Giovane in educazione parentale “bocciato”: “perché se fallisce la scuola va bene, ma se falliscono i genitori si deve bocciare?” Il punto di vista di un homeschooler

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In questi giorni ha avuto una certa eco la notizia degli esiti di un ricorso al TAR della Liguria (n° 00716/2022 pubblicata il 24/8/2022). I genitori di un giovane in istruzione parentale hanno richiesto che fosse annullato il decreto di non idoneità al passaggio alla classe quinta della scuola primaria. Il TAR ha rigettato la loro istanza.

Avendo visionato il testo della sentenza medesima, ma non tutta la documentazione inerente, ritengo possibile svolgere alcune considerazioni derivanti dalla percezione del contesto, non entrando per correttezza metodologica, nel merito di alcuni passaggi. Tali considerazioni, quindi, possono avere una valenza generale. Tuttavia vale la pena proporle perché le questioni, scomode, che vengono messe in gioco sono importanti.

La rappresentazione della vicenda, nei termini riassuntivi che appaiono nel testo della sentenza, sia per quanto riguarda gli argomenti dei ricorrenti che per quella dei giudicanti, non pare colgano alcuni snodi fondamentali del fenomeno istruzione parentale.

Conseguentemente le argomentazioni sembrano orientate e misurate con il metro concettuale del paradigma scolastico.

Molto sinteticamente, ma significativamente, in questo contesto, si può dire, a titolo di premessa che l’istruzione parentale non è necessariamente “la scuola a casa”. Lo è solo quando i genitori scelgono che sia così.

Negli altri casi la scelta verte su processi che privilegiano efficacemente l’apprendimento all’istruzione, ovvero dove trovano spazio gli approcci informali e non formali in misura adeguata a scapito degli approcci formali, dominanti invece nell’approccio scolastico.

Di conseguenza si svuotano di significato i termini discenti in homeschoolig o allievo/alunno in homeschoolig, bocciatura, che vengono utilizzati nella redazione di questa sentenza. Ovvero nei processi di apprendimento in homeschooling, viene destrutturato il concetto di docente e discente, per far luogo a quello di apprendente autoguidato o apprendente emaestro”.

Appare chiaro come i processi che traggono origine da questo siano affatto diversi. Lo sono legittimamente, essendo pienamente recepiti e auspicati, sostanzialmente, nell’ordinamento ( D.M. 254 16/11/2012). Non si coglie il motivo per cui, questo caposaldo normativo non venga richiamato in questo provvedimento, come del resto non lo è quasi mai quando per vari motivi si affronta il tema del sistema dell’istruzione e delle educazioni.

Da questi argomenti solo velocemente accennati, deriva che l’atto della valutazione necessariamente debba essere declinato con intelligenza e professionalità, oltre che in conformità delle norme.

Nell’ambito di questo provvedimento, si richiama Il D.Lgs. 62 del 13 Aprile 2017. Tuttavia, non viene considerato proprio l’articolo 1 dello stesso. Esso individua in maniera forte gli argomenti che, se compresi, possono legittimamente portare nel campo riflessioni appropriate e fondate sulla valenza principale del momento della valutazione. Esso richiama inoltre la necessità che i soggetti chiamati ad effettuarla debbano commisurarsi in maniera sostanziale con il giovane che si trovano dinnanzi.

In un passaggio di questo articolo si chiarisce quale sia la finalità della valutazione/esame ….“ha finalità formativa educativa e concorre al miglioramento degli apprendimenti”….

In questa sentenza pare che la concentrazione sia stata posta alla sfaccettatura dell’acquisizione delle conoscenze/competenze e la precipua connotazione educativa sia stata rubricata tra gli effetti collaterali o forse tra gli argomenti irricevibili. Se così fosse la gravità è evidente e si configura non solo come una mancanza dal punto di vista etico ma come una non curanza del dettato e dello spirito legislativo, che nel merito, derivando dal D.M. 254 del 16/11/2012, si dipana nelle normative successive in parte richiamate anche nella sentenza.

