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Collaborazioni giornali e riviste: incarichi (attività extraistituzionali) liberalizzati ovvero sottratti ad autorizzazione

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Il dipendente che collabora a riviste e giornali deve chiedere all’autorizzazione all’amministrazione di appartenenza? Deve effettuare la comunicazione all’anagrafe delle prestazioni? Come è già sufficientemente chiaro, il rigido regime delle incompatibilità incontra dei limiti soggettivi (personale in part-time) ed oggettivi. Esistono cioè attività liberalizzate, sottratte a qualsiasi regime autorizzatorio e liberamente espletabili come dottrina chiarisce e, nello specifico, in “Le attività extraistituzionali e le incompatibilità per il pubblico dipendente” il ch.mo prof. Vito Tenore, presidente di Sezione della Corte dei Conti e docente di diritto del lavoro pubblico. Si tratta o di attività “de minimis” di evidente modesta rilevanza (poco assorbenti fisicamente o intellettivamente), ovvero quelle espressive di basilari diritti costituzionalmente rilevanti di qualsiasi soggetto (libertà di pensiero, diritto di critica, tutela delle opere di ingegno etc.), e dunque anche del pubblico dipendente, e, come tali, non sottoponibili a regimi autorizzatori al pari delle attività gratuite.

Collaborazione a giornali, riviste, enciclopedie e simili: le deroghe di cui al comma 6, art. 53, D.Lgs. 165/2001

Le deroghe di cui al comma 6, art. 53, D.Lgs. 165/2001, dunque, valgono anche per collaborazione a giornali, riviste, enciclopedie e simili, utilizzazione economica da parte dell’autore o inventore di opere dell’ingegno e di invenzioni industriali, partecipazione a convegni e seminari; incarichi per lo svolgimento dei quali il dipendente è posto in posizione di aspettativa, di comando o di fuori ruolo; incarichi conferiti dalle organizzazioni sindacali a dipendenti presso le stesse distaccati o in aspettativa non retribuita; attività di formazione diretta ai dipendenti della pubblica amministrazione nonché di docenza e di ricerca scientifica. Il referente normativo è dato dal pluricitato art. 53, d.lgs. n. 165 del 2001 che, al comma 6, sancisce: “Gli incarichi retribuiti, di cui ai commi seguenti, (per i quali è prescritta l’autorizzazione) sono tutti gli incarichi, anche occasionali, non compresi nei compiti e doveri di ufficio, per i quali è previsto, sotto qualsiasi forma, un compenso. Sono esclusi i compensi derivanti: a) dalla collaborazione a giornali, riviste, enciclopedie e simili; b) dalla utilizzazione economica da parte dell’autore o inventore di opere dell’ingegno e di invenzioni industriali; C) dalla partecipazione a convegni e seminari; d) da incarichi per i quali è corrisposto solo il rimborso delle spese documentate; e) da incarichi per lo svolgimento dei quali il dipendente è posto in posizione di aspettativa, di comando o di fuori ruolo; f) da incarichi conferiti dalle organizzazioni sindacali a dipendenti presso le stesse distaccati o in aspettativa non retribuita; f-bis) da attività di formazione diretta ai dipendenti della pubblica amministrazione”.

Ipotesi tassative e suscettibili ad interpretazione estensiva

Dunque, in tali bene specificate ipotesi, tassative e suscettibili di interpretazione estensiva in ossequio a concorrenti e non disapplicabili principi anche costituzionali, il pubblico dipendente non deve richiedere alcuna autorizzazione né, in assenza di previsione di legge in tal senso, è tenuto a comunicare all’amministrazione da cui dipende l’avvenuta attribuzione di tali incarichi, afferma il ch.mo prof. Vito Tenore nel suo pregevole contributo scientifico.

Retaggi inquisitori o per verificare l’esatta interpretazione delle vigenti norme

Prendiamo in prestito l’assai esaustiva affermazione del prof. Tenore che la dice lunga sul potere, talvolta, esercitato fuori dall’alveo normativo, anche da alcuni dirigenti scolastici: “anche se alcuni enti, per mal celati retaggi inquisitori o per verificare l’esatta interpretazione delle vigenti norme o per asserite esigenze di riscontro su conflitti di interesse, sono soliti richiedere, con circolari interne, una comunicazione (destinata a mera presa d’atto) da parte del lavoratore” per i casi di collaborazione a giornali, riviste o per profitti da opere di ingegno. “In ogni caso tale mancata comunicazione – afferma il magistrato prof. Tenore – a differenza di quanto espressamente previsto dall’art. 53 in caso di mancata “autorizzazione”, non potrà avere conseguenze sul piano disciplinare in assenza di un obbligo legislativo o contrattuale sul punto. Unico intrinseco limite al libero espletamento di tali attività è dato dalla loro compatibilità con l’ordinaria prestazione lavorativa presso il datore della Pubblica Amministrazione: l’espletamento di un intervento (e, soprattutto, una serie intensa attività) seminariale o convegnistico, o la necessità di redigere un articolo o un volume non potranno mai andare a scapito dell’ordinario svolgimento delle mansioni d’ufficio. Ne consegue che tali attività andranno svolte in orari extralavorativi o, previo assenso dei vertici gestionali (dirigenza), in orario d’ufficio, ma con doveroso recupero delle ore non lavorate. Se poi l’oggetto dell’incarico liberalizzato ed espletato possa ledere l’immagine della p.a. o urtare con i suoi fini istituzionali (es. magistrato che scriva un libro su come aggirare le leggi; finanziere che scriva un articolo elogiando gli evasori fiscali; poliziotto che in un seminario esalti lo sfruttamento della prostituzione) l’amministrazione potrà esercitare i tradizionali rimedi disciplinari”.

