35 ore a scuola per correggere compiti e progettare? “Sì, ma con spazi adeguati e non nei corridoi, buoni pasto e stipendio degno”. Le reazioni dai social

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Restare a scuola, 35 ore settimanali, non solo per svolgere lezioni, interrogazioni e compiti, ma anche per tutte le altre attività funzionali all’insegnamento, la correzione delle verifiche, la progettazione, partecipare ai collegi. Si tratta di una proposta per riconoscere il lavoro sommerso dei docenti che non piace a tutti ma che, nel caso dovesse essere presa in considerazione dovrà necessariamente avere un piano molto più strutturato.

La proposta è arrivata, come abbiamo riportato in precedenza, Antonio Curci, miglior docente del mondo 2021 secondo il Global Teacher Award,

La forza dei docenti passa da un’adeguata retribuzione e se il problema è il fatto che tanto del nostro lavoro resti invisibile, allora rendiamolo visibile, adeguiamoci a tutte le altre professioni”, ha detto il docente.

Le reazioni sui social, come dicevamo, non sono state molto entusiasmanti anche se in realtà diversi insegnanti si sono detti favorevoli a patto di rispettare alcune condizioni necessarie per lavorare a scuola 35 ore a settimana:

Ma io 35 ore a settimana dove sto, che già oggi che abbiamo i colloqui siamo accampati nelle classi a litigarci un banco?”, si chiede una lettrice. Ed ecco altri commenti a tal proposito: “Ovviamente ogni docente dovrebbe avere uno spazio adeguato in cui preparare lezioni e buoni pasto quotidiani, sommati a uno stipendio degno della trafila di studi necessaria per svolgere tale professione“; “per farci lavorare 35 ore a settimana devono costruire le strutture, una postazione per ogni docente dove poter lavorare in tranquillità. Noi a scuola non abbiamo neanche le aule sufficienti e nemmeno l’aula magna per riunirci! Guardiamo in faccia la realtà“; “Certo. Purché mi venga assegnato un ufficio attrezzato dove poter sistemare i miei libri, dove io possa usufruire di PC, stampante e rete Internet. Con spazio adeguato per garantirmi la stessa concentrazione che ho quando programmo e preparo la lezione a casa“;

C’è chi è decisamente contrario: “Tutti puntano allo smart working e noi l’unico lavoro “a distanza” lo dobbiamo fare a scuola ? Una cosa è riconoscere il lavoro fatto per preparare le lezioni, una è farsi del male!“; “proposta assurda e irricevibile. Mi sembra anche pleonastico sottolineare i motivi: trasformazione definitiva del docente in impiegato, mancanza di spazi adeguati negli edifici scolastici allo svolgimento delle attività funzionali individuali previste dal contratto, probabilissimo sforamento orario per le suddette attività individuali, impossibilità di conciliazione lavoro-famiglia, svilimento della figura dell’insegnante che rimarrebbe “a disposizione” per sette/otto ore al giorno e, ultimo ma non meno importante, totale inadeguatezza dello stipendio già attualmente, figuriamoci con il vincolo di rimanere tutto il giorno a scuola”.

C’è chi pensa propriamente alla fattibilità: “Allo Stato costerebbe un botto intervenire sull’edilizia scolastica per rendere gli istituti adatti ad accogliere gli insegnanti. Ci vorrebbero almeno uno studio ogni due colleghi, ad esempio, riscaldamento e luce in inverno, arredi consoni. Non conviene“.

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