Fare l’insegnante nelle scuole dei borghi delle alte Madonie tra desideri, aspettative e realtà delle aree interne. INDAGINE

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Mario Brucato – Indagare le scuole dei borghi delle alte Madonie, una delle tante isole del variegato arcipelago scolastico del Paese, attraverso gli sguardi e le attese degli insegnanti , molti dei quali in questi borghi ameni e demograficamente impoveriti, vivono e condividono il destino delle comunità che li abitano.

Anche quest’anno , grazie al benestare dei dirigenti scolastici e all’ampia partecipazione degli insegnanti, abbiamo avuto il beneficio di (r) accogliere i loro pensieri/opinioni/emozioni e documentare uno spaccato della vita scolastica negli istituti comprensivi delle alte Madonie. Come hanno affrontato e vissuto l’anno scolastico , in che modo la “sicurezza emotiva” e la “resilienza educativa” hanno retto al logorio psicologico dovuto al protrarsi della situazione emergenziale e alle onde d’urto della pandemia. Quali approcci relazionali e strumenti didattici hanno messo in campo per gestire/contenere il gruppo-classe, con gli alunni , in primis quelli più fragili, costretti a regole e divieti innaturali che ne hanno ingessato la vitalità e i giochi relazionali. Infine, ma non da ultimo, con quale disposizione d’animo hanno concluso l’anno scolastico e affrontano il nuovo, quali attese verso una scuola innovata o le visioni di una scuola immaginata… Non abbiamo la pretesa di rispondere in modo esaustivo a queste domande, vogliamo offrire alcune riflessioni sulla qualità della vita scolastica in una realtà periferica, eppure, crediamo, indicativa di molte altre analoghe nel Paese. Gli insegnanti si percepiscono come ‘ingranaggi’ di un sistema complesso e ipertrofico e al contempo soggetti pensanti portatori di idee e proposte che tale sistema, nelle sue propaggini locali, possono e vogliono contribuire a migliorare. Auspichiamo le riflessioni che seguono siano utili per i dirigenti e, ovviamente, gli insegnanti, in primis quelli che hanno partecipato all’indagine e ai quali va il mio sentito ringraziamento e a tutti coloro che avranno l’ardire e la pazienza di leggerlo. Facilitare la riflessività professionale da parte di operatori della conoscenza , riflessione ostacolata dalla routine e dalle prassi consolidate a scuola, vuole essere uno degli obiettivi di questa indagine; tutto ciò richiede disponibilità, collegialità e atteggiamento autocritico, di contro favorisce il ‘senso di appartenenza’ e la ‘coesione professionale’ indispensabili a reggere le sfide educative alle quali gli insegnanti sono già chiamati ad anno scolastico appena iniziato. Il territorio Madonita si presenta con un volto paesaggistico, naturalistico e architettonico

tra i più suggestivi della Sicilia, in esso troviamo le vestigia di una storia naturale (es. presenza dell’ Abies nebrodensis, albero di pregio, specie unica al mondo) e geologica che affonda le radici nella notte dei tempi (Triassico medio, circa 230 milioni di anni fa) e monumenti che rimandano echi di una storia antichissima. Una peculiarità del paesaggio è la presenza di nove comuni e innumerevoli borgate e piccoli nuclei abitativi disseminati sul territorio e collegati da strade malmesse.

Il paesaggio naturale , a primavera il rosso acceso dei tulipani il bianco limpido delle nevi e l’azzurro del cielo regalano un incantevole gioco cromatico , e i borghi ivi incastonati, disegnano un quadro di impareggiabile bellezza e originalità.

La Comunità Madonita mostra un volto antropologico peculiare, il paesaggio umano presenta diffusamente il colore grigio dell’anzianità e quello canuto della vecchiaia (diversi ultracentenari vivono in questi borghi ), il colore a tinte forti dei volti giovani ed adulti che nel tempo si è via via assottigliato così come il colore tenue degli anni verdi delle generazioni infantili e adolescenziali.

