Docenti o scuole che chiedono o divulgano stato vaccinale studenti, è illecito e si rischia di dover risarcire anche il danno

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Si può fare in classe l’appello differenziando chi vaccinato da chi non vaccinato? Si può comunicare alla classe chi vaccinato e chi non? La risposta è tanto semplice, quanto secca, no. E vi possono essere anche delle conseguenze tutt’altro che risibili.

Va rispettata la privacy sui dati vaccinali degli studenti, illegale diffondere i dati degli studenti vaccinati

Il 23 settembre l’Autorità Garante per la protezione dei dati personali ha scritto al Ministero dell’istruzione affinché sensibilizzi le scuole sui rischi per la privacy derivanti da iniziative finalizzate all’acquisizione di informazioni sullo stato vaccinale degli studenti e dei rispettivi familiari. Nella lettera si richiama inoltre l’attenzione sulle possibili conseguenze per i minori, anche sul piano educativo, derivanti da simili iniziative.
L’Autorità ha ricordato che, secondo il quadro normativo vigente, agli istituti scolastici non è consentito conoscere lo stato vaccinale degli studenti del primo e secondo ciclo di istruzione, né a questi (a differenza degli universitari) è richiesto il possesso e l’esibizione della certificazione verde per accedere alle strutture scolastiche. L’Autorità ha altresì ribadito chiaramente la necessità che vengano in ogni caso individuate modalità che non rendano identificabili gli studenti interessati, anche al fine di prevenire possibili effetti discriminatori per coloro che non possano o non intendano sottoporsi alla vaccinazione.

La scuola non può accettare l’autocertificazione sullo stato di salute dei propri studenti

A fortiori si vuole rimarcare che il Garante afferma sempre che attraverso le dichiarazioni sostitutive non è possibile autocertificare il proprio o l’altrui stato di salute. L’art. 49 del DPR 445/2000 prevede infatti la non sostituibilità dei certificati medici e sanitari. Pertanto, le istituzioni scolastiche, per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19, sono tenute ad attuare le misure già previste nel Protocollo d’intesa del Ministero dell’Istruzione n. 87 del 6 agosto 2020. In particolare, tale Protocollo prevede che i dirigenti scolastici, per prevenire la diffusione del virus, siano tenuti a rendere edotti, attraverso un’apposita comunicazione, il personale, gli studenti e le famiglie degli alunni circa le regole fondamentali di igiene che devono essere adottate in tutti gli ambienti della scuola.

Nello specifico, le informazioni da rendere riguardano: l’obbligo di rimanere al proprio domicilio in presenza di temperatura oltre i 37.5°, il divieto di fare ingresso nei locali scolastici se provenienti da zone a rischio o se si è stati a contatto con persone positive al virus nei 14 giorni precedenti, mantenere il distanziamento fisico di un metro, osservare le regole di igiene delle mani e tenere comportamenti corretti sul piano dell’igiene, etc.

Dunque non vi è dubbio che né direttamente né indirettamente il personale scolastico può essere a conoscenza né sullo stato vaccinale dei propri studenti né diffondere queste informazioni all’interno dello stesso contesto scolastico, poiché oltre a violarsi la normativa in materia di Privacy si rischiano di cagionare anche delle discriminazioni e il danneggiato potrebbe agire nelle dovute sedi per chiedere il risarcimento danno al personale scolastico che si è reso responsabile di tale leggerezza.

La scuola è tenuta a preservare i dati sensibili dei minori

Con la Sent.n. 246/2019 la Corte dei Conti per il Lazio ricordava che di recente la Corte di Cassazione, dopo aver messo in luce che lo stato di salute di un minore è un dato sensibile, per cui la P.A. è tenuta ad adottare tutte le misure necessarie per evitare la violazione del diritto alla privacy, ha evidenziato che la tutela fornita dal D.lgs. n. 196/2003 riguarda il minore ma anche gli altri familiari. Dunque, la diffusione delle informazioni sulle condizioni di salute del minore  può di per sé potenzialmente essere idonea ad esporre la persona a condizionamenti o discriminazioni. L’ostensione del dato sulla salute conduce quindi ad una dolorosità e a rischi di discriminazione sociale che riguardano tutti i membri della comunità familiare. (Cass. sez. III civile, sentenza n. 16816, dep. il 26 giugno 2018).

Ed è evidente che differenziare all’interno del contesto scolastico chi vaccinato da chi non vaccinato, quando nessuna legge ad oggi chiede  neanche il greenpass per gli studenti, possa essere un fatto minimamente accettabile e normativamente neanche legittimo.

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