La bocciatura, che come termine in sé deriva dal gioco delle bocce ed indica quando una boccia viene colpita e quindi allontanata, è oramai un termine obsoleto e che soprattutto nell’ambito della scuola primaria ha solo un significato di passatismo e di autoritarismo, non riuscendo ormai più a cogliere i significati virtuosi di un momento importante per la crescita qual è un momento di valutazione.
Nella sentenza questo termine viene ancora utilizzato e effonde nel discorso una nota greve che si estende nei passaggi che rappresentano il ruolo dei genitori nel percorso formativo.
Si sostiene infatti che nell’ambito scolastico è pienamente sostenibile che un giovane, pur non ritenuto idoneo per il passaggio alla classe successiva, sia iscritto alla stessa comunque. Questo perché durante l’anno gli insegnanti hanno messo in atto delle strategie di recupero, e siccome sono insegnanti certificati ed hanno evidentemente fallito l’obiettivo, non importa, comunque sono certificati.
Mentre invece, se gli obiettivi non sono raggiunti da un homeschooler, che nei percorsi di apprendimento è accompagnato dai genitori, che dichiarano di avere le capacità tecniche o economiche (anche in questa sentenza si sostituisce impropriamente la o con la e), ovvero che non sono incapaci (art. 30 Costituzione), e siccome l’amministrazione lamenta di non avere “alcun potere di intervenire sulle tecniche di insegnamento e sulle modalità di preparazione dell’allievo” ritiene, autoreferenziandosi, di poter affermare che i genitori e il giovane sono impreparati per una sorta di superficialità, incompetenza, noncuranza o altro.

Il salto logico ha in sé un doppio avvitamento che consente di scansare quanto è fissato nel primo comma dell’articolo 33 della Costituzione, fondamentale per l’istruzione parentale, “l’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento”, e pure quanto è sancito nell’art. 31 della stessa …”la Repubblica agevola …la formazione della famiglia e l’adempimento dei compiti relativi”.

Il compito educativo e dell’istruzione sono primari per la famiglia che, scegliendo l’istruzione parentale, assume legittimamente e pienamente anche la funzione pubblica che questo comporta. La indimostrata incapacità dei genitori non dovrebbe porli in una condizione di subordine rispetto ad una funzione che la Costituzione all’articolo 30 attribuisce in via primaria proprio a loro e solo in via di eventuale surroga ai servizi scolastici.

Per rimanere nell’alveo della sentenza, quando si afferma che gli insegnanti hanno uno status privilegiato sostanziato ..”con l’attendibilità e la fede privilegiata derivante dall’iscrizione nel registro degli insegnanti”… si sostiene coerentemente il vero, ma relativamente all’ambito scolastico. Al di fuori di questo, ad esempio nel contesto di una certa istruzione parentale (quella non ascrivibile alla tipologia “scuola a casa”), questa attendibilità e fede privilegiata non ha sostanza, o ne ha poca, in quanto, come si è accennato sopra, le dinamiche di apprendimento sono, naturalmente e legittimamente, affatto diverse e almeno altrettanto efficaci.
Il D.M. 254 del 16/11/2012 ed i suoi aggiornamenti, danno validi basamenti concettuali a tal proposito, si vedano almeno i capitoli “ cultura scuola persona” e “centralità della persona”.

Le azioni dei genitori in istruzione parentale, sono comprese in un divenire complesso e ricco che si dipana nel tempo. Esse si caratterizzano per l’alto grado di organicità tra le componenti educativa e didattica. La percezione di tali organicità,complessità e dinamica, sono patrimonio della funzione genitoriale che con l’istruzione parentale è stata assunta in carico dai genitori, in misura notevole.

Questo atto, umano prima di tutto e nel contempo civico, ha piena e superiore legittimità, che gli è riconosciuta dallo Stato e solennemente sancita dalla Costituzione: art. 30…”E’ dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli… Nei casi di incapacità dei genitori la legge provvede a che siano assolti i loro compiti..”
Nel complesso visibile della sentenza i genitori vengono posti preventivamente, di default, nella condizione di incapacità. Questo può esser letto come un segnale di effettivo mancato riconoscimento della natura profondamente radicata nel sistema e nelle regole della convivenza civile dell’istruzione parentale.

Togliendo la presunzione di capacità genitoriale e muovendosi sulla preventiva asserzione della incapacità si compie un passo logico-giuridico assai discutibile, culturalmente omologo alla concezione dominante, ma nello stesso tempo palesemente arido e annichilito. Come se si dicesse, volgarizzando, i genitori non ci sono più, sono persi per sempre, quindi arrivano i tecnici accreditati e sapranno sicuramente fare meglio in termini di organicità per quanto riguarda l’ascolto, la conoscenza del giovane, le educazioni, i tempi dell’apprendimento ecc. In tanti casi la verifica dei fatti è certamente confortante, in altri un po’ meno. Non sembra, ad ogni buon conto, improprio introdurre il concetto di beneficio d’inventario.

Pertanto, l’asserzione che agli insuccessi scolastici si debba sempre applicare il bonus insegnati solo per il fatto che hanno l’attendibilità e la fede privilegiata derivante dall’iscrizione nei registri degli insegnati appare come il lavamani di Pilato e un facile esercizio di autoreferenzialità.

Per contro, il supposto mancato raggiungimento dell’idoneità dell’homeschooler, non può essere inquadrato in nessun discorso o progetto organico in progressione solo perché a pensare e gestire tale progetto sono i genitori.
La presenza attiva di questi ultimi è considerata di secondo o terzo livello, comunque da avvolgere nella bolla del sospetto.
La cosa fa dispiacere, crea insicurezza ed inquietudine e non contribuisce a far crescere quel clima di collaborazione e sussidiarietà tra enti e soggetti, nonostante questo sia un compito da svolgere, non facoltativamente, per dettato costituzionale (art.118).

