Il lavoro minorile non risparmia nemmeno l’Italia. Indagine Save The Children

WhatsApp
Telegram

Il lavoro minorile è una realtà diffusa e globale che non risparmia nemmeno l’Italia. Secondo una recente indagine condotta da Save the Children, si stima che nel nostro paese 336mila minorenni tra i 7 e i 15 anni abbiano avuto esperienze di lavoro continuative, saltuarie o occasionali.

Tra i 14-15enni che dichiarano di svolgere o aver svolto un’attività lavorativa, un gruppo consistente (27,8%) svolge lavori particolarmente dannosi per i percorsi educativi e per il benessere psicofisico. I settori prevalentemente interessati dal fenomeno del lavoro minorile sono la ristorazione e la vendita al dettaglio, ma emergono anche nuove forme di lavoro online come la realizzazione di contenuti per social o videogiochi.

Il lavoro minorile ha pesanti conseguenze sui percorsi educativi e di crescita dei giovani. La quota di giovani “dispersi”, ovvero che escono dal sistema di istruzione e formazione senza aver conseguito un diploma o una qualifica, è maggiore tra coloro che hanno lavorato prima dell’età legale consentita. Inoltre, il lavoro minorile può influenzare la condizione futura dei giovani “NEET”, alimentando la trasmissione intergenerazionale della povertà e dell’esclusione sociale.

Save the Children ha condotto un’indagine per definire i contorni del fenomeno del lavoro minorile in Italia e per elaborare misure e interventi efficaci per combattere questa realtà. L’indagine ha messo in luce un forte legame tra esperienze lavorative troppo precoci e coinvolgimento nel circuito penale. I dati della ricerca verranno messi a disposizione sul nuovo datahub di Save the Children, un portale che mira a monitorare le disuguaglianze, mappare i territori a rischio e costruire una conoscenza condivisa del mondo dell’infanzia e dell’adolescenza.

La lotta contro il lavoro minorile deve essere una priorità a livello globale, nonostante la maggior parte degli Stati abbia ratificato la Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza e la Convenzione dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro. La crisi economica e l’aumento della povertà in Italia rischiano di far aumentare il numero di minori costretti a lavorare prima del tempo, spingendone molti verso forme di sfruttamento più intense.

I risultati hanno mostrato che la maggioranza dei minori che hanno dichiarato di aver lavorato sono iniziati dopo i 13 anni. Circa due terzi dei minorenni che hanno lavorato sono di genere maschile e il 5,7% ha un background migratorio. I motivi principali per cui i minori lavorano sono l’avere soldi per sé, l’aiutare i genitori e il piacere di lavorare.

La ricerca ha anche evidenziato che il livello di istruzione dei genitori, in particolare della madre, è significativamente associato al lavoro minorile. La percentuale di genitori senza alcun titolo di studio o con la licenza elementare o media è significativamente più alta tra gli adolescenti che hanno avuto esperienze di lavoro, un dato che fa riflettere sulla trasmissione intergenerazionale della povertà e dell’esclusione.

In parallelo alla ricerca quantitativa, sono stati condotti anche approfondimenti di tipo qualitativo tramite focus group e ricerca tra pari. Questi hanno evidenziato la preoccupazione per la dispersione scolastica e la necessità di dotarsi di un sistema di monitoraggio per tracciare i percorsi di giovani che sono usciti dal sistema scolastico.

Le storie raccolte da adolescenti coinvolti nella ricerca tra pari testimoniano la grande eterogeneità delle situazioni legate al lavoro minorile. Molti racconti parlano di minori che combinano la scuola con il lavoro, mentre in altri casi è il lavoro ad avere la meglio sui percorsi scolastici e formativi. Questi ultimi spesso sono segnati da insuccessi, senso di estraneità, sfiducia e abbandono, soprattutto nei territori segnati da grave deprivazione.

In conclusione, la ricerca ha fornito una preziosa fotografia del fenomeno del lavoro minorile in Italia, evidenziando la necessità di mettere in atto interventi per prevenire e contrastare questa realtà, soprattutto in relazione alla dispersione scolastica.

WhatsApp
Telegram

Abilitazione docenti 60, 30 e 36 CFU. Decreti pubblicati, come si accede? Webinar informativo Eurosofia venerdì 26 aprile