Il volto sociale della Comunità Madonita è ancora solido e abbastanza coeso, tuttavia la “cultura della modernità” ha gradualmente preso il posto della “cultura tradizionale”, così i vincoli di solidarietà (parentali, amicali e di vicinato) che hanno garantito un adeguato livello di coesione sociale sono stati sottoposti a trasformazioni e perdite che hanno reso più liquido il tessuto comunitario e complessi i processi educativi e di socializzazione. Il volto culturale è ricco e variegato, ogni borgo vanta il suo patrimonio culturale e artistico, le tradizioni e i riti, le associazioni e la biblioteca, opera anche una piccola casa editrice, innumerevoli sono i monumenti e le chiese i cui campanili scandiscono il tempo con ritmi asiconcroni da quelli a velocità multipla della vita di queste comunità

In questa cornice socio-culturale, con un quadro economico fragile e il continuo calo demografico, opera la scuola nelle alte Madonie che deve “organizzare il transfer cognitivo e morale tra le vecchie e le nuove generazioni relativamente alle cose che servono per vivere e prosperare” , (Azienda Sanitaria Provinciale di Palermo – Via G. Cusmano, 24 – 90141 PALERMO) in un contesto socio-culturale dove i processi di socializzazione, oggi accelerati dai social , avvengono per salti repentini e fratture che rendono ancora più arduo il compito delle agenzie educative.

Le scuole rappresentano un baluardo di cultura e di resilienza sociale, i fari che illuminano il tessuto sociale, le agenzie che contribuiscono alla formazione ed educazione delle giovani generazioni, compito che ricade prevalentemente sugli insegnanti, i quali hanno assunto questo ruolo con determinazione e responsabilità ma al contempo con un senso di impotenza e frustrazione, per gli annosi problemi della scuola, acuiti dalla pandemia, per la scarsa considerazione sociale e per il poco peso che hanno nei processi decisionali

IL BREVE RACCONTO DI UN ALTRO ANNO SCOLASTICO CON LA PANDEMIA

L’anno scolastico appena trascorso è stato vissuto dalla maggioranza degli insegnanti come difficile/faticoso/complicato, in tanti, in misura maggiore tra coloro della classe d’età 36-50 anni, lo hanno vissuto come una sfida, pesante ma al contempo gratificante e soddisfacente. “Insieme e con senso di responsabilità c’è l’abbiamo fatta” “anno horribilis!” “mi ha lasciato un carico positivo la relazione con i miei alunni, ho sofferto la solitudine rispetto alla relazione con i colleghi..” e così via. Il “carico di lavoro” per la maggior parte degli insegnanti è cresciuto, vuoi per gli adempimenti di sempre, vuoi per l’applicazione delle regole anti-covid , per le maggiori difficoltà a gestire il gruppo-classe, ecc… e di riflesso, si è intensificato anche il ”carico emotivo”.Gli effetti più diffusi sono stati senso di preoccupazione e di ansia e forte senso di affaticamento più marcati nella scuola dell’infanzia rispetto agli altri due ordini di scuola e negli over 50 rispetto a quelli fra i 36-50 anni. Molto più circoscritti effetti deleteri quali non riuscire a prendere sonno la notte, irritabilità, stile di vita svantaggioso, senso di rabbia e aggressività che hanno interessato circa un decimo degli insegnanti intervistati. E ancora, una quota, modesta ma non trascurabile, è stata attraversata da una forma di negatività ( sensazione di essere improduttivo/a rispetto al lavoro e disaffezione lavorativa ), segni e anticamera della vera e propria demotivazione professi Di contro, meno di un terzo dei docenti della classe 36-50 anni e un sesto degli over 50 hanno dichiarato di aver vissuto l’anno scolastico “senza difficoltà fisica ed emotiva” . La stragrande maggioranza degli insegnanti , in misura maggiore nella scuola Primaria, ha registrato da parte degli alunni attenzione e impegno verso le attività didattiche e un diffuso atteggiamento di adattamento funzionale alle regole anticovid. Un terzo circa ha riscontrato tensione e ansia e iperattività ma anche, in percentuale più bassa, rabbia e aggressività, effetti che hanno alimentato scarsa attenzione, molto più diffusa tra i ragazzi delle medie rispetto ai bambini della primaria/infanzia.

