Inizio scuola, alunna con disabilità avrà il suo 21esimo docente di sostegno. La mamma: “La scuola umilia e non include”

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La questione continuità didattica per il sostegno si fa in alcuni casi drammatica. Gli alunni con disabilità spesso cambiano decine di insegnanti durante il loro percorso. Addirittura gli insegnanti possono arrivare anche a 21, come nel caso della storia che stiamo per riportare dalla pagina FB dell’Associazione Vorreiprendereiltreno, fondata da Iacopo Melio.

Una studentessa con sindrome di down, incontrerà quest’anno il suo ventunesimo docente di sostegno. Ma la madre non si fa più illusioni: a 17 anni la ragazza non “sa leggere, scrivere o fare semplici calcoli di matematica“, denuncia la donna, che per anni si è battuta per avere un insegnamento idoneo per la propria figlia.

Qualcuno al MI, gli ideatori del DI 182 (Decreto Interministeriale 182 del 29 dicembre 2020 – le principali novità nella normativa per l’inclusione), diranno, evidentemente il ritardo intellettivo di sua figlia era troppo alto, ma io so che avrebbe potuto raggiungere risultati migliori se oltre a me, la scuola ci avesse creduto, se gli insegnanti tutti, ci avessero lavorato sin dalla prima elementare”, scrive la donna nel suo sfogo, che precisa:  “Non voglio che il mio scritto venga strumentalizzato a fini politici. Quando parlo di fallimento non lo lego ad un particolare governo, ma a tutti, perché tutti ci hanno messo le mani senza mai risolvere questo enorme problema, nonostante la legge”.

I quaderni di mia figlia sono tutti uguali, li ho conservati, tranne che per due, tre anni prosegue – Tutti gli anni cambio insegnanti e prerequisiti, tutti gli anni Pei che non riportavano un obiettivo, ma solo giri di parole per sottintendere che tanto non ne valeva la pena. Eppure io so che, nonostante tutto, se l’avessero trattata come tutti gli altri studenti oggi saprebbe quanto meno leggere e scrivere“.

Vorrei gridare tutta la mia rabbia, la mia delusione e soprattutto il mio disprezzo verso un sistema scolastico che non è un diritto di tutti, ma solo un privilegio per pochi, che umilia e non include”, conclude la mamma.

 

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