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Licenziamento docenti e ATA, con e senza preavviso. Il focus

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Il presente contributo intende fornire una guida utile al personale scolastico (docente e ATA) sul tema sensibile del licenziamento. Partendo dalla definizione normativa, si passa alla differenza del licenziamento con e senza preavviso, con l’indicazione degli illeciti disciplinari a cui è collegata la sua irrogazione.

Definizione. Per licenziamento si intende il recesso unilaterale da parte dell’ Amministrazione scolastica dal contratto di lavoro siglato con il dipendente pubblico. Si tratta pertanto del caso in cui la Pubblica amministrazione chiude il rapporto con il lavoratore, a seguito di ipotesi di grave entità, tassativamente specificate da fonti normative e contrattuali. Il preavviso è l’arco temporale intercorrente tra la comunicazione formale del licenziamento eseguita dal datore di lavoro e l’interruzione sostanziale del contratto di lavoro, previsto al fine di tutelare la parte che lo subisce e attutire gli effetti pregiudizievoli. La disciplina è contenuta nell’art. 2118 del codice civile per cui il preavviso va dato nel termine e nei modi stabiliti dai CCNL, dagli usi o secondo equità. Tipologie di licenziamento. Anzitutto il codice civile disciplina le ipotesi di licenziamento per giusta causa e licenziamento per giustificato motivo, ipotesi applicabili anche al rapporto di pubblico impiego, come precisa l’art. 55-quater del Testo unico sul pubblico impiego. Ulteriori ipotesi di licenziamento sono previste proprio dal D. Lgs. 165/2001 “Testo unico sul pubblico impiego”, in particolare a seguito della Riforma Madia che ha inasprito le sanzioni per le finalità di lotta ai c.d. “furbetti del cartellino”, di cui parleremo a breve. Da ultimo, le ulteriori ipotesi di licenziamento sono previste dal CCNL Comparto Istruzione 2016-2018 a titolo di massima sanzione disciplinare, da irrogare a conclusione dell’apposito procedimento disciplinare secondo le forme e i termini dell’art. 55-bis del d.lgs. n. 165/2001. Forma scritta. Ai sensi della L. 15 luglio 1966, n. 604, il licenziamento va comunicato per iscritto al prestatore di lavoro. Nella formale comunicazione, vanno inserite le motivazioni dell’atto. In assenza di comunicazione scritta e/o di formali motivazioni, l’atto è inefficace. Licenziamento disciplinare previsto nel Testo unico sul pubblico impiego. Questo tipo di licenziamento ha natura di sanzione disciplinare, irrogata a conclusione del procedimento disciplinare. Partiamo anzitutto dall’art. 55 quater che afferma: “Si applica la sanzione disciplinare del licenziamento nei seguenti casi:
  1. falsa attestazione della presenza in servizio, mediante l’alterazione dei sistemi di rilevamento della presenza o con altre modalità fraudolente, ovvero giustificazione dell’assenza dal servizio mediante una certificazione medica falsa o che attesta falsamente uno stato di malattia;
  2. assenza priva di valida giustificazione per un numero di giorni, anche non continuativi, superiore a tre nell’arco di un biennio o comunque per più di sette giorni nel corso degli ultimi dieci anni ovvero mancata ripresa del servizio, in caso di assenza ingiustificata, entro il termine fissato dall’amministrazione;
  3. ingiustificato rifiuto del trasferimento disposto dall’amministrazione per motivate esigenze di servizio;
  4. falsità documentali o dichiarative commesse ai fini o in occasione dell’instaurazione del rapporto di lavoro ovvero di progressioni di carriera;
  5. reiterazione nell’ambiente di lavoro di gravi condotte aggressive o moleste o minacciose o ingiuriose o comunque lesive dell’onore e della dignità personale altrui;
  6. condanna penale definitiva, in relazione alla quale è prevista l’interdizione perpetua dai pubblici uffici ovvero l’estinzione, comunque denominata, del rapporto di lavoro;
  7. gravi o reiterate violazioni dei codici di comportamento, ai sensi dell’articolo 54, comma 3;
  8. commissione dolosa, o gravemente colposa, dell’infrazione di cui all’articolo 55-sexies, comma 3;