Lo sguardo dei ragazzi… in un’ottica circolare è utile richiamare alcuni dati relativi ai ragazzi delle 3^ medie nell’ambito del Progetto “Coloriamo il Presente – educazione all’affettività” , realizzato da decenni dagli operatori dei Consultori Familiari e dell’Educazione alla Salute nel Distretto di Petralia Sottana, ASP Palermo. Una cartina di tornasole del vissuto scolastico degli alunni in tempo di pandemia, non indenni da costi emotivi, che riflettono specularmente le percezioni degli insegnanti , “difficoltà a mantenere l’attenzione” e “sentirmi confuso/a, poco concentrato/a” sono stati i ‘sintomi’ più frequenti espressi dai ragazzi . Nel gioco delle relazioni e delle attese con il mondo degli adulti , significative sono state le risposte alla domanda “quali sono le difficoltà per un/a ragazzo/a della tua età” : “non essere all’altezza di ciò che gli altri si aspettano da te” espressa da un’elevata quota di adolescenti, che fa riferimento alle attese degli adulti (in primis, genitori ) nei loro confronti, ma anche alle attese performative da parte della scuola, forse non in piena sintonia con il loro bisogni emotivi e conoscitivi, legati ai bisogni della vita che la scuola non riesce pienamente a intercettare e soddisfare. La maggioranza dei ragazzi nell’affrontare la giornata scolastica ha dichiarato di sentirsi contento/a , un quinto circa in tensione e una quota variabile tra un quarto e un terzo indifferente. Questi dati interrogano la scuola come agenzia educativa ma anche gli insegnanti nella loro funzione docente in merito alle strategie relazionali e didattiche messe in campo nella promozione dell’apprendimento. Di certo i bisogni educativi adolescenziali navigano all’insegna del nuovo, del facile e del pratico , una prospettiva che svilisce il prestigio pedagogico della scuola ma probabilmente utile per agganciare e motivare gli indifferenti e coinvolgere maggiormente tutti gli altri. Con Duccio Demetrio, “l’educazione appartenendo alla vita, va trattata come un processo vivente…..educarsi pensando la vita …..educarsi attraverso la vita”. ** Tra gli approcci/atteggiamenti relazionali messi in campo dagli insegnanti nella gestione del gruppo-classe primeggiano l’ascolto e il dialogo, la serenità e la fiducia, quindi il coinvolgimento emotivo, la flessibilità/tolleranza e il buon umore, e per alcuni (solo della scuola media) la direttività.

E’ appena il caso di richiamare quanto è emerso nell’indagine dell’anno scorso circa le criticità individuate dai docenti nell’esercizio della professione , quella di gran lunga prevalente è l’eccesso di adempimenti burocratici, con i quali si manifesta tutta la pesantezza dell’istituzione scolastica, quindi quella con gli alunni (motivazione all’apprendimento, disciplina e relazioni) e, infine, una quota modesta ma non trascurabile, difficoltà con i colleghi nei momenti collegiali (in primis, nella didattica , nei consigli di classe, ecc.) Ci raccontano di una identità professionale sottoposta a tensioni, non sempre attrezzata e supportata per coinvolgere ragazzi demotivati, bambini indisciplinati e genitori ipercritici, criticità che anche quest’anno hanno messo a dura prova la loro ’sicurezza emotiva’ e dissipato parte di quel ‘capitale educativo’ figlio della passione e dell’esperienza. Con lo sguardo rivolto agli alunni gli insegnanti vogliono “ valorizzare l’unicità e non omologare”, “educarli a pensare, a scoprire, ad agire con consapevolezza”, “prenderli per mano, accompagnarli e mai dirigerli così saranno in grado di camminare da soli. Mentre gli alunni delle 3^ medie si aspettano dagli insegnanti ‘sostegno e comprensione’, ‘fiducia e gentilezza’, ‘meno compiti per casa e meno verifiche a scuola’.

