Galimberti: “Il linguaggio si è impoverito. Un ginnasiale nel 1976 conosceva 1600 parole, oggi non più di 500. la scuola è il luogo dove riattivare il pensiero”

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Di nuovo virali sui social le dichiarazioni, rese note nel 2020 al Giornale di Sicilia, da parte del filosofo Umberto Galimberti. Le sue parole ritornano attuali alla luce del dibattito sull’utilizzo di ChatGpt a scuola. 

“Esorterei i professori a usare meno il computer. A che serve? Gli studenti, nativi digitali, ne sanno più di chi dovrebbe insegnare loro l’informatica. Ai ragazzi internet fornisce, dopo anni di guerra al nozionismo, un’infinità di informazioni slegate tra loro, ma non regala senso critico, connessione dei dati e, quindi, conoscenza. I maestri hanno il compito di sviluppare il senso critico e mettere in connessione i dati”, ha spiegato Galimberti.

“Questi ragazzi bisogna educarli al sentimento per evitare l’analfabetismo emotivo: la base emotiva è fondamentale per distinguere tra bene e male, tra cosa è grave e cosa non lo è. E bisogna farli parlare in classe. Il linguaggio si è impoverito. Si stima che un ginnasiale, nel 1976, conoscesse 1600 parole, oggi non più di 500. Numeri che si legano alla diminuzione del pensiero, perché non si può pensare al di là delle parole che conosciamo. E la scuola è il luogo dove riattivare il pensiero”, conclude il filosofo, celebre per le graffianti interpretazioni della realtà scolastica.

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