Riforma del voto in condotta, i presidi: “Reprimere non basta, meglio educare. Mantenere l’autorevolezza senza esagerare”

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Il Senato ha approvato la riforma del voto in condotta, introducendo misure più severe per contrastare i comportamenti violenti nelle scuole. La Camera si appresta a dare il via libera definitivo. Mentre la riforma accoglie consensi per la sua azione repressiva, molti dirigenti scolastici sottolineano l’importanza di non trascurare l’aspetto educativo delle sanzioni.

Cosa cambia con la riforma?

  • Voto in condotta anche alle medie: L’introduzione del voto in condotta, espresso in decimi, alle scuole secondarie di primo grado (medie) allinea il sistema di valutazione a quello delle superiori. Un voto inferiore a 6 comporterà la bocciatura.
  • “Debito” in Educazione civica alle superiori: Nelle scuole secondarie di secondo grado, un voto in condotta di 6 richiederà il recupero di Educazione civica a settembre.
  • Valutazione annuale e focus sui comportamenti violenti: Il voto in condotta sarà basato sull’intero anno scolastico e darà particolare rilievo ad eventuali atti di violenza o aggressione verso insegnanti, personale scolastico e studenti.
  • Sospensione come opportunità educativa: Le sospensioni fino a 2 giorni saranno accompagnate da attività di riflessione e approfondimento, mentre quelle superiori a 2 giorni prevederanno attività di “cittadinanza solidale” in strutture convenzionate.

Pareri dal mondo scolastico

La riforma suscita riflessioni tra i dirigenti scolastici. A L’Eco di Bergamo intervengono diversi presidi della provincia bergamasca.

Claudio Ghilardi del liceo Sarpi riconosce l’importanza del segnale di attenzione, ma dubita della sua efficacia nel modificare l’andamento generale. Evidenzia un problema sociale più ampio, dove l’aggressività è diffusa anche tra gli adulti, diventando un modello per i giovani. Apprezza invece la trasformazione delle sospensioni in opportunità educative, favorendo l’inclusione.

Veronica Migani del Pesenti sottolinea l’importanza di sanzionare le mancanze per mantenere l’autorevolezza, ma senza esagerare. Suggerisce di utilizzare le sospensioni per creare “alleanze col territorio”, come esperienze di assistenza ad anziani o disabili, o attività che aiutino gli studenti a comprendere le conseguenze delle proprie azioni.

Cesare Botti del liceo artistico Manzù evidenzia il divario generazionale tra studenti e docenti e la necessità di adattare la relazione educativa ai cambiamenti sociali.

Maria Amodeo dell’Istituto Natta solleva dubbi sull’organizzazione di corsi di recupero in Educazione civica e auspica soluzioni basate sulla consapevolezza e la revisione degli errori.

Imerio Chiappa del Paleocapa individua una criticità nei ragazzi di prima superiore che hanno sbagliato scuola e propone una riflessione sull’orientamento e il raccordo tra medie e superiori.

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