COME SI VEDONO GLI INSEGNANTI: L’ IMMAGINE DELLA PROFESSIONE TRA IDEALITA’ E REALTA’

Ricomponendo i tasselli delle risposte alle domande sull’essere insegnante oggi emerge il profilo di un ‘insegnante ideale’ (un idealtipo) che può essere un riferimento per una riflessività professionale utile agli insegnanti ma anche alla scuola che si trova ad operare in un mondo sempre più complesso e in continuo mutamento. Le qualità generali del ruolo che hanno ricevuto maggiore consenso sono la capacità di comunicare e coinvolgere, essere equo/a nella valutazione, la disponibilità al confronto, la capacità di introspezione e riflessione critica e, in misura minore fra gli insegnanti della primaria/infanzia, l’atteggiamento problematico-critico verso ciò che si insegna, tutti requisiti che rappresentano l’ossatura del ruolo docente. Tra le qualità specifiche del ruolo hanno indicato saper comprendere l’ esigenze dei bambini/ragazzi, capacità di gestire il gruppo-classe, saper coinvolgere gli alunni, preparazione didattica e capacità organizzativa e, in misura leggermente minore per gli insegnanti della scuola media, competenze psico-pedagogiche, formazione continua e ‘sperimentazione’ didattica e saper declinare i programmi in ‘compiti di realtà’ , sono i requisiti necessari all’operatività e all’efficacia del ruolo docente.

Lo stile di conduzione nel quale si riconoscono meno della metà degli insegnanti è quello in cui il docente svolge la funzione animativa e stimolatrice dei processi di apprendimento, oltre il 40% si colloca nello stile relazionale che gli assegna la funzione di regia e di facilitatrice dell’apprendimento e un ottavo circa (solo della scuola media) si riconosce nella modalità direttiva, con funzione di mera trasmissione del sapere.

La collocazione ideale del ruolo docente, sebbene da due prospettive diverse di ‘impegno sociale’ l’una ‘vocazionale’ l’altra, rimanda a quel “soggetto pensante” teso al miglioramento della realtà educativa a cui si accennava sopra, il 60% degli intervistati colloca il ruolo docente tra coloro che “si appellano ai principi etici e sociali e vorrebbero alzare la qualità dell’istruzione”, un quarto circa si vedono tra coloro che “mirano ad avere successo nella vita e nel lavoro, sono critici e sfiduciati verso il sistema scolastico perché ritengono il loro ruolo sminuito dalla burocrazia”, gli altri accennano al ruolo come missione, passione, impegno e curiosità, ruolo sminuito e non adeguatamente riconosciuto dalla società a conferma della disparità sfavorevole alle professioni prevalentemente al femminile. Doglianze rese più acute dalla diffusa convinzione di poter condizionare in modo significativo l’ educazione dei bambini/ragazzi, difatti la totalità degli insegnanti, eccetto uno/a, si è dichiarata abbastanza/molto d’accordo con la seguente proposizione “nella scuola dove insegno posso ben incidere sulla crescita e sul senso di responsabilità dei bambini/ragazzi” .

La convinzione di poter incidere in modo significativo sull’educazione/formazione degli alunni , la forza di cambiamento della professione probabilmente è uno dei fattori intrinseci della motivazione all’insegnamento, questa è rimasta inalterata per circa la metà degli insegnanti , mentre per il 40% è addirittura aumentata , in misura preponderante per quelli della materna/primaria, dato sorprendente per il quale possiamo ragionevolmente ipotizzare che le difficoltà legate alla pandemia hanno spazzato in parte la fuliggine routinaria e rinvigorito sfide motivanti per così tanti insegnanti. Di contro il 10% degli insegnanti della materna/primaria hanno dichiarato che la motivazione all’insegnamento è diminuita, in misura maggiore per gli ultra 50enni della primaria .