  9. la reiterata violazione di obblighi concernenti la prestazione lavorativa, che abbia determinato l’applicazione, in sede disciplinare, della sospensione dal servizio per un periodo complessivo superiore a un anno nell’arco di un biennio;
  10. insufficiente rendimento, dovuto alla reiterata violazione degli obblighi concernenti la prestazione lavorativa, stabiliti da norme legislative o regolamentari, dal contratto collettivo o individuale, da atti e provvedimenti dell’amministrazione di appartenenza, e rilevato dalla costante valutazione negativa della performance del dipendente per ciascun anno dell’ultimo triennio.
Questi casi sono puniti con il licenziamento con preavviso, salvo i casi previsti dal comma 3 dell’articolo, per i quali non è previsto alcun preavviso. Licenziamento disciplinare previsto nel CCNL. Ulteriori casi di licenziamento disciplinare sono previsti dal CCNL Comparto Istruzione 2016-2018 all’art. 13, comma 9: “Ferma la disciplina in tema di licenziamento per giusta causa o giustificato motivo, la sanzione disciplinare del licenziamento si applica: 1. con preavviso per: a) le ipotesi considerate dall’art. 55-quater, comma 1, lett. b) c) e da f)bis a f) quinquies del d. lgs. n. 165/ 2001; b) recidiva nelle violazioni a cui si applica la sospensione dal lavoro senza retribuzione; c) recidiva nel biennio di atti, anche nei riguardi di persona diversa, comportamenti o molestie a carattere sessuale oppure quando l’atto, il comportamento o la molestia rivestano carattere di particolare gravità o anche quando sono compiuti nei confronti di allievi, studenti e studentesse affidati alla vigilanza del personale delle istituzioni scolastiche ed educative; d) dichiarazioni false e mendaci, rese dal personale delle istituzioni scolastiche, educative, al fine di ottenere un vantaggio nell’ambito delle procedure di mobilità territoriale o professionale; e) condanna passata in giudicato, per un delitto che, commesso fuori del servizio e non attinente in via diretta al rapporto di lavoro, non ne consenta la prosecuzione per la sua specifica gravità; f) violazione degli obblighi di comportamento di cui all’art 16, comma 2, secondo e terzo periodo del D.P.R. n. 62/2013; g) violazioni dei doveri e degli obblighi di comportamento non ricompresi specificatamente nelle lettere precedenti di gravità tale, da non consentire la prosecuzione del rapporto di lavoro; h) mancata ripresa del servizio, salvo casi di comprovato impedimento, dopo periodi di interruzione dell’attività previsti dalle disposizioni legislative e contrattuali vigenti, alla conclusione del periodo di sospensione o alla scadenza del termine fissato dall’amministrazione. 2. senza preavviso per: a) le ipotesi considerate nell’art. 55-quater, comma 1, lett. a), d), e) ed f) del d. lgs. n. 165/2001; b) commissione di gravi fatti illeciti di rilevanza penale, ivi compresi quelli che possono dare luogo alla sospensione cautelare; c) condanna passata in giudicato per un delitto commesso in servizio o fuori servizio che, pur non attenendo in via diretta al rapporto di lavoro, non ne consenta neanche provvisoriamente la prosecuzione per la sua specifica gravità; d) commissione in genere – anche nei confronti di terzi – di fatti o atti dolosi, che, pur non costituendo illeciti di rilevanza penale, sono di gravità tale da non consentire la prosecuzione neppure provvisoria del rapporto di lavoro; e) condanna, anche non passata in giudicato: – per i delitti già indicati nell’art. 7, comma 1, e nell’art. 8, comma 1, lett. a del d.lgs. n. 235 del 2012; – quando alla condanna consegua comunque l’interdizione perpetua dai pubblici uffici; – per i delitti previsti dall’art. 3, comma 1 della legge 27 marzo 2001 n. 97; – per gravi delitti commessi in servizio; f) violazioni intenzionali degli obblighi, non ricomprese specificatamente nelle lettere precedenti, anche nei confronti di terzi, di gravità tale, da non consentire la prosecuzione neppure provvisoria del rapporto di lavoro”.

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