Bonus 500 euro, la protesta dei precari esclusi, Anief: “Ora di finirla con i lavoratori considerati di rincalzo”

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Dopo il blocco di inizio anno scolastico, da alcuni giorni è stata riattivata la piattaforma Carta del docente con l’accredito dei 500 euro da spendere per l’aggiornamento annuale introdotto con la Legge 107 del 2015: gli esclusi dalla Carta, in particolare i supplenti annuali, continuano a farsi sentire. Anche con proteste vibranti.

La condizione essenziale per usufruire della carta del docente è quella di essere docente di ruolo. Solo che i compiti di un docente con contratto a tempo determinato sono i medesimi dei colleghi già immessi in ruolo: sono tenuti a svolgere anche la formazione obbligatoria di 25 ore prevista per tutti gli insegnanti che svolgono lezioni in classi dove è presente almeno un alunno disabile. È di questi giorni, infine, anche l’avvio di una petizione on line, che ha già raccolto 12 mila adesioni.

Il sindacato Anief continua a reputare del tutto illegittima l’esclusione dei docenti precari dall’accesso alla card annuale per l’aggiornamento dei docenti, compresi coloro che sono stati individuati da prima fascia GPS per gli incarichi utili all’immissione in ruolo dalle stesse GPS. La carta è stata negata anche agli immessi in ruolo da concorso straordinario con retrodatazione giuridica. Il sindacato non ci sta e invita tutti i docenti precari, a partire da tutti i supplenti annuali, oltre che assunti da o immessi in ruolo con retrodatazione al 1/9/2020 (ai fini del recupero della carta spettante per l’a.s. 2020/2021) a ricorre al giudice così da ottenere il riconoscimento della Carta docenti annuale. Sempre in attesa del pronunciamento della Corte di Giustizia europea, recentemente sollecitata dal Giudice del lavoro di Vercelli su ricorso presentato dalla stessa organizzazione sindacale autonoma.

Secondo Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, “è ora di finirla con i lavoratori considerati di rincalzo e quelli di maggiore rilievo. Un dipendente è tale per quello che fa sul posto di lavoro, non per il tipo di contratto che ha sottoscritto. È una regola base che vale in tutti i Paesi moderni, ma che in Italia non si vuole applicare. In attesa che il giudice europeo ci dica se tutto questo è lecito, se è possibile nel 2021 continuare a trattare dei lavoratori come se fossero dei paria, non possiamo che invitare tutti coloro che non vogliono soccombere a questa ennesima a ricorre al giudice. Stiamo assistendo ad una vera ingiustizia contro i precari, già vessati economicamente perché senza scatti stipendiali e con il compenso bloccato per nove anni consecutivi dopo il ruolo, per non parlare delle mancate indennità e dei mesi estivi sottratti: qualora il giudice dovesse darci ragione – conclude Pacifico – , stavolta c’è anche la concreta possibilità di recuperare la quota annuale di 500 euro di aggiornamento a partire dal 2016”.

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