Ad arricchire il quadro identitario registriamo l’elevato livello di soddisfazione professionale (abbastanza/molto soddisfatto/a circa il 97%) e il dato su “se potesse tornare indietro rifarebbe ancora l’insegnante?” alla quale l’80% ha risposto affermativamente, mentre il restante 20% ha risposto non so e no, quota lievemente più alta rispetto all’anno precedente e che merita la dovuta attenzione. Fra gli strumenti e le tecniche didattiche che gli insegnanti ritengono efficaci abbiamo, accanto alle tecniche tradizionali (lezione frontale, esercitazioni individuali, ecc.), quelle più innovative (come la classe capovolta, la didattica laboratoriale, cooperative learning, ecc.), sia le prime che le seconde accompagnate/supportate dei device digitali e le loro applicazioni. L’uso delle varie tipologie di giochi (di contatto, percezione, fantasia, ecc.) accanto alle attività manuali, sono le tecniche prevalenti nella scuola dell’infanzia .

Va detto che nella ordinaria pratica didattica l’uso dei metodi più innovativi riguarda ancora una modesta quota di insegnanti, ma l’emergenza pandemica ha aperto la strada all’uso diffuso dei device e alla sperimentazione di metodi inediti (es. flipped classroom) ispirati alla pedagogia attiva. Va registrato, inoltre, l’elevato consenso alla filosofia dell’apprendimento del pedagogista Daniele Novara (che si ispira anche agli insegnamenti di Danilo Dolci) espressa dal pieno accordo (‘molto/abbastanza’) della quasi totalità degli insegnanti “i bambini/ragazzi imparano cooperando/collaborando con i compagni, con le domande riflessive, con le attività esperenziali e laboratoriali, si impara sbagliando e divertendosi, senza essere giudicati e confrontati con gli altri, si impara con l’insegnante che fa da regista” .

Le strategie relazionali più utilizzate o comunque ritenute efficaci nella gestione delle dinamiche in classe sono nell’ordine l’ascolto attivo, le domande riflessive, il consiglio di cooperazione e la peer education (queste tre solo nella scuola media), i giochi interattivi e il circle time (prevalentemente nella materna e primaria) e per alcuni il sociogramma e il messaggio-Io. Infine, abbiamo l’’adesione ai criteri (innovativi) di valutazione nei giudizi finali quali ‘Progressi fatti dall’alunno’ , quello prioritario, seguito dall’impegno e volontà dell’alunno anche se non ha appreso molto’, quindi, con minor peso , ‘difficoltà di carattere familiare e sociale dell’alunno’ e, infine, ‘confronto del rendimento del singolo con quello della classe’.

UNO SGUARDO OLTRE IL PRESENTE: LA SCUOLA IMMAGINATA/DESIDERATA

Sul come affronterà il nuovo anno scolastico gli insegnanti hanno dato risposte plurime dove convivono sentimenti differenti: con speranza ha raccolto le risposte più frequenti e rimanda ad un’ auspicio, non richiede azioni specifiche se non un’ attesa che le cose andranno meglio da sole. Intorno al 50% hanno raccolto le voci con tranquillità e con fiducia, si tratta di atteggiamenti positivi che richiamano in campo la responsabilità individuale e il presupposto d’azione che concorre a far andare bene le cose e che trasmettono agli alunni un messaggio positivo e rassicurante. Con curiosità un quinto circa e con preoccupazione oltre un sesto, maggiore tra quelli della scuola media, probabilmente ascrivibile anche alla chiusura di uno dei quattro I.C., quello di Petralia Sottana, che ha generato ulteriore incertezza e disagio tra gli insegnanti che ivi lavorano e impoverito ancor più la comunità e il territorio.

Ebbene, oltre il 70% degli insegnanti intervistati ha dichiarato che vorrebbe si ritornasse a scuola “Con maggiore attenzione al benessere emotivo degli insegnanti e degli alunni”, dello stesso verso il dato di coloro, meno di un settimo dei docenti, che vorrebbe si ritornasse a scuola “con meno attività e ritmi più lenti”. Il dato testimonia in modo incontrovertibile che in due anni scolastici di pandemia i problemi e le difficoltà in capo agli insegnanti, e di riflesso sugli alunni, si sono accumulati e accentuati fino a far sedimentare un bisogno specifico non immediatamente ascrivibile alle finalità proprie della scuola. Precisiamo che questo dato è più che raddoppiato rispetto all’anno scolastico precedente, senza significative differenze fra i diversi ordini di scuola ma con una netta prevalenza tra gli insegnanti oltre i 50 anni rispetto alla fascia di età 36-50 anni e sta ad indicare che il processo di ‘affaticamento emotivo’ che investe gli insegnanti diviene via via più intenso man mano che cresce l’età degli stessi. Poco meno di un terzo “con precauzione, senza nessun cambiamento” e, di converso, una quota maggiore “con precauzione, ma con cambiamenti e innovazioni”, auspicio più frequente tra gli insegnanti della scuola dell’infanzia/primaria rispetto a quelli della scuola media. Pochissimi hanno indicato si ritornasse a scuola “in parte fisicamente, in parte con la DAD”.

