Legge di Bilancio, per la scuola solo le briciole. Meloni: “I pochi soldi serviranno per le bollette”

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“La legge di bilancio per il 2023 non ha soldi, come farete?”, chiede nel suo libro il giornalista Rai, Bruno Vespa al premier Giorgia Meloni.

“I pochi che ci sono serviranno a coprire il taglio delle bollette per chi è in difficoltà. Dobbiamo vedere come superare l’inverno senza che le bollette esplodano, sperando di tranquillizzarci da marzo in poi. Se l’Europa non riuscisse a tagliare l’allineamento del costo del gas da quello dell’energia elettrica, che è fonte di grandi speculazioni, lo faremo noi”, risponde il Presidente del Consiglio.

Non ci sono briciole per altro?, domanda il giornalista. “Poche, ma vogliamo dare qualche segnale, come la tassazione al 15 per cento sugli aumenti di reddito e il passaggio da 65.000 a 100.000 euro della quota di fatturato delle partite Iva tassate anch’esse al 15 per cento”.

Legge di Bilancio, ecco i fondi come saranno destinati

In verità non sorprende nemmeno più di tanto: è stato chiaro il messaggio del centrodestra in campagna elettorale e soprattutto nei primi giorni del nuovo esecutivo. D’altronde, quello dell’energia è un tema troppo scottante e che coinvolge vari settori dell’economia del Paese. In base a quanto si apprende il nuovo Governo prevede di investire il 75% delle risorse messe nella manovra per combattere il caro energia.

Alle misure non energetiche, dunque, resterà solo un quarto della manovra, che però già sappiamo che una parte dovrà essere impiegata per le pensioni, con l’obiettivo di non tornare alla legge Fornero. Nel capitolo previdenziale potrebbe essere previsto anche un sistema di incentivi, sotto forma di sconti dei contributi a carico dei lavoratori, per favorire la permanenza in azienda per gli over 63. Poi la legge di bilancio da approvare entro la fine dell’anno ci sarà spazio per diverse iniziative di Governo già annunciate: l’ampliamento della Flat Tax per gli autonomi e i correttivi sul reddito di cittadinanza per esempio.

Pertanto, allo stato attuale, se il quadro dovesse essere davvero quello prospettato, per la scuola non rimarrebbero che le briciole. Nella migliore delle ipotesi.

Il primo pensiero va al rinnovo contrattuale che in tale scenario rischia di diventare ancora più problematico: posto che il rinnovo del CCNL al momento prevede le risorse stanziate dalla precedente Manovra, la speranza dei sindacati è sempre stata quella di poter ottenere qualche risorsa in più per il contratto scaduto.

Si attende nel frattempo una risposta in merito alla questione di circa 340 milioni in più provenienti dal MOF: come sappiamo, infatti, nel corso del rinnovo del CCNI del salario accessorio, è stato raggiunto l’accordo spinto da mesi dai sindacati, di spostare una parte della cifra prevista per il MOF al contratto scuola.

Come abbiamo spiegato in precedenza, il Presidente dell’ARAN nel corso dell’incontro con le organizzazioni sindacali del 18 ottobre, ha informato che l’integrazione dell’atto di indirizzo, che prevede per la messa a disposizione delle risorse riguardanti la valorizzazione del personale della scuola, circa 340 milioni, sta completando il suo iter ed è attualmente al MEF.

In tale prospettiva le organizzazioni sindacali dovranno valutare con attenzione tale realtà e cioè che quelle risorse aggiuntive non saranno presenti quasi sicuramente. Quindi appare quasi impossibile ottenere qualcosa in più per questo contratto e l’ipotesi di firmare subito un contratto ponte, come sostenuto dal sindacato Anief, non appare più così irrealistica.

Senza dubbio un primo check lo avremo giovedì 3 novembre, quando è in programma il primo incontro fra il nuovo Ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara e i sindacati della scuola. E sicuramente quello del rinnovo contrattuale e il relativo aumento degli stipendi fa parte del dossier del nuovo capo di Viale Trastevere.

Gli oltre 300 milioni dal MOF non incideranno molto sulla busta paga in base alle stime complessive e siamo infatti abbondantemente lontani dalle 3 cifre che chiedevano i sindacati.

A conti fatti bisogna considerare che i docenti in busta paga potrebbero ricevere una cifra compresa fra i 15-20 euro circa in più.

La base di partenza è, come sappiamo, un aumento medio di circa 50-60 euro netti in busta paga a cui bisognerà aggiungere, dunque, le risorse provenienti dal salario accessorio.

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