“Nella nostra scuola senza voti gli studenti non studiano per il 6 ma per il gusto di studiare”. INTERVISTA all’ideatore del progetto, Enzo Arte del Liceo Morgagni

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Non è tanto o soltanto una scuola senza voti. E’ una scuola senza voti, nella quale al contempo gli studenti svolgono molte attività, sono più sereni, nella quale lavorano molto in classe e molto meno a casa, privati dell’assillo dell’interrogazione del giorno dopo, e dove dicono di studiare non per il 6 ma per il gusto di imparare e spesso di imparare di più e meglio: come peraltro dimostrerebbero i riscontri che arrivano dall’esperienza degli alunni che iniziarono il percorso liceale 7 anni orsono, nella prima classe sperimentale – è da due anni che la sezione è al completo, dalla prima alla quinta – e che ora mandano a dire, dalle università che stanno frequentando, di avvertire, loro stessi, di avere una marcia in più rispetto agli altri colleghi di corso.

“Non un impegno costante a casa ma un impegno costante in classe”, sottolinea Enzo arte, docente di Matematica Fisica e uno degli insegnanti artefici della sperimentazione condotta presso il Liceo scientifico Morgagni di Roma che si è concretizzata nella creazione della “Sezione delle Relazioni e delle Responsabilità”. L’obiettivo, prosegue Arte, “era quello di ottenere lo stesso risultato sugli apprendimenti ma con un maggior benessere dei ragazzi. Maggior benessere e minore fatica. Per fare questo abbiamo intrapreso una serie di azioni che tutte insieme dovevano portare alla realizzazione degli obiettivi. Io non so se togliendo i voti e continuando con una didattica tradizionale, si riesca ad avere un successo didattico. Quindi l’idea è di inserire il non voto in un progetto diversificato”.

Sono 25 docenti i docenti coinvolti nella sezione senza voti, il 20 per cento degli insegnanti del Morgagni. L progetto è stato portato avanti fin dall’inizio dal professor Enzo Arte assiemeai docenti Valentina Durante, Stefania Rossi, Caterina Galione, Laura Comin.

Professor Enzo Arte, lei è uno degli artefici di questa sperimentazione al Liceo Morgagni. Certo che parlare di scuola senza voti nel momento in cui si inventa il ministero del merito…

“Io ho fiducia. Forse m’illudo per il fatto che inserendo il merito nel nome del Ministero dell’Istruzione significa che il merito è per tutti e non solo per alcuni. Quindi istruzione e merito per tutti e un merito per tutti i docenti che lavorano sodo e che sono sottopagati. Tutti. E la mia speranza, insisto, è che siccome questa parola l’hanno messa nel nome del Ministero dell’Istruzione, è che il merito sia per tutti. Io sono un ottimista e la interpreto così”.

Veniamo al punto. Perché una scuola senza voti?

“Precisiamo che non è sempre senza voti. A fine quadrimestre i voti ci sono e a fine anno pure, perché siamo comunque all’interno del sistema scolastico italiano. E’ una sperimentazione nata senza chiedere autorizzazioni particolari al Ministero dell’Istruzione. E’ quello che possiamo fare all’interno della normativa attuale. Il voto è una sintesi di quello che è stato descritto in quel momento. Altra precisazione è che il senza voti è solo una parte di quello che facciamo. La nostra si chiama Scuola delle relazioni e della responsabilità. Insomma, c’è anche altro”.

E che altro c’è?

“C’è il fatto di utilizzare meglio il tempo scuola. Trenta ore a settimana sono un buon carico di lavoro, e se poi contiamo anche le ore a casa… Dunque cerchiamo di sfruttare al massimo questo tempo. E noi che facciamo? Noi facciamo ad esempio l’anti flipped classroom. La flipped classroom prevede che gli studenti lavorino a casa e poi presentano la lezione a scuola. Invece qui si fa il contrario: dunque gli studenti lavorano a scuola il più possibile. Facciamo un’attività didattica che è il più possibile stimolante perché non c’è il voto e loro sono molto attivi. La struttura dell’aula è a ferro di cavallo, ci sono isole di lavoro e gli studenti partecipano attivamente alle lezioni e spesso le fanno loro stessi, tra pari. Sfruttiamo il fatto che la pedagogia dice che sono cose che funzionano. E noi abbiamo creduto a quello che ci hanno detto per anni i pedagogisti, i neuroscienziati, gli psicologi, che hanno sempre raccontato che l’educazione tra pari funziona molto bene. Per cui usiamo tecniche come il Jigsaw, una specie di puzzle con cui ognuno impara un pezzo di un argomento e poi loro tirano fuori i propri, lavorando a coppie e a gruppetti. Il Jigsaw funziona e visto che abbiamo tolto i voti dobbiamo essere stimolanti nelle lezioni. E noi possiamo essere stimolanti nel non annoiarli solo se li facciamo stare attivi. Del resto, che cosa ci dice il Cono degli apprendimenti di Dale? Ci dice che, quando il ragazzo semplicemente ascolta o guarda, apprende poco e ricorda poco, invece se è attivo e fa o parla e dice le cose allora la memorizzazione migliora di molto. Si tratta quasi di banalità. Daniela Lucangeli (professoressa di Psicologia dello sviluppo all’Università di Padova ed esperta di psicologia dell’apprendimento, ndr.) ci insegna che il benessere del ragazzo e la sua serenità sono funzionali all’apprendimento e quindi se un ragazzo viene a scuola impaurito il cervello non è settato sull’apprendimento ma sta sulla difensiva, non è concentrato. Quando un ragazzo viene a scuola sereno perché non ha paura di essere ogni giorno giudicato, il suo cervello si setta in modalità apprendimento”

