Green Pass sui luoghi di lavoro, Draghi inflessibile: nessuno slittamento, nessun rinvio. Si parte dal 15 ottobre

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Nessuno slittamento, nessun rinvio. L’obbligo di Green pass sui luoghi di lavoro scatterà domani, come deciso dal Governo.

Lo confermano fonti di Palazzo Chigi, escludendo che, come chiesto dai portuali di Trieste, ci sia una proroga al 30 ottobre, per prendere del  tempo e convenire su nuove soluzioni.

Intanto il Governo ragiona sulla possibilità di intervenire nuovamente sul prezzo dei tamponi.

Sono due le strade percorribili: la prima passa da una riduzione dei prezzi, escludendo tuttavia la gratuità dei test ’stana Covid’. L’altra invece prevede un credito d’imposta che consenta alle imprese che si fanno carico del costo dei tamponi di detrarne l’onere, assieme alle spese di sanificazione sostenute.

Una decisione in tal senso dovrebbe essere assunta già nelle prossime ore.

Con l’obbligo di Green pass le prime dosi di vaccino sono cresciute del 46%, rispetto al trend atteso in assenza di obbligo. La stima si basa sui dati aggiornati in possesso della struttura commissariale e calcola 559.954 prime dosi in più legate alla certificazione verde.

Inoltre, la media dei tamponi giornalieri da quando è stato introdotto l’obbligo è tra i 250mila e i 300mila. Le rilevazioni sono relative al periodo tra il 16 settembre e 13 ottobre: senza il Green Pass le prime dosi attese erano 1.208.272; con l’approvazione dell’obbligo si sono invece registrate 1.768.226 prime somministrazioni.

Green pass, dal 15 ottobre valido per lavorare. La scheda

Uno dei settori in cui si temono più disagi è quello dei porti. I lavoratori dello scalo di Trieste hanno già dichiarato – nonostante le aziende che operano nel porto si siano offerte di pagare i test ai non vaccinati almeno fino al 31 dicembre 2021 – che da domani le operazioni saranno bloccate “a oltranza”. Si chiede al governo di cancellare del tutto l’obbligo di certificazione verde.

Stime recenti segnalano che la percentuale di personale impiegato al trasporto pubblico non vaccinato sia tra il 10 e il 20% del totale. Si temono disagi alla circolazione dovuti alle assenze degli autisti senza Green pass, soprattutto nelle grandi città.

Atac, l’azienda di trasporto pubblico a Roma, ha già fatto sapere che per evitare disagi attiverà un monitoraggio delle assenze anomale dal 15 ottobre. La GTT, azienda di trasporto pubblico di Torino, ha invece previsto una fast line per tamponi più rapidi per i suoi dipendenti, mentre l’Atm ipotizza di chiedere con largo anticipo il pass ai lavoratori (l’anticipo massimo fissato dalla legge con cui può essere richiesto è di 48 ore).

Si teme un notevole impatto dell’obbligo di Green pass sulle imprese di trasporto e logistica. Le conseguenze colpirebbero tutto il mercato: il 90% delle merci in Italia viaggia con i trasporti su gomma.

I vertici di Conftrasporto sottolineano come il 30% degli impiegati nel settore non siano vaccinati e che, in ogni caso, molti autisti sono lavoratori stranieri, spesso vaccinati con farmaci non riconosciuti in Italia (è il caso, ad esempio, dei lavoratori dell’Europa dell’Est vaccinati con il siero russo Sputnik).

La normativa sul Green pass permette alle imprese con meno di 15 dipendenti di sostituire un lavoratore con un altro, se il primo continua a non presentare il certificato per più di cinque giorni. La sospensione, motivata come assenza ingiustificata, può durare al massimo dieci giorni ed è rinnovabile una sola volta, in ogni caso non oltre il 31 dicembre 2021. In molti fanno notare come sia difficile trovare sostituti per un periodo massimo di venti giorni.

In generale, si temono ripercussioni dell’obbligo in tutti i settori in cui sono numerosi gli impiegati di origine straniera, che potrebbero essere non vaccinati o immunizzati con farmaci non riconosciuti: agroalimentarecolf e badanti e cantieri, soprattutto in appalto.

Rischio complicazioni tra le forze dell’ordine, anche in vista delle prossime manifestazioni no Green pass e dei vari scioperi proclamati, come quello del porto di Trieste.

Al di là dei singoli settori, vale per tutti il problema della disponibilità dei tamponi anti Covid-19. Se chi non è vaccinato, per lavorare, deve presentare un tampone ogni due-tre giorni (a seconda che sia rapido o molecolare), ognuno dovrà farne almeno due a settimana, contando cinque giorni lavorativi

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