Il rapporto tra il patteggiamento ed il procedimento disciplinare

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La sentenza in commento della Cassazione Civile 2876/2022 del 31 gennaio affronta il caso di un licenziamento di un dipendente pubblico valorizzandosi ai fini del procedimento la sentenza di patteggiamento. Quale il rapporto tra patteggiamento e procedimento disciplinare?

Il fatto

II procedimento disciplinare oggetto di causa è quello riaperto dopo che, successivamente all’applicazione di una prima sanzione disciplinare vi era stata condanna con applicazione della pena su richiesta delle parti nei riguardi del lavoratore.

Poiché i fatti di cui alla predetta condanna avrebbero potuto comportare, per la medesima vicenda, la sanzione del licenziamento, in applicazione dell’art. 55-ter, co. 3 ultima parte, d.lgs. 165/2001, la P.A. ha proceduto alla riapertura del procedimento e lo ha poi concluso con atto di recesso in tronco.

La sentenza di patteggiamento ha efficacia di giudicato anche ai fini disciplinari

Se è vero che la sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti non comporta un effetto automatico sul piano disciplinare, afferma la Cassazione in questa sentenza, è altrettanto vero che essa, come affermato dalla S.C. con sentenza 31 luglio 2019, n. 20721, a norma degli artt. 445 e 653 c.p.p., come modificati dalla L. 97/2001, ha efficacia di giudicato, nel procedimento disciplinare, quanto all’accertamento del fatto, alla sua illiceità penale e all’affermazione che l’imputato lo ha commesso. Senza dubbio l’accertamento disciplinare mantiene una propria autonomia, specie sotto il profilo della gravità e proporzionalità e tanto più nei casi, come quello di specie. Tuttavia, ciò non esclude che gli accertamenti penali siano intangibili in sede disciplinare e che dunque, in relazione ad essi, non siano da svolgere ulteriori verifiche istruttorie.

Sussiste l’equiparazione tra la sentenza di patteggiamento e una pronuncia di condanna

La Cassazione ha  già ritenuto che, stante l’equiparazione stabilita dall’art. 445, co. 1-bis, c.p.p. della sentenza di c.d. patteggiamento ad una «pronuncia di condanna», nei «giudizi disciplinari che si svolgono davanti alle autorità pubbliche, e quindi anche in quelli contro i dipendenti della P.A., a norma degli artt. 445 e 653 c.p.p., come modificati dalla I. n. 97 del 2001, la sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti ha efficacia di giudicato quanto all’accertamento del fatto, alla sua illiceità penale e all’affermazione che l’imputato lo ha commesso» (Cass. 20721/2019, cit.).

Il giudicato si forma normalmente nel momento in cui non sono previsti più mezzi di impugnazione (ad eccezione della revisione) oppure sono spirati i termini  ex lege per proporre impugnazione o opposizione.

Spetta ai giudici di merito valutare la gravità dei fatti
A fronte di ciò, gli ulteriori aspetti (assenza di un danno in concreto; età del lavoratore; congruità della sospensione ritenuta dal Pubblico Ministero) di cui è menzione nel ricorso come prodotto dalla parte in causa, non possono sovvertire la valutazione espressa dalla Corte territoriale. Le valutazioni su gravità e proporzionalità sono, infatti, proprie del giudizio di merito e, se svolte (come nel caso di specie) sulla base di elementi non manifestamente irragionevoli, non intercettano vizi di legittimità.

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