Coesione/collaborazione/confronto fra insegnanti si attestano su livelli discreti ma lasciano ampio spazio di miglioramento sia sul versante quantitativo che qualitativo, così come è nei desideri della quasi totalità degli insegnanti. “La scuola è un mondo di relazioni di cui bisognerebbe aver cura…..intervenire per chiarire, dissipare e costruire…. Comprendere quando è meglio tacere”, “E’ un’agenzia educativa che offre la possibilità di confrontarsi con l’alterità, di crescere come persone..” , “E’ un ambiente chiuso e poco disposto al cambiamento” “L’aria è tesa a causa di tutti questi progetti insensati, spesso i colleghi sono in competizione…il carico di lavoro aumenta sempre più, la vita è insostenibile” “Gli accorpamenti non servono, il dirigente non può occuparsi di tanti plessi e di ordini di scuole diversi situati in vari comuni, tutto ricade sugli insegnanti e, di riflesso, sugli alunni. Le pluriclasse andrebbero evitate…..“ Vorrei una scuola dove la competizione tra insegnanti lascerebbe il posto alla collaborazione”, “meno burocrazia e più tempo da dedicare ai miei alunni”.

Gli alunni delle medie immaginano una scuola “più tecnologica, con più attività pratiche e laboratori”, “una scuola tranquilla che non metta ansia, comprensiva e poco stressante” , “dove posso sentirmi sicura e accettata” , “un posto dove poter socializzare senza sentirsi esclusi o giudicati”, “un luogo dove ci sia un dialogo aperto e costruttivo”, “una scuola piena di felicità, comprensione e amicizia”, “una scuola come quella finlandese…più organizzata e tecnologica”, “che dia importanza alla voce, al pensiero e alle richieste degli alunni”, “un luogo dove imparare con divertimento e meno monotonia”, “una scuola che oltre a insegnare faccia fare tante esperienze”, “una scuola che faccia sentire felici e liberi di essere se stessi…..

Un cenno a parte merita la formazione, secondo la maggioranza degli insegnanti dovrebbe mirare a “conoscere nuove tecniche didattiche per coinvolgere di più gli alunni” e “acquisire nuovi metodi e tecniche per includere gli alunni più fragili e demotivati” , quindi , per poco meno della metà, “acquisire nuove competenze per gestire le emozioni e le relazioni nel gruppo classe”. Una tipologia a se stante che interessa circa i due quinti dei docenti è quella che assegna alla formazione il compito di promuovere “un approccio didattico che colleghi e integri il sapere e le discipline alla vita e al contesto sociale ed ecologico”. Meno di due quinti indica “acquisire maggiori competenze nell’uso degli strumenti e delle applicazioni digitali” e poco più di un decimo, in prevalenza della scuola primaria, indica “acquisire una consapevolezza critica nell’uso della rete e dei social”. Infine, ma non da ultimo, secondo oltre un terzo degli intervistati, la formazione dovrebbe “Promuovere il confronto fra docenti per trarne maggiore motivazione all’insegnamento”. Una nota critica che giunge da più parti rispetto a corsi di aggiornamento pre-confezionati, peggio se da remoto, staccati dalla realtà della vita scolastica e distanti dai bisogni formativi dei docenti i quali a buon diritto rivendicano un coinvolgimento attivo nella programmazione dei percorsi formativi.