Un po’ come succede quando si arriva all’università…

“Esatto, l’esempio è perfetto. Tanti si liberano di angosce una volta terminata la scuola. Uno dei primi feedback positivi che ci arrivano è che i genitori ci dicono che i ragazzi si svegliano volentieri e vengono a scuola con il sorriso. Sapendo di non essere condannati in continuazione. Cerchiamo di lavorare in un clima che sia sereno e stimolante e dove i ragazzi siano molto attivi. Il togliere i voti è funzionale a tutto questo. In questo modo si abbatte il muro chetante volte c’è tra docenti e discenti e il voto numerico è sostituito da valutazioni descrittive che devono essere formative e orientanti, cioè dovrebbero orientare il ragazzo verso la conoscenza di sé stesso, capire il proprio percorso, facendogli capire cosa stia facendo bene, cosa stia facendo male e facendogli modificare eventualmente il proprio modo di lavorare”.

Nella pratica come avviene tutto questo?

“Nella pratica avviene che io scrivo che cosa lo studente ha fatto bene o male, quello che non è stato funzionale a fare una buona prova o do dei consigli o scrivo frasi più o meno lunghe per descrivere com’è andata, espongo gli aspetti positivi e quelli negativi. Queste valutazioni avvengono non solo sulle prove ma anche in itinere: indipendente mente dalle prove vengono messe delle valutazuioni per indicare l’andamento in quei giorni, in quel periodo: se ha iniziato bene, se ha iniziato male rispetto allo scorso anno, se dorme a scuola si scrive che sarebbe meglio dormire di più a casa. Sono poi molto importanti le autovalutazioni, redatte sempre con modello descrittivo, e in questo modo loro prendono sempre più coscienza di quello che stanno facendo. Loro valutano le proprie prove o il loro iter. E facciamo autovalutare ogni tanto anche il proprio benessere e le proprie competenze trasversali: se si trovano bene con i compagni, se lavorano bene in gruppo. Si punta molto, inoltre, sulla cooperazione invece che sulla competizione”.

Si punta molto anche sulla responsabilità, pare di capire.

“Esatto. Gli studenti non devono devono chiedere il permesso di andare in bagno. Quando faccio una lezione frontale che arriva a pochi questi pochi poi si offrono per fare tutoraggio agli altri. Imparano a cooperare. Poi magari arriva l’accusa: questi ragazzi non saranno mai competitivi. Non ci credo. Forse saranno educati a non essere eccessivamente competitivi. A noi interessa vedere che i nostri ragazzi siano vogliosi di continuare a imparare e si spera che nei cinque anni di liceo pochi o nessuno dei nostri ragazzi dica: al liceo ho sofferto come un cane”.

Son ormai passati 7 anni dall’inizio della vostra avventura con la prima classe. Che riscontro avete avuto con i diplomati?

“Il riscontro è buono. Finora abbiamo voluto tenere un basso profilo. Intanto si sono diplomati bene: 2 lodi, quattro 100 e voti elevati. I ragazzi si sono iscritti all’università e mi sembrano inseriti bene. Alcuni ammettono di trovarsi bene perché sono stati abituati a lavorare in gruppo”.

E come si troveranno nel mondo del lavoro, dopo che sono stati tanto coccolati?

