I genitori criticano l’operato di un docente inviando una lettera al dirigente: non è reato. La sentenza della Corte di Cassazione [PDF]

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La critica da parte dei genitori rivolta all’insegnante del figlio non costituisce diffamazione se si basa su fatti oggettivi e se è comunicata in modo riservato alle autorità istituzionali responsabili della sua valutazione, secondo la sentenza n. 18056/2023 della Corte di Cassazione.

Questa decisione si basa sul concetto di “diritto di critica”, che esclude la possibilità di diffamazione nei giudizi negativi sul comportamento del docente che viola le normative per gli alunni affetti da disturbi dell’apprendimento.

La Corte ha accolto il ricorso di due genitori accusati di diffamazione per aver segnalato alla dirigenza scolastica e al Ministero dell’Istruzione e del Merito presunte violazioni da parte dell’insegnante di inglese del loro figlio minorenne, affetto da disturbi dell’apprendimento.

I ricorrenti lamentavano che l’insegnante non rispettasse la normativa che esonera gli alunni con disturbi dell’apprendimento da alcune prove scritte, discriminando il loro figlio e causando un suo ulteriore peggioramento.

La Corte ha stabilito che le accuse dei genitori non costituiscono diffamazione, in quanto avevano seguito i canali legali per segnalare l’inadeguatezza dell’insegnante, inviando una comunicazione riservata all’ufficio competente del Ministero dell’Istruzione e al dirigente scolastico. Queste comunicazioni non possono essere considerate veicoli per diffondere opinioni diffamatorie.

La decisione sottolinea l’importanza del diritto di critica, valutato in un rapporto proporzionale tra il bene protetto e la pertinenza dei giudizi espressi, anche se questi sono fortemente negativi e svalutativi. Nel caso specifico, la legittimità della critica espressa dai genitori ha previsto l’accusa secondo cui l’insegnante avrebbe discriminato intenzionalmente l’alunno affetto da disturbi dell’apprendimento.

SENTENZA [PDF]

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