti pubblici (cfr. Cass., Sez. U, n. 35814 del 28/03/2019, Rv. 276285).

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