Graduatorie ATA e valutazione del servizio prestato presso gli enti di formazione, valido o no? Si pronuncia il Tar

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Con l’atto introduttivo del giudizio veniva richiesto da parte ricorrente per il tramite del proprio legale l’annullamento degli atti indicati in ricorso nella parte in cui  si rettificava il punteggio nelle graduatorie definitive di istituto di terza fascia del personale ATA per il triennio 2021/2023,  ritenendosi non valutabile il servizio espletato presso gli enti di formazione professionale inserito nella domanda di partecipazione al bando del Ministero dell’Istruzione n. 50/2021. Si pronuncia il TAR del Lazio con sentenza N. 07646/2022.

La normativa sulla questione regolamentare

IL TAR, respinge il ricorso, e ricostruisce il quadro normativo vigente. Rileva che ai sensi dell’art. 4, l. n. 124 del 1999, con proprio decreto da adottare secondo la procedura prevista dall’articolo 17, commi 3 e 4, della legge 23 agosto 1988, n. 400, il Ministro della pubblica istruzione emana un regolamento per la disciplina del conferimento delle supplenze annuali e temporanee nel rispetto dei criteri di cui ai commi seguenti.

Con successivo decreto del Ministro della Pubblica Istruzione del 13 dicembre 2000, n. 430 e relative tabelle, il Ministero ha dato attuazione alla citata previsione regolamentare senza inserire, tra i punteggi valutabili, quelli posti in essere presso gli enti di formazione. Al contrario, le citate tabelle contengono un esame approfondito dei titoli valutabili.

Il DM n. 50 del 2021, oggi impugnato, nei visti, richiama espressamene il citato decreto n. 430 del 2000 – il che consente di escludere che lo stesso sia adottato in sostituzione del precedente – e richiama puntualmente l’articolo 8, comma 1, del predetto Regolamento, che rinvia a un apposito decreto ministeriale la definizione dei termini e delle modalità per la presentazione delle domande di inclusione nelle graduatorie di circolo e di istituto e per la formazione delle graduatorie medesime; l’articolo 5, comma 6, del predetto Regolamento, che stabilisce la validità triennale delle graduatorie di circolo e di istituto di terza fascia.

Nel dettaglio deve ritenersi che le modalità di adozione del regolamento del 2021 e i richiami contenuti nelle relative premesse consentano di ritenere che il decreto del 2021 abbia carattere esecutivo rispetto a quello del 2000, nel senso che non possa apportare ad esso modifiche o deroghe, salvo che venga adottato nel rispetto dei citati commi 3 e 4 dell’art. 17 della l. n. 400 del 1988.

Non esiste alcun automatismo tra l’attività presso istituzioni pubbliche e private

In ordine alla equiparabilità tra attività svolta presso istituzioni pubbliche e private, la giurisprudenza del Consiglio di Stato ha già avuto modo di escludere “l’assoluta automatica parificazione tra il servizio prestato presso le scuole paritarie e quello prestato nelle scuole statali, specie in riferimento all’applicazione di specifici istituti che regolano il rapporto di lavoro degli insegnanti” (Cons. St., sez. VI, nn. 2717/2020 e 4770/2020).
In ogni caso, non appare irragionevole e illogico e quindi lesivo del principio di uguaglianza che il punteggio in questione non sia calcolato in relazione a coloro che hanno prestato servizio presso enti non statali, essendo le modalità di selezione dei docenti nei citati enti fondato su criteri non concorsuali con la conseguente sussistenza di una differenza tra le funzioni svolte presso l’uno e l’altro istituto.

Occorre considerare sul punto che la giurisprudenza del Consiglio di Stato, con riferimento alle procedure concorsuali, ha costantemente ritenuto legittima la differenziazione tra attività svolta presso scuole paritarie e statali ai fini dell’accesso alla procedura concorsuale. Analoghe conclusioni possono trarsi anche con riferimento al punteggio, giustificando la relativa ratio con riferimento alle procedure selettive previste in un caso e nell’altro nonché con riferimento alla diversa disciplina e regolamentazione che caratterizza il corpo amministrativo e docente in un caso e nell’altro.

In particolare, il Consiglio di Stato, in sede consultiva, ha già espresso parere avverso l’esclusione del servizio prestato nei Centri di istruzione e formazione professionale accreditati dalle Regioni, ritenendo che l’esclusione in parola non violi i principi di ragionevolezza e di uguaglianza (si tratta, in particolare, del citato parere 24 giugno 2021, n. 1089).

Questo indirizzo esegetico è stato confermato con il successivo parere n. 451 del 2021, che ha affrontato il rapporto fra il servizio prestato presso le scuole paritarie e quello svolto presso le scuole statali.
Nel richiamare altre pronunce della giustizia amministrativa, il TAR, afferma, pertanto, che vige, infatti, un principio generale di tendenziale equiparabilità della scuola statale e di quella paritaria, derivante dall’omogeneità dei titoli di studio rilasciati, della durata degli anni scolastici, degli orari, dei programmi e del piano dell’offerta formativa. Ciò, tuttavia, non è motivo sufficiente, né decisivo, per affermare l’equiparabilità in senso assoluto e ad ogni effetto di legge.

Conclusioni

Sulla base delle considerazioni appena esposte, in definitiva, la Sezione condivide la conclusione che i servizi di insegnamento svolti presso gli enti di formazione professionale non sono assimilabili a quelli svolti presso istituzioni scolastici, derivandone pertanto la non illogicità o irragionevolezza della relativa esclusione.
Ciò vale ad escludere che possano ritenersi violati i principi di ragionevolezza e di uguaglianza.
L’operato dell’amministrazione non appare illegittimo neanche con riferimento al personale docente e operativo per i quali l’equiparazione è avvenuta per espressa previsione normativa, mentre come evidenziato il carattere esecutivo del decreto in esame non consente di ampliare il novero dei titoli valutabili, né appaiono sussistenti specifiche violazioni di legge.

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Pubblicato in ATA

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