Maraini: “La scuola non è una azienda, è un luogo di formazione e su quello si deve puntare. Molti insegnanti lo fanno già, ma non sono aiutati dalle istituzioni”

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Dacia Maraini interviene sul tema della scuola italiana, sconfessando la visione di una generazione di studenti svogliati e apatici. Lo fa dalle pagine del Corriere della Sera, dove la scrittrice offre spunti di riflessione e proposte concrete per migliorare il sistema educativo.

Contro i luoghi comuni

Maraini respinge l’idea che i ragazzi di oggi siano irrimediabilmente pigri e schiavi della tecnologia. “La voce dei media nazionali ripete affranta che gli studenti ormai sono delle larve”, scrive, “incapaci perfino di leggere e scrivere, prigionieri dei social e di altre diavolerie tecnologiche”. Ma la scrittrice precisa: “È vero che ci sono gli svogliati e gli incapaci, ma non sono la maggioranza. Sono solo i più visibili”.

La scuola del passato e del presente

“La scuola è sempre stata piena di pigri e di ignoranti”, ricorda Maraini, citando opere come Pinocchio e Cuore. Tuttavia, la differenza con il passato è che oggi gli studenti non si sentono più intimiditi dall’istituzione scolastica e “si sentono in diritto di esprimere la propria negligenza in piena classe, e addirittura, quando possono, in forme di violenza contro compagni o insegnanti”.

Verso un nuovo modello di apprendimento

La chiave per migliorare la scuola, secondo Maraini, è cambiare il modo di fare lezione. “Oggi i ragazzi vogliono partecipare al processo di conoscenza, ma in un rapporto orizzontale, ovvero dialettico”, spiega. “Quando vengono dotati di stimoli alla consapevolezza e alla creatività, i ragazzi rispondono con gioia”.

La scuola non è un’azienda

Maraini critica la riforma che ha trasformato la scuola in un’azienda, con il preside che diventa “dirigente” e si occupa più di conti che di cultura. “La scuola non è una azienda, è un luogo di formazione e su quello si deve puntare, investendo sia economicamente che culturalmente”, afferma la scrittrice. Molti insegnanti lo fanno già. Ma non sono aiutati dalle istituzioni“.

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