Studentessa bocciata all’esame di recupero, fa ricorso: “poco tempo a disposizione e correzione da parte di un altro docente”. Cosa hanno detto i giudici

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Il ricorrente impugnava i risultati di fine anno, più gli atti conseguenti con i quali si determinava la non ammissione alla classe terza. Si pronuncia il TAR per la Toscana con sentenza n 01392/22 del 29/11/22 di cui riportiamo i punti più in salenti, in una materia che vede gli orientamenti sempre più consolidati e dove si affrontano questioni però con specificità interessanti.

Le prove degli esami di riparazione possono essere corrette anche da un docente non titolare
Il giudice rileva nel caso in commento che alcune prove siano state corrette da docente diverso da titolare della disciplina è dovuto al fatto che il docente titolare nel corso dell’anno ha cessato il rapporto con la scuola per pensionamento. Il fatto che allo svolgimento di alcune prove scritte abbiano partecipato docenti non facenti parte del Consiglio di classe può, al più, concretare una mera irregolarità non avendo la circostanza alcuna influenza determinante sul contenuto dei compiti e sulla successiva loro valutazione.

Far ripetere l’anno non ha intento punitivo ma può essere una situazione proficua per lo studente
Non sussiste alcuna carenza di motivazione del giudizio di non ammissione in relazione alla asserita relazione fra le insufficienze conseguite dall’alunna e le difficoltà di apprendimento certificate. Così i giudici in merito alle contestazioni di parte ricorrente, sostenendo, nel caso in questione che il Consiglio di Classe ha infatti basato il proprio convincimento su elementi puntuali quali: a) il fatto che due insufficienze su tre siano rimaste gravi anche dopo lo svolgimento delle prove di recupero a settembre; b) la discontinuità con cui la alunna ha frequentato i corsi di recupero offerti dall’Istituto; c) la valutazione per cui per la alunna, proprio in considerazione della sua situazione specifica, sia più proficua la ripetizione della terza classe al fine di sviluppare gli apprendimenti e consolidare le competenze non adeguatamente assimilate.

La mancata verbalizzazione delle misure compensative è solo una formalità
La mancata verbalizzazione della messa a disposizione delle misure compensative e dispensative previste dal piano formativo è rilevo di mera forma che non inficia le prove di recupero alla luce delle risultanze della istruttoria disposta dal Collegio dalla quale è emerso che le predette misure sono state nei fatti adottate.

Non c’è alcun automatismo tra insufficienze e inadeguatezza misure compensative
Non sussiste inoltre l’asserito mancato monitoraggio della efficacia delle misure compensative e dispensative svolte nel corso dell’anno. Non può infatti istituirsi alcun automatismo causale fra reiterato conseguimento di insufficienze e asserita inadeguatezza delle misure previste, fermo restando che l’alunna e i suoi genitori ben avrebbero potuto chiedere (qualora ne avessero avvertito la necessità) una implementazione del piano formativo.

I tempi di svolgimento di una prova non sono censurabili
Anche la censura che fa leva sulla esiguità del tempo di correzione delle prove non ha pregio atteso che, secondo una pacifica giurisprudenza, i tempi impiegati per la correzione degli elaborati di un concorso pubblico – ma lo stesso vale per gli scrutini scolastici – non sono sindacabili, a meno che non siano stati appositamente predeterminati i termini medi da dedicare a ciascun candidato.

Il mancato adempimento degli obblighi formativi non inficia la bocciatura
La censura afferente la mancata organizzazione di corsi di recupero estivi risulta essere smentita dai documenti prodotti dalla Amministrazione, ferma restando l’orientamento, più volte ribadito da questo Tribunale, secondo cui l’asserito inadempimento degli obblighi formativi non può costituire motivo di illegittimità dei risultati del giudizio di ammissione alla classe successiva. Questione sulla quale oramai la giurisprudenza pare essere consolidata.

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