Per un inquadramento concettuale, circostanziato, della sentenza in oggetto servirebbero ulteriori elementi conoscitivi in merito agli argomenti attorno ai quali si è svolto l’esame e se lo stesso ha seguito la necessaria consequenzialità con il Progetto didattico-educativo. Nel testo non compare in nessun passaggio questa entità, pur primaria nel rapporto homeschooler- scuola.

In un provvedimento così importante non si coglie la ragione perché non sia menzionato in alcuna argomentazione, anche in considerazione del fatto che la normativa più recente lo pone come snodo imprescindibile e dirimente in merito alla considerazione di sostenibilità o meno di un giudizio di idoneità o inidoneità.

Se non fosse entrato, da una parte o da un’altra, questo il Progetto didattico-educativo, buona parte del discorso sarebbe letteralmente campato in aria.
L’auspicio è che il fatto che non compaia sia solo dovuta ad un report non completo. Altrimenti si potrebbe ipotizzare che nelle sedi di garanzia civile i ragionamenti viaggino troppo in superficie.

Comunque sia, stante questa rappresentazione della discussione e della sentenza, senza una esplicitazione del rapporto tra il Progetto didattico-educativo e lo svolgimento dell’esame, dalla stessa non è possibile trarre conclusioni fondate sul tema dell’idoneità oppure no del giovane.

Nella sentenza se ne richiama un’altra espressa da l TAR del Lazio, dove si afferma che ..”la libertà di scelta educativa delle famiglie, di cui la facoltà di avvalersi dell’istruzione parentale costituisce espressione, incontra difatti il limite posto dalla necessità che sia garantito il diritto all’istruzione del minore”… Il diritto del minore ad essere istruito è sacrosanto come lo è il dovere-diritto dei genitori di istruire ed educare. L’impianto concettuale, è chiaramente espresso nei primi 2 paragrafi dell’art.33 della Costituzione.

Lì si parla di personalizzazione (primo comma) e di norme generali sull’istruzione (secondo comma), il cosiddetto esame di idoneità, se vuole essere un atto costituzionalmente coerente e sostenibile, deve comprendere ed informarsi ai due concetti sopra richiamati: personalizzazione e norme generali.

In questo caso specifico, senza l’informazione della presenza o meno del Progetto didattico-educativo della famiglia nel contesto della vicenda , non si possono fare ulteriori considerazioni puntuali.

Tuttavia può essere utile richiamare il fatto che l’utilizzo dello strumento esame di idoneità deve essere fatto in modo appropriato ed intelligente della situazione, altrimenti si corre il rischio di mortificare l’aspetto della personalizzazione dei percorsi di apprendimento e della libertà di istruzione (art. 33 della Costituzione) a fronte di un privilegio, ingiustificato e deleterio dal punto di vista educativo, nei confronti di quadri di riferimento rapportati a realtà specifiche come quelle delle classi in cui operano i componenti delle commissioni d’esame.
Si ha la sensazione che il retaggio dei “programmi ministeriali” sia ancora vivo e vegeto.

A scuola le linee generali, le linee guida per la formazione del curricolo, sono declinate dai singoli insegnanti in rapporto a specifici gruppi classe. In istruzione parentale le stesse sono declinate dal giovane e dai genitori conferendo al proprio percorso di studi quella specificità che trova rappresentazione nel Progetto didattico-educativo. Questo è lo snodo della relazione tra l’individualità e la partecipazione al patrimonio collettivo e condiviso delle comunità.

In tema di svolgimento, di regolarità o meno di decreti di idoneità o inidoneità, un sondaggio condotto nello scorso anno scolastico da L’Associazione Istruzione Famigliare (LAIF), avrebbe evidenziato che solo in meno della metà dei casi di esame si sarebbe tenuto conto, da parte della commissione esaminatrice, del Progetto didattico-educativo presentato, necessariamente, dalle famiglie.
Ora si è in attesa dei risultati del sondaggio riferito all’anno scolastico che si sta concludendo. La speranza è che le percentuali cambino e che si possa registrare un migliore effettivo riconoscimento dell’Istruzione parentale.

Questa vicenda sembrerebbe evidenziare un approccio al fenomeno istruzione parentale tendente all’omologazione con la scolarizzazione.
Tra le due esperienze l’analogia sta “solo” nel fatto che entrambe partecipano a pieno titolo al sistema dell’istruzione e delle educazioni, ma poi si dispiegano secondo paradigmi propri.

Sergio Leali

L’Associazione Istruzione Famigliare

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