CONCLUSIONI

Ecco il ‘profilo ideale’ dell’insegnante così come disegnato dagli intervistati: comunicativo, disponibile al confronto, equo nella valutazione, dotato di atteggiamento critico e riflessivo, sensibile ai bisogni educativi ed affettivi dei bambini/ragazzi, aperto ai metodi innovativi e alla ‘sperimentazione didattica’ , con uno stile di conduzione stimolante e coinvolgente , aderisce a una filosofia dialogica dell’apprendimento e a criteri di valutazione innovativi, intesi come strumenti di autoapprendimento del sistema, modulati sul singolo alunno piuttosto che mezzi giudicanti ed etichettanti. Il “realtipo” chiaramente si discosta dall’ idealtipo che ne contiene in sé parzialmente i tratti e rappresenta comunque un ‘modello’ al quale possono ispirarsi individualmente e collegialmente i docenti per migliorare la qualità dell’insegnamento.

Gli insegnanti delle scuole delle alte Madonie si auto-rappresentano come un gruppo sociale con una forte identità e una buona autostima professionale, l’ attaccamento al proprio lavoro , l’ orgoglio del proprio essere insegnanti, consapevoli della sua forza di cambiamento e del suo valore sociale, anche se non adeguatamente riconosciuto. ”Ho deciso di essere e non di fare l’insegnante e sono profondamente orgogliosa di questo”.”..”.una professione ‘unica e coinvolgente’ “, “ciò che un insegnante scrive sulla lavagna della vita, non potrà mai essere cancellato”, “Teachers plant seeds that grow forever” (gli insegnanti piantano semi che cresceranno per sempre), ecc.. Per grandi linee confermano l’immagine positiva dell’anno precedente, non senza ombre e chiaroscuri, alimentata anche dalla maggiore considerazione sociale per aver assolto al difficile compito di condurre la ‘nave educativa’ in piena tempesta pandemica. Dai mille rivoli di pensieri, opinioni e atteggiamenti dell’indagine riaffiorano alcune direttrici che vogliamo sottoporre alla riflessione comune: a) vi è un capitale educativo che solo in parte viene dispiegato nell’attività scolastica ordinaria, per i vincoli del sistema, in primis quelli burocratici, per attenuare i quali le proposte formulate dagli insegnanti (es. ridurre relazioni e griglie, le parti ridondanti del registro elettronico, eliminare i progetti inutili, selezionare i corsi di formazione, ecc..) potrebbero costituire un punto di partenza per alleggerire loro il peso delle attività; -b) vi è un diffuso bisogno di collaborazione/coesione tra insegnanti che faciliti il confronto professionale e la collegialità, la sola che ‘rompe il solipsismo del lavoro d’insegnamento’.

Peraltro la legge 107/2015 all’articolo 1, prevede, per la comunità scolastica “lo sviluppo del metodo cooperativo, nel rispetto della libertà di insegnamento, la collaborazione e la progettazione”, per la realizzazione del curricolo della scuola; c) gli insegnanti degli I.C. delle alte Madonie hanno contezza di un modello pedagogico-didattico innovativo e partecipato, ma vincoli di sistema e fattori individuali ne limitano l’applicazione . Incoraggiarne l’adozione grazie anche al tutoraggio/supporto dei docenti più innovativi e alla diffusione delle buone pratiche , nel tempo potrebbe condurre a un approccio pedagogico-didattico condiviso , inclusivo e motivante per tutti gli alunni.

In conclusione, tanti problemi del ruolo docente attengono al modo come vengono reclutati gli insegnanti e sono correlati anche ai vincoli del sistema scolastico , ai modelli organizzativi delle singole autonomie scolastiche e alle risorse del territorio in cui esse operano. Ne contesto delle alte Madonie le criticità principali riguardano il significativo decremento demografico e il conseguente calo degli alunni, le pluriclassi e, infine ma non da ultimo, la carenza del personale dirigenziale. Difatti in tre Istituti Comprensivi , uno è stato appena soppresso, con numerosi plessi scolastici disseminati sul territorio vi sono soltanto due dirigenti scolastici che devono gestire una realtà complessa e disomogenea. Di passaggio ricordiamo che i nove Istituti Superiori del distretto sono retti da un solo dirigente scolastico! Problematiche sappiamo attenzionate dalle istituzioni comprensoriali – l’ Unione dei Comuni – ma i fatti prevalgono in tutta la loro dura oggettività. Tuttavia, riscoprire il senso della professione (‘la più bella dl mondo’) attraverso il pensiero critico sul proprio agire professionale, il confronto, la collegialità, l’atteggiamento di ricerca, la formazione , ecc. è indispensabile per migliorare la qualità dell’insegnamento e , di riflesso, la qualità della vita scolastica.