“Non si tratta di coccolare ma si tratta del fatto che, come ci ha detto sempre detto la Lucangeli, la curva dell’ansia ha il suo massimo nell’età scolastica mentre negli altri paesi aumenta con l’età. Insomma qui è l’inverso. All’università – come detto –loro stessi stanno notando che le proprie competenze sono superiori a quelli degli altri. Loro si sanno relazionare e fanno attività di ricerca e di gruppo facilmente perché lo facevano tutti i giorni. Quello che viene fuori dai risultati universitari è che hanno conoscenze e competenze di base come gli altri ma anche che le loro competenze trasversali – il lavoro in team, il lavoro di ricerca, il sapersi relazionare con chiunque –sono superiori. Una delle cose che ha detto una nostra ragazza è che si sanno relazionare anche con chi sta loro antipatico. Noi puntiamo molto sulle relazioni. A settembre di ogni anno i ragazzi e le ragazze di prima e di seconda partono verso qualche viaggio di conoscenza: vanno un anno nei boschi dell’Umbia, un altro anno in mezzo ai lupi, in Appennino, o vanno in Cilento. Partono per quattro giorni, senza cellulare e senza tablet per attività ricreative. Quando tornano già a fine settembre si conoscono benissimo tra di loro e sanno relazionarsi. Puntiamo molto sulle relazioni con i professori e con i genitori. Una volta al mese ci riuniamo con tutti i ragazzi e i genitori per parlare di come va, una sorta di consiglio di consiglio di classe allargato. Specie il primo anno questa esperienza ci è servita molto per affinare il nostro progetto. Tutti i ragazzi discutono con noi su tutto”.

Le famiglie come hanno preso vostra sperimentazione?

“Le famiglie hanno reagito bene. Il primo anno hanno accettato tutti, l’anno successivo in prima abbiamo avuto qualche richiesta di cambio sezione. Però le titubanze che c’erano all’inizio rientravano subito: bastava vedere i ragazzi andare a scuola sereni ed era una mezza vittoria. Sia i ragazzi sia le famiglie sono generalmente soddisfatti del lavoro fatto”

Non c’è il rischio che alcuni studenti possano approfittare del clima sereno per non studiare?

“Sì. Questo rischio c’è stato e ci sono pure dei ragazzi che ci mettono un po’ prima di entrare nel meccanismo. Noi non li stressiamo né li massacriamo con voti bassi e quindi c’è qualcuno che si approfitta. Poi, piano piano, senza essere costretti, di norma tutto questo rientra”

Ma avete mai bocciato qualcuno in questi anni?

“Sì, qualcuno viene bocciato. Ci sono dei fallimenti pure in questa sezione. Perché non si impegnano, così come succede nel corso tradizionale. Ci sono gli irriducibili, che per quanto noi facciamo proposte alternative, non s’impegnano. E non impegnandosi a scuola e nemmeno a casa falliscono loro e in questo modo falliamo anche noi”.

In questa vostra avventura vi state facendo aiutare da esperti esterni?

“Qui al Morgagni abbiamo l’università La Sapienza che ci sta seguendo, con il professor Guido Benvenuto, docimologo, e il professor Stefano Livi che si occupa di psicologia dell’adolescenza e fa ricerche da noi sul benessere e su quanto i ragazzi siano competitivi o cooperativi. Ci studiano e ci danno una mano di aiuto. Abbiamo avuto Mariella Colosimo, pedagogista, che ci ha aiutati per quella parte fondamentale dell’osservazione senza giudizio dandoci degli strumenti. Altri ci hanno fornito strategie didattiche per lavorare bene con le classi e per fare lavori stimolanti in aula per i ragazzi. In genere che cosa succede? Succede che diamo gli stessi compiti a tutti. Ma che senso ha fare la stessa cosa con uno che non ha difficoltà ed è bravo e con uno che invece fa poco? Io stesso, quando do gli esercizi, da fare in classe o a casa, do la mia indicazione : trovatevi, ognuno ne fa in base al proprio livello. Chi sta arrancando e deve ingranare farà gli esercizi che servono per arrivare a un livello accettabile”

Senta, professor Enzo Arte, ma voi vi sentite un po’ vicini alla scuola della Finlandia?

“La nostra Sezione delle relazioni e della responsabilità è nota nel nostro quartiere come la Scuola finlandese. Alcuni spunti li abbiamo presi in effetti dalla Finlandia e fino all’arrivo del Covid sono spesso venuti qui da noi dei docenti finlandesi. Un giorno uno di questi mi ha detto: fate più di noi”.

Nella foto

Da sinistra, i cinque docenti protagonisti della Sezione sperimentale senza voti (Sezione delle relazioni e della responsabilità) del Liceo Morgagni di Roma: Valentina Durante di matematica e fisica, Stefania Rossi di scienze motorie, Enzo Arte, di matematica e fisica, Caterina Galione di inglese e Laura Comin di italiano latino e storia

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