“Troppi compiti, ragazzi stremati. Questa scuola crea ansia”. Querela alla mamma Emma? “Andate oltre le barriere, siate empatici”. INTERVISTA alla prof Giorgia

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La professoressa Giorgia mette le mani avanti e dice di prendere le distanze dai toni e dalle parole usate dalla mamma diPalermo, Emma Guiducci, che in un video aveva apostrofato la categoria degli insegnanti, colpevoli, secondo un suo sfogo in diretta per il quale si è poi prontamente scusata in una nostra lunga intervistasul piano della forma e degli insulti. Ma alla domanda di quella mamma, che si chiedeva se fosse normale che suo figlio di 7 anni, che si sveglia alle 6 e mezza per andare a scuola e che nel pomeriggio debba ancora restare incollato alla sedia, a casa, per fare i compiti, la professoressa Giorgia spiega in un video, che in poche ore ha raccolto quasi due milioni di visualizzazioni, che “non è normale.”

“Non è normale”, chiarisce al suo pubblico Giorgia Chiugi, 29 anni, di Frosinone, una laurea con la lode, una carriera brillante e già allieva di Luca Serianni negli anni della Sapienza, insegnante di Italiano e altre materie delle classi di concorso A022, A012, A054, attiva nei doposcuola della città, un osservatorio privilegiato in tema di compiti e consegne con cui devono fare i conti tanti studenti della zona.

La scuola – prosegue nel video – sta diventando tossica e opprimente, sta cercando diventare il cardine attorno al quale far ruotare la vita degli studenti”. E ancora, “la vita è fatta “di vita”, di momenti da vivere non sui libri ogni ora e ogni minuto. Ma vivere insieme ai compagni, nelle piazze e in palestra. Stiamo togliendo loro ogni libertà e passione, in nome di una cultura e dell’istruzione? Ma quale cultura può essere bene accetta se imposta in questi termini? Quale amore pretendiamo che nasca nel cuore degli alunni? Amore per l’istruzione? O distruzione totale verso quest’ultima? Vedo troppi alunni che vivono male l’esperienza scolastica e non è giusto, perché è una parte di vita importantissima”. La professoressa, che già altre volte aveva affrontato in video il tema dei compiti, nella sua attività di content creator sulle piattaforme Instagram e Tik Tok, conclude: “I ragazzi non sono contenitori da riempire e macchine che devono eseguire, ad orario quasi continuato. Si svegliano presto al mattino, alle 8 entrano a scuola ed escono alle 3 e si ritrovano di nuovo a studiare. Gliela facciamo vivere questa vita?”.

Professoressa Giorgia Chiugi, come ha fatto a sapere del video della signora di Palermo?

“Non sapevo della portata del video della signora Emma, è stata una cosa spontanea fare un mio video per commentarlo e l’ho pubblicato. E’ un argomento che tratto sui social. Sono una content creator, i temi che tratto sono spesso sono collegati alla scuola e alla cultura. In genere sono video ironici con tematiche culturali, io li rendo più giovanili e alla portata dei giovani, anche facendo ricorso a delle musichette che vanno di moda. Mi rendo spesso portavoce di malesseri che ci sono all’interno alla scuola. Uno di questi malesseri è indotto dai compiti che vengono assegnati per casa ai ragazzi. Quella dei compiti è dunque una delle tematiche che tratto da tempo. Io non lo avevo visto tutto. Sono rimasto colpita dal pianto del bambino e dalla domanda di Emma se fosse normale svegliarsi alle 6 del mattino e ritrovarsi al pomeriggio ancora con vari compiti da fare, dopo la scuola. Non avevo visto la parte relativa all’invettiva e alla parola schifo usata dalla signora, dalla quale prendo le distanze. Ho detto pure a Emma che prendevo le distanze, e tuttavia la problematica esiste in molte realtà scolastiche”.

In tutti gli ordini e gradi della scuola?