Alla scuola dell’autonomia serve nuova linfa per renderla più agile e più efficace, al contempo occorre che la scuola dell’autonomia provi a sperimentare modelli organizzativi più partecipati e percorsi educativi più innovativi: – l’organizzazione flessibile dello spazio da modulare di volta in volta in base all’attività da svolgere che attenui la centralità dell’aula scolastica come luogo d’elezione dell’apprendimento ed elegga altri spazi, inclusi quelli aperti; la pratica della lentezza, amica dell’apprendimento, i ritmi cadenzati che aiutano la coesione del gruppo, il warm-up a inizio mattinata, la ritualità dell’appello con sguardi incrociati e sorrisi inclusivi, ecc.la leggerezza che si declina con l’esercizio della fantasia, , la creatività, la ‘deriva’ in territori altri dai programmi, l’umorismo, il gioco e il mettersi in gioco ecc. senza sminuire l’impegno e la fatica che il sapere richiede.

La scuola è il luogo delle emozioni, dei desideri e delle relazioni, prendersi cura di questi aspetti, anche attraverso una comunicazione più attenta e riflessiva, vuol dire avvicinarla ancor più al mondo del bambino e del ragazzo e dare loro quella centralità da sempre auspicata. E allora chissà se quando chiederemo della scuola ai bambini e ai ragazzi tutti ci diranno ”la scuola è il posto migliore dove andare….perchè imparare è eccitante e farlo con i miei amici è bellissimo …..perchè i docenti sono sempre disponibile e sorridenti….perchè posso dire sempre quello che penso ed essere ascoltato dagli altri…..perchè siamo tutti belli e brutti, bravi e un po’ stupidi, capaci e incapaci, ma stiamo bene insieme…….perchè la mia scuola è un posto dove la paura non esiste…guardiamo il mondo da lì, guardiamo il mondo dei grandi, non vogliamo distruggerlo, vogliamo cambiarlo”. ***

Siamo consapevoli che alcune di queste riflessioni stanno scritte nel ‘libro dei sogni’, ma sappiamo anche che chi coltiva i sogni può trasmettere più entusiasmo e curiosità per il sapere e per il mondo in cui viviamo. A tutti gli insegnanti imbarcati sulla “portentosa nave educativa” che solcherà le onde mosse del nuovo anno scolastico e ai dirigenti che dovranno tenere la rotta, AUGURI!

Mario Brucato Sociologo- Area Educazione e Promozione della Salute Distretto di Petralia Sottana -ASP di Palermo

( § ) Per la stesura di questo articolo sono debitore ai seguenti autori:

A.Cavalli – Insegnare oggi – Il Mulino 1992 M.Colombo- Gli Insegnanti in Italia – Vita e Pensiero 2017 * S.Manghi – Attraverso Bateson – Ecologia della mente e relazioni sociali – ANABASI 1991 ** E. Morin – Insegnare a Vivere – Raffaello Cortina Editore – 2015 D. Novara – Cambiare la scuola si può – BUR 218 *** D. Novara – L.Regoliosi – I bulli non sanno litigare – BUR 218 P.A.Rovatti-D.Zoletto – La scuola dei giochi – Tascabili Bompiani 2005 G. Stella – Tutta un’altra scuola – Giunti 2016

# Alla indagine hanno partecipato poco meno di 160 insegnanti, di cui il 36% del totale della scuola dell’infanzia, il 50% della primaria e il 44% della media, (oltre il 43% degli insegnanti in media), in stragrande maggioranza donne. i risultati, quindi, ragionevolmente possono essere estesi a tutti gli insegnanti degli I.C. delle alte Madonie.

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