L’estensione ad altre manifestazioni delle libertà o dei doveri fondamentali del cittadino

Sulla scorta della dizione “e simili” espressamente prevista nella lett. a) del comma 6 (non per puro scrupolo ma per indicare tipologie di diritti garantiti), e facendo leva sulla gerarchia delle fonti che ha al suo primo posto, naturalmente, la Carta Costituzionale (art. 21 cost. sulla libertà di pensiero con parola, scritto o ogni altro mezzo di diffusione), sono da ritenere liberalizzate (ovvero sottratte ad autorizzazione, sperando che tale sottratto sia, sufficientemente, chiaro) anche altre manifestazioni delle libertà o dei doveri fondamentali del cittadino, anche se questo dovesse essere un pubblico dipendente. Tra questi, ad esempio, il dovere di assolvimento dell’ufficio pubblico di giudice popolare, la libertà di associazione senza scopo di lucro (taluni dirigenti chiedono che si autorizzato pure quella o l’assunzione della carica di rappresentanza (presidente) di una semplicissima associazione senza fini di lucro), la libertà di pensiero espressa in teatro, musica, tv, creazioni artistiche, didattica telematica, ancorché vengano previsti rimborsi spese” come espressamente elenca il prof. Tenore. Inutile ricordare, ad abbondare, che l’esercizio di tali attività deve avvenire al di fuori dell’orario d’ufficio e non devono diventare, in alcun modo, attività imprenditoriale parallela (sulla partita IVA, naturalmente, spenderemo un apposito approfondimento).

Anagrafe delle prestazioni dei dipendenti pubblici

Avevamo già affrontato il tema relativo alla “banca dati Anagrafe delle Prestazioni” istituita dall’articolo 24 della Legge n. 412 del 30 dicembre 1991 per la misurazione qualitativa e quantitativa delle prestazioni rese dal personale delle amministrazioni pubbliche. Il D. Lgs. 75/17, art. 8 e art. 22 comma 12, modificando l’art. 53 del D. Lgs. 165/2001, prevede una comunicazione tempestiva al Dipartimento della Funzione Pubblica dei dati relativi agli incarichi conferiti a consulenti e dipendenti pubblici a partire dal 1° gennaio 2018. Come abbiamo già scritto i dati vanno trasmessi a cura dell’amministrazione presso cui il personale stesso presta servizio. Per ribadire il concetto sottolineamo, come bene ha fatto il dirigente scolastico dell’Istituto Comprensivo Statale “Renato Guttuso” di Carini (Pa), la professoressa Valeria La Paglia, che sono esclusi dagli obblighi di comunicazione relativi all’anagrafe gli incarichi svolti ed i compensi ricevuti nei seguenti casi indicati nella Circolare n. 5 del 29/05/1998 e riportati nella comunicazione del MIUR 24/07/2002, prot. n. 497. Sono, infatti, previsti due tipi di esclusioni:

A) esclusioni soggettive

  • dipendenti con rapporto di lavoro a tempo parziale con prestazione lavorativa non superiore al cinquanta per cento di quella a tempo pieno;
  • docenti universitari a tempo definito;
  • professori della scuola statale iscritti agli albi professionali e autorizzati all’esercizio della libera professione e le altre categorie di dipendenti pubblici ai quali è consentito da disposizioni speciali lo svolgimento di attività libero professionali.

B) esclusioni oggettive

  • diritti d’autore;
  • compensi per attività d’insegnamento;
  • redditi derivanti dall’esercizio di attività libero-professionali, ove consentita, e per la quale sia previsto l’obbligo di iscrizione al relativo albo professionale;
  • collaborazione a giornali, riviste, enciclopedie e simili;
  • utilizzazione economica da parte dell’autore o inventore di opere dell’ingegno e di invenzioni industriali;
  • partecipazione a convegni e seminari (v. Circolare Funzione Pubblica n. 10/1998);
  • prestazioni per le quali è corrisposto solo il rimborso delle spese documentate;
  • prestazioni per lo svolgimento delle quali il dipendente è posto in posizione di aspettativa, di comando o di fuori ruolo;
  • incarichi conferiti dalle organizzazioni sindacali a dipendenti presso le stesse distaccati o in aspettativa non retribuita;
  • attività di formazione diretta ai dipendenti della P.A.

Sarebbe utile che tutte le circolari contenessero chiaramente la normativa di riferimento onde permettere al dipendente di evitare errori e garantire alla scuola un’organizzazione efficace ed efficiente.

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