“Noi docenti del Sud o emigri o resti precario, non è una scelta libera. Stipendi differenziati per incentivare l’emigrazione”. I social si scatenano

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Lontano da casa e dalla famiglia, a 1.500 chilometri per insegnare: i social si dividono sulla storia del giovane insegnante che va a Nord per fare “gavetta”, prendere supplenze e punteggio. Tutto normale, secondo alcuni, “io sono emigrata a 14mila chilometri. Nulla di straordinario, lo abbiamo fatto tutti”. “Perché bisogna per forza soffrire? Siete masochisti”.

Gara sui social a chi è emigrato più lontano da casa per diventare insegnante e ha fatto la “gavetta” più lunga, con tratti di fastidio per notizie che mettono in evidenza questa tipologia di fenomeni. Tutto normale, perché farne una notizia?

Ed effettivamente ad un certo punto viene il dubbio, a leggere commenti, se una persona che deve spostarsi di migliaia di chilometri per un posto di lavoro sia da considerarsi normale oppure no, se può o meno diventare una notizia da divulgare e aprire un dibattito. Magari potrebbe venire il dubbio che tanto giusto non lo sia.

Non ci sono dubbi per molti dei nostri utenti che le cose stanno così e che non c’è motivo di parlare di una ragazzo di 23 anni che lascia famiglia e fidanzata e da Eboli (dove Cristo un tempo si è fermato e del quale non si ha più avuto notizia) va in Padania per fare supplenze. Che poi generalmente, per non dire in modo esclusivo, il tragitto è sempre da Sud a Nord. Quelle rare volte che il percorso è inverso, lì sì che vale la pena raccontare magari, un putiferio. Sia mai.

Stefano la mette sull’ironico “2003 – 2018: ben 15 anni a 1100 km lontano da casa…e mai nessuno mi ha dedicato un articolo su Orizzonte Scuola!” Contattaci.

Un omonimo Stefano, la mette, invece, sull’età. Rispetto al protagonista della nostra storia lui era più giovane, ”ne avevo 21, da Salerno a Bergamo.… ma oggi mi ritrovo con tanti anni di servizio”.

GianniAncora con queste storie!!!!! E bastaaaa!!! Tutti i docenti hanno fatto questi sacrifici!

Per Giuseppe sono “stupidaggini” e chiede che non si raccontino più queste storie. E raccoglie anche 4 like.

Melissa, però, non è d’accordo “Bene che se ne parli!! Perché nascondere la verità!? Oppure perché sminuirla?! Sono sacrifici fatti da tanti docenti sia nel passato che nel presente.

Marco fa un calcolo davvero preciso della sua emigrazione, da Agrigento a Verona: 1457 km. E ricorda che “la vita è fatta di sacrifici, le nuove esperienze aiutano a crescere, chi si allontana da casa e ha paura di darsi da fare è meglio che rimane in mezzo alle gambe della mamma, saluti e baci

C’è poi chi racconta storie di emigrazione non in verticale (da Sud a Nord) ma in orizzontale. Ad esempio Michele che racconta la sua odissea da venticinquenne, quando nel lontano 2013 fu costretto a spostarsi dal Friuli Venezia Giulia al Veneto e Lombardia. E rivolge “Un abbraccio a tutti quelli che hanno iniziato in questo modo.”

Salvatore la mette sullo scherzo e denuncia la necessità di fare “3km per andare al bar a bere, lontano dalla famiglia, lontano da tutti, questo e sacrificio”, andiamo avanti.

A George viene un dubbio, non indifferente, “Non capisco perché per crescere uno per forza deve soffrire.… visione masochista della vita…. sarà ricompensato alla alla prossima vita…in questo c’è qualcosa che non va… vedo un’organizzazione in liquidazione..… delle cose pubbliche..…

Ad un certo punto, però, il dibattito muta e Lo Scalatore Etna ricorda come al tempo della Buona scuola, il famoso algoritmo sparpagliò docenti per tutta Italia e “tante famiglie si sono sgretolate”. Sì, perché emigrare ha delle conseguenze, a volte irreparabili.

E Maria fa notare che le direttrici dei sacrifici sono sì in tutte le direzioni, ma in modo massivo da Sud verso Nord: “Questo articolo dimostra, che noi del Sud siamo costretti ad emigrare per un lavoro. Chi è rimasto al sud – aggiunge – ha dovuto rassegnarsi a lavoro instabile e saltuario che non ti garantisce una vita serena”. Definendo le condizioni di precariato in cui spesso i docenti del Sud si trovano come inaccettabili.

Goryjoe Gory Blister, nickname probabilmente di fantasia, dà ragione a Maria, “Esatto, questo è il vero problema da risolvere! È vergognoso tentare di giustificare questa situazione e addirittura ratificarla con stipendi differenziati.

Ecco, la questione stipendi differenziati come si lega alle direttrici emigratorie? In realtà a svelarne il nesso è stato un sindacalista di una associazione di dirigenti durante una trasmissione radio, che vedeva nell’adeguamento degli stipendi al costo della vita la possibilità di incentivare lo spostamento professionale da Sud a Nord per coprire le cattedre vuote. Perché, ricordiamolo, a Nord effettivamente c’è una emergenza cattedre. Parliamo di quasi 100mila posti vuoti coperti con supplenze.

Insomma, non basta più il miraggio di un posto libero per trasferire un docente del Sud a Nord, se non riesce a provvedere al suo sostentamento, sarà necessario incentivarlo economicamente.

Altra questione sulla quale gli utenti si sono confrontati è quella della libertà di scelta. Perché, se è vero che da un lato molti affermano che l’emigrazione è frutto di una scelta dell’individuo, dall’altro Natascia fa notare che “se non si riesce a trovare un lavoro nella propria regione si è praticamente costretti ad andare altrove. Non è esattamente una scelta libera.

Martina allarga il problema evidenziando come negli anni l’emigrazione non ha riguardato più soltanto il lavoro, ma anche lo studio. “esistono le università in Calabria ma tutti scelgono Bologna o Pisa. Non bisogna poi meravigliarsi se si va a nord per lavorare”.

E c’è forse anche un’altra questione da evidenziare, come la questione “gavetta” intesa da molti utenti commentatori quale sorta di momento di passaggio, sacrificio che ti porta ad emigrare per poi tornare a casa, non sia una cosa ormai più praticabile in modo sistematico. Anzi, la tendenza è restare a Nord!

Luciano prova, in definitiva, a tagliare la testa al toro, chiedendo la costruzione di una “scuola vicino casa dell’insegnante”, per evitare che sia costretto ad andare a 1.400 chilometri lontano da casa. Post ironico, evidente, ma sfugge a Patrizia e lo prende sul serio “Se non ci sono bambini che scuole costruisci? Gli insegnanti possono insegnare solo se ci sono bambini che vanno a scuola.”

Già!

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