Cosa accadrebbe se un docente neoimmesso in ruolo non dovesse superare l’anno di prova?

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Anche per l’anno scolastico appena iniziato i docenti entrati in ruolo il 1° settembre dovranno sostenere un periodo di formazione e prova. In questo anno di prova il docente è sottoposto ad una valutazione da parte del dirigente scolastico il quale, sentito il comitato per la valutazione, sulla base dell’istruttoria di un docente al quale sono affidate le funzioni di tutor, emette il provvedimento motivato di conferma in ruolo del docente neo-assunto.

Cosa succederebbe se il docente appena immesso in ruolo non dovesse superare il periodo di prova?

In questo caso, il dirigente scolastico emana un provvedimento motivato di ripetizione indicando gli elementi di criticità emersi ed individuando le forme di supporto formativo ai fini della conferma in ruolo nel successivo anno scolastico. La ripetizione del periodo di prova non è facoltativa, ma obbligatoria, nel senso che non si può procedere con i provvedimenti negativi finali per il docente (licenziamento) senza offrirgli una seconda possibilità con la proroga del periodo di prova di un altro anno, senza essere più rinnovabile.

Ma cosa accadrebbe se il docente non dovesse superare neanche il secondo anno di prova?

Il possibile scenario di ulteriore esito sfavorevole del periodo di prova anche dopo il secondo anno è disciplinato, in assenza di disposizioni nella legge n.107/2015 e nel D.M. n.850/2015, solo in base alla norma di cui all’art. 439 del D.Lgs. 16/4/1997 n.297.

Il provvedimento finale che si andrebbe a formare in caso di esito negativo della prova dev’essere adottato su parere obbligatorio, ma non vincolante degli organi collegiali di cui all’art. 439, sarà o la dispensa dal servizio del docente per esito sfavorevole del periodo di prova ovvero la restituzione dell’interessato al ruolo di provenienza qualora provenga da altro ruolo.

Ma in questa fase di dispensa dal servizio, sulla base dell’art. 439, sarà necessario corredarsi del parere espresso dal Consiglio Provinciale? E chi ha competenza ad emettere il provvedimento di licenziamento?

La giurisprudenza di legittimità riguardo alla violazione o meno dell’art. 439 del d.lgs. n. 297 del 1994 laddove prevede uno speciale procedimento con l’intervento di un organo terzo, individuato nel Consiglio Scolastico Provinciale, ha ritenuto che ”la dispensa dal servizio per esito sfavorevole della prova del personale scolastico, in quanto atto gestionale del rapporto di lavoro, appartiene alla competenza del dirigente scolastico ai sensi dell’art. 25 del d.lgs. n. 165 del 2001, nonché dell’art. 14 del d.P.R. n. 275 del 1999, non rientrando tra le competenze escluse dall’art. 15 del predetto d.P.R. o “da altre disposizioni” che esplicitamente riservino l’attribuzione di funzioni all’amministrazione centrale o periferica” ( Cass. 13.9.2016 n. 17967)”. Quindi, ha escluso che il provvedimento dovesse essere adottato previa acquisizione del parere obbligatorio del Consiglio Scolastico Provinciale, previsto dall’art. 439 del d.lgs. n. 297 del 1994, ed ha rilevato che la disposizione in parola era stata implicitamente abrogata, per incompatibilità con la disciplina generale desumibile dal combinato disposto dell’art. 14 del d.p.r. n. 275 del 1999 e dell’art. 25 bis, comma 4, del d.lgs. n. 29 del 1993.

Si deve, poi, aggiungere che la avvenuta abrogazione, per incompatibilità, delle competenze originariamente assegnate al Provveditore agli Studi ed al Consiglio Scolastico Provinciale non è smentita dal tenore dell’art. 1 della legge 13 luglio 2015 n. 107 che, dopo aver previsto al comma 117 “Il personale docente ed educativo in periodo di formazione e di prova è sottoposto a valutazione da parte del dirigente scolastico, sentito il comitato per la valutazione istituito ai sensi dell’articolo 11 del testo unico di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297”, al comma 120 aggiunge “Continuano ad applicarsi, in quanto compatibili con i commi da 115 a 119 del presente articolo, gli articoli da 437 a 440 del testo unico di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297”.

Quindi, la competenza ad adottare il provvedimento di licenziamento del docente non spetterebbe all’Ufficio Scolastico Provinciale, previo parere del Consiglio Scolastico Provinciale, bensì al dirigente scolastico. Tale principio è sorretto dal fatto che, ai sensi dell’art. 14 DPR 275/1999, alle istituzioni scolastiche sono attribuite funzioni, precedentemente in capo all’amministrazione centrale e periferica, relative alla carriera scolastica e al rapporto con gli alunni, all’amministrazione e alla gestione del patrimonio e delle risorse e allo stato giuridico ed economico del personale non riservate all’amministrazione centrale e periferica. Pertanto, in capo al Dirigente Scolastico sussiste la titolarità all’adozione dei provvedimenti di gestione delle risorse e del personale, compresa anche la dispensa dal servizio per esito sfavorevole della prova, ex art. 25 d.lgs. n. 165/2001.

Di conseguenza, in base a tali principi, la Suprema Corte ha escluso la competenza ad emettere il provvedimento in capo all’Ufficio Scolastico Provinciale, motivato dal fatto che laddove si dovesse escludere la quasi totalità delle funzioni rientranti nei poteri delle istituzioni scolastiche, ci sarebbe un evidente contrasto con l’impianto normativo descritto.

CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 25 gennaio 2017, n. 1915

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