“A tutti i livelli. Ho insegnato nelle scuole medie e superiori e ho una madre che insegna nella scuola primaria. Le proteste arrivano anche all’università. E’ un sistema che andrebbe rivisto”.

La mamma è una che dà compiti in eccesso?

“No, tutt’altro. Ha tantissimi anni di servizio, ora ha 56 anni, lei condivide pienamente quello che io sostengo”.

E lei, a sua volta, non assegna dei compiti per casa?

“Assegno dei compitini per rinforzare quello che è stato fatto a scuola. Per consolidare. Invece spesso e volentieri vengono dati tanti compiti e si chiede agli alunni di andare avanti con il programma magari anche su parti che non sono state spiegate. Lavorando nei doposcuola, vivo la situazione a 360 gradi. Un giorno una ragazzina doveva fare tante materie per il giorno dopo. Un’insegnante che ha più di una disciplina le aveva lasciato dei compiti per ciascuna di queste sue materie. Ma così diventa un incubo per i ragazzi. Si cerca di fare delle corse con il programma e non si pensa minimamente al fatto che non si stia suscitando amore e interesse per quel che si sta facendo? Ormai i ragazzi sono macchine che eseguono. Sono dei contenitori da riempire. Tutto è basato sul risultato finale che è il voto, e sulla conclusione del programma. Io penso invece che i bambini non debbano essere riempiti come dei vasi ma che vadano semmai stimolati. Essendo molto giovane ricordo molto bene quello che c’era dall’altra parte della cattedra. Fortunatamente ho avuto una scuola molto positiva, una scuola serena che ho frequentato e vissuto in pace fino all’università, stimolata positivamente dai professori. Io non ho mai avuto insegnanti che ci riempivano di compiti. E dire che i docenti che avevo non erano neanche giovani ma avevano un ideale sano di scuola. Dosati nella maniera corretta i compiti andavano bene. Avevo docenti che erano alla soglia del pensionamento, quindi quasi 65enni, in giacca e cravatta, che non ci hanno mai provocato problemi di questo genere anche se in genere si pensa che il problema dei compiti sia legato a persone di una volta, severe. E invece no, studiavamo con piacere e non avevamo un perenne fiato sul collo. Invece le modalità opprimenti fanno vivere la cultura con claustrofobia, tant’è vero che molti purtroppo non vedono l’ora di scappare e di mollare i libri. Troppi alunni vivono male la scuola ed è un peccato”.

Quale indirizzo di scuola superiore ha frequentato?

“Il liceo linguistico”

E con quale voto si è poi laureata lei, che non aveva tanti compiti da svolgere a casa?

“Mi sono laureata con 110 e lode in Lettere e filologia moderna. Tornando ai tempi della scuola, io uscivo all’una, mangiavo, poi dedicavo due ore allo studio. Ma alle 16.30 avevo tutto il tempo da investire nelle mie passioni, con i miei amici, con la mia famiglia. Ora non è più così, lo vedo nel doposcuola. Vi arrivano ragazzi già stremati che entrano presto e escono tardi da scuola e in più hanno tanti compiti da svolgere. Con il risultato che arrivano a ridosso della cena che devono continuare anche dopo mangiato”

I ragazzi cosa dicono al doposcuola?

“Si lamentano in presenza ma basterebbero i commenti ai miei video dedicati ai temi scolastici su Tik Tok o su Instagram: dicono che questa scuola crea ansia e tensione, quello che cerco di evitare quando parlo con i miei alunni”.

Lei non assegna compiti ai suoi alunni?

“Generalmente faccio lavorare gli studenti in classe, rendendo produttive al massimo le lezioni. Spiego un argomento, faccio fare degli esercizi su quell’argomento. Lascio loro del tempo. Loro sanno che devono fare gli esercizi altrimenti dovranno poi svolgerli a casa, dunque sono stimolati a farli invece di stare con la testa da un’altra parte – come spesso succede – dunque sono attivi. Ad esempio, se in classe stiamo studiando l’avverbio e mi avanzano due o tre argomenti, lascio delle consegne per un ulteriore consolidamento, ma non di più, non ne sento la necessità. In sostanza utilizzo la scuola come scuola e come doposcuola. Se hanno dei dubbi li espongono a me e non ai genitori, evitando in questo modo che i genitori si debbano sostituire nei compiti. Chi può, meglio di una docente, sciogliere un dubbio?”

In genere si risponde che una volta era normale e che non si è mai lamentato nessuno dei compiti a casa.

“I tempi cambiano, nella società ci sono dei cambiamenti, i tempi si evolvono Ad ogni modo sfido chiunque a dire che usciti da scuola c’erano tanti compiti”.

Le posso assicurare che ai miei tempi se ne davano, me ne davano…

“Da me si davano dei compiti ma il giusto, non in eccesso, e io rendevo ugualmente a scuola sul piano del profitto, tant’è vero che non ho mai avuto nessuna difficoltà a scuola. Ho avuto il professor Luca Serianni negli anni della Sapienza, ho fatto esami con lui. Il complimento che mi veniva sempre dato era proprio sulla mia capacità di ragionamento e sulla mia intelligenza che andava oltre l’imparare a memoria determinati concetti. E questo è il frutto di quello che avevo fatto a scuola e dell’avere avuto, in quegli anni, dei docenti che puntavano sulla qualità e non sulla quantità”.

Magari lei è un caso particolare

“Non sono un caso particolare, qualcuno tra i miei compagni certo non studiava. Ma gli altri avevano un buon profitto. Comunque, tornando a questi ragazzi, consideriamo che escono dalla pandemia, diamo loro la possibilità di vedere il mondo e non solo la scuola”

Lei si è dissociata nettamente dal video della mamma che ha imprecato contro gli insegnanti, che poi si è scusata, non ha apprezzato come insegnante le parole da lei usate per protestare contro i compiti e ci chiede di rimarcarlo qui. Ora però alcuni docenti vogliono querelare quella donna, nonostante abbia spiegato più volte e anche in una nostra intervista quale fosse la vera motivazione del suo intervento. Che cosa ne pensa?

“Sì, mi sono dissociata perché non si parla così a degli insegnanti. Tuttavia questi docenti, che nonostante le scuse della signora e le spiegazioni che ha fornito dicono di voler procedere, non sono stati evidentemente in grado di andare oltre la forma e ci fanno capire quanta poca empatia ci sia talvolta in questa categoria, che si mette poco in discussione. Essere insegnanti significa andare oltre le barriere. Se ho un ragazzo con reazioni violente, la prima cosa che faccio è cercare di capire qual sia la problematica prima di incriminare questa persona e inchiodarla a un pregiudizio. La stessa cosa l’ho fatta io stessa con la signora Emma: non mi sono fermata alla parola schifo, che non avrebbe dovuto usare, sono invece andata oltre e ho cercato di capire quale fosse il problema che stava alla base di quella reazione. Faccio parte della categoria colpita da quelle invettive ma invece di sentirmi offesa ho compreso di non far parte di quella casistica, cioè mi sono messa in automatico tra quelli che si salvano, come li ha definiti lei, perché ritengo di non opprimere i miei alunni. Chi invece non é riuscito a fare questa cosa è magari uno di quei professori che riempie i propri alunni di compiti e pretende e basta. Nel mio doposcuola ho una ragazza di quarta superiore e il professore di storia gli ha appena anticipato che per le vacanze estive le darà un libro da studiare su argomenti che non spiegherà prima e la ragazza è disperata, perché durante l’estate deve lavorare oltre che riposarsi e svagarsi lavorare”.

Dal suo osservatorio, quali sono secondo lei le discipline più ostiche per gli alunni?

“In genere sono affranti per la storia. La storia viene spesso trasmessa come un insieme di date da memorizzare. Parlando in generale secondo me si danno per scontate delle conoscenze che in realtà non sono state acquisite. Come insegnante, alle medie, a livello di lessico quando mi trovo a leggere una frase chiedo sempre avete capito la frase? E loro dicono di no. Allora ti devi rimboccare le mani e sviscerarle dalle fondamenta, così li abitui a cercare le parole. Tempo fa non sapevano cosa significasse la parola pontificato. Non bisogna mai dare per scontate certe cose, altrimenti si va avanti con il programma puntando sulla forma e non sul contenuto. Invece loro vanno come un treno. Dopo continueranno a studiare in maniera automatica e mnemonica e poi succcede che quando all’università si chiede una visione piu critica, a quel punto tutto diventa più difficile. Quando ero piccola ho sempre svolto da sola i compiti che sono stati assegnati sempre nella giusta quantità e complessità. Delle volte vedo nel doposcuola che a scuola media danno compiti ad esempio di religione con delle domande esistenziali che sono al limite della filosofia, molto complicate”.

Vuole porgere un consiglio agli insegnanti?

“Li invito a coltivare l’empatia, la capacità di mettersi nei panni dell’altro e di andare oltre la patina che può rivestire il contenuto. E soprattutto consiglierei di farsi sempre delle domande. Se una persona arriva ad avere uno sfogo di quel tipo, specie se ci sono persone che parlano di compiti opprimenti, sarebbe il caso di fare un bagno di umiltà e farsi delle domande”.

Il suo video ha avuto molte visualizzazioni. Quante, per l’esattezza?

“Un milione e seicentomila in pochi giorni. In genere i miei video raccolgono anche 5 milioni di visualizzazioni”.

Che età ha il suo pubblico?

“L’età oscilla dai 16 anni fino a età adulta, circa 30 anni. E’ gente che sta studiando e ci sono molti docenti che si stanno inserendo nel mondo del lavoro. Le piattaforme sono e Instagram e Tik Tok, dove ho 463 mila followers con 21 milioni di mi piace totalizzati finora”.

Come sono stati i commenti al video sui compiti?

“Il 99 per cento dei commenti è stato a favore di quella mamma, mentre una piccola percentuale di commentatori ha scritto che gli alunni non sono abituati al sacrificio e all’organizzazione. Ma il punto è che le materie sono quelle e pure i giorni sono quelli. Se organizzarsi significa rinunciare alla vita privata e sociale, alla noia, alla lettura, alla musica, alle arti, alle passioni, non va bene. Ho visto dei ragazzi che hanno dovuto abbandonare le loro passioni per la scuola. Così facendo non si insegna la responsabilità ma l’oppressione, lo stare al ritmo con i tempi dettati dai professori”.

Cosa l’ha spinta a svolgere l’attività di content creator, in aggiunta all’insegnamento?

“Mi piace stare al passo con i tempi e mi è piaciuta l’idea di coniugare il mio essere insegnante con la passione per la cultura e la comunicazione. Mi sono chiesta: perché non trattare le prolematiche scolastiche? In un mio recente video su Dante e la Commedia, dove utilizzo uno scambio di battute dei protagonisti di Mare fuori, riadattando la scena di Caronte e Virgilio, ho ricevuto 70 mila like e 400 mila visualizzazioni”.

Perché, secondo lei, giovani e giovanissimi si fermano a vedere i suoi video sulla Divina Commedia?

“Perché riescono a riconoscere la cultura nel quotidiano. Non è che io spieghi, do dei concetti chiave, e l’idea che 70 mila persone abbiano capito la battuta di Caronte mi fa capire che sono riuscita a mettere loro una pulce nell’orecchio”.

Lei ha 29 anni e insegna da tre. Che cosa vuol fare da grande?

“Io sto benissimo così. Amo fare l’insegnante, spero di passare presto di ruolo. E amo fare la content creator. Queste due attività riescono a riassumere le due parti della mia persona: sono dedita alla cultura e allo studio, a cui ho dedicato tanto tempo della mia vita, e dall’altra parte mi piace dare voce all’ironia e alla voglia di stare al passo con i tempi. In questo modo, peraltro, si riesce a eliminare il gap generazionale che c’è tra noi e gli alunni”.

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