Docenti, il 96% è soddisfatto del proprio lavoro nonostante gli stipendi bassi, i tanti anni di precariato e il prestigio sociale perduto. I DATI

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Anche se gli stipendi non sono elevati, l’alto tasso di precarietà e il prestigio sociale non più riconosciuto, gli insegnanti italiani sembrano essere comunque soddisfatti del proprio lavoro.

Si tratta di una fotografia dell’indagine TALIS del 2018, riportata dal volume edito Giunti presentato nei giorni scorsi dal titolo “I numeri da cambiare”, che fornisce una quadro interessante in merito alla soddisfazione complessiva degli insegnanti.

Gli insegnanti italiani: soddisfatti nonostante tutto

In base a tale indagine, solo il 12% è convinto del prestigio sociale della propria professione (media OECD 26%) e appena il 21% è soddisfatto della propria retribuzione (contro il media OECD 39%).

Nonostante ciò, ben il 96% di loro si ritiene nell’insieme soddisfatto o molto soddisfatto del proprio lavoro (media OECD 90%). 

Bisogna premettere che l’indagine si riferisce ad un contesto di alcuni anni fa e che dunque contiene certamente aspetti che magari non sono più così marcati oppure hanno già avviato un processo di evoluzione.

Bisogna altresì riconoscere però, come questi dati evidenzino l’apparente contraddizione: malgrado un elevato livello di precarietà e un insieme di condizioni sociali non favorevoli (prestigio, salario, contratto), gli insegnanti italiani sono nel complesso soddisfatti del loro lavoro e molti di loro, se dovessero scegliere, tornerebbero a svolgerlo.

Il salario invisibile

Quali sono i motivi di tale soddisfazione professionale? Secondo l’indagine riportata dal volume c’è da considerare prima di tutto il costrutto del salario invisibile, cioè quell’insieme di elementi di contesto che, nonostante tutto, rendono appetibile la condizione docente.

Nel salario invisibile rientrerebbero fattori come la sostanziale certezza dell’impiego, l’assenza di una reale valutazione delle prestazioni, la forte autonomia professionale, la possibilità di una mobilità a domanda pressoché illimitata, la debole competizione sul posto di lavoro e non ultimo l’orario di servizio, che impegna di regola solo metà giornata, offrendo la possibilità di conciliare impegni di tipo familiare.

Mobilità illimitata? Non proprio…

Da questa descrizione è doveroso fare un passo fuori dalla fotografia Talis del 2018 e “aggiornare” il contesto. Prima di tutto, l’analisi parla di vantaggi come la mobilità a domanda pressoché illimitata.

In realtà sappiamo che, se da un lato è vero che non sussistono grossi problemi per chiedere domanda di trasferimento e ottenerlo, dall’altro bisogna riconoscere che, proprio i vincoli di mobilità inseriti dopo il 2018, hanno invece modificato la situazione: se consideriamo i dati sui trasferimenti dello scorso anno, sono state presentate quasi 90 mila domande ma ad essere accolte sono state poco meno di 50 mila istanze, il che significa che c’è una buona fetta di insegnanti che non ottengono facilmente il movimento. E in più tutti quelli che nemmeno hanno prodotto domanda proprio perchè sottoposti a blocchi di permanenza.

Orario di servizio, dov’è tutto il lavoro sommerso?

C’è poi la questione dell’orario di servizio, riportata dall’indagine fra i punti di maggior vantaggio per gli insegnanti. Se in linea generale l’orario effettivo del docente è quello indicato, 25 ore per settimana per gli insegnanti della scuola dell’infanzia, 22 ore per la scuola primaria più due ore di programmazione, 18 ore nella secondaria di primo e secondo grado, è anche vero che invece uno dei problemi più importante è quello del lavoro sommerso: i compiti da correggere, le lezioni da preparare e tutti gli adempimenti che si aggiungono anche a riunioni e incontri periodici. Insomma, la realtà è un po’ diversa da come si descrive. Piuttosto, non si può generalizzare né in verso ma nemmeno in un altro.

Però i giovani non vogliono diventare insegnanti: manca la carriera

C’è però un’altra prospettiva che il volume riporta ed è quella dell’indagine OCSE che mostra invece come i giovani, già dall’adolescenza, non sembrino essere molto interessati a percorrere la strada dell’insegnamento: tra gli studenti quindicenni in Italia solo 1,1 su 100 dichiara di voler diventare insegnante, rispetto a una media OCSE di 4,8. 

Ma non è solo il mancato prestigio sociale della professione che allontanerebbe i giovani dalla prospettiva di diventare docente. Lo scarso appeal sarebbe dovuto anche alla mancata possibilità di carriera, dovuta all’assenza di meccanismi di valutazione.

Infatti, mentre nella maggior parte del mondo del lavoro l’aspetto carriera e aumenti progressivi di mansioni e retribuzione rappresenta un fattore determinante, nella scuola tale meccanismo non è presente e dunque non andrebbe ad incentivare la scelta di un percorso del genere.

La conferma arriva infatti dal fatto che gli insegnanti italiani dopo 35 anni di servizio guadagnano poco meno del doppio rispetto allo stipendio di inizio carriera, in base a quanto emerge dal rapporto di Eurydice sugli stipendi e le indennità degli insegnanti e dei capi di istituto in Europa, Teachers’ and School Heads’ Salaries and Allowances in Europe, 2020/2021.

Sulla questione carriera bisogna però inquadrare in modo completo e aggiornato la questione. Si è proprio avviato un tentativo di introdurre un percorso di carriera per gli insegnanti, tramite la riforma del Pnrr presente all’interno della legge 79/22.

La riforma Bianchi e il docente stabilmente incentivato

La riforma del reclutamento e formazione dei docenti avvenuta sotto la guida dell’ex Ministro Patrizio Bianchi, ha infatti introdotto la figura del docente stabilmente incentivato (prima denominato docente esperto).

Il testo della legge prevede come i docenti di ruolo che abbiano conseguito una valutazione positiva nel superamento di tre percorsi formativi consecutivi e non sovrapponibili di cui al comma 1, nel limite del contingente previsto, possono essere stabilmente incentivati, nell’ambito di un sistema di progressione di carriera che a regime sarà precisato in sede di contrattazione collettiva, maturando il diritto ad un assegno annuale ad personam di importo pari a 5.650 euro che si somma al trattamento stipendiale in godimento.

Dunque in tal senso, con il docente stabilmente incentivato, si può ipotizzare un tentativo di costruire una carriera per gli insegnanti.

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