Dispersione scolastica: non è colpa degli insegnanti. Spesso causata da fragilità emotiva e problemi psicologici. Lo studio. Quali i segnali spia?

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Lo scorso 11 marzo, nell’ambito della Settimana del cervello 2024, sono stati presentati presso la scuola IMT Alti Studi di Lucca i risultati della Ricerca sulla dispersione scolastica e l’incidenza dei disturbi neuropsichiatrici condotta dalla scuola IMT Alti Studi di Lucca e Intesa Sanpaolo Innovation Center Lab, insieme a Intesa Sanpaolo Education Ecosystem and Global Value Programs e con il supporto della Fondazione Link.

Dal nostro studio è emerso che quando un ragazzo decide di abbandonare la scuola non lo fa per colpa dell’insegnante ma per il carico emotivo di vulnerabilità e di fragilità personali“.

Lo studio ha coinvolto quattromila studentesse e studenti delle scuole secondarie di Torino e Lucca.

Un progetto di ricerca congiunto, nato con l’obiettivo di comprendere le cause del disagio giovanile che concorrono all’insorgere del fenomeno della dispersione scolastica. Ne parliamo con la ricercatrice Federica Ruzzante, psicologa sociale ed esperta di decison making, la disciplina della psicologia che si occupa di aiutare le persone a prendere le decisioni migliori.

Dottoressa, quali sono i fattori principali che concorrono alla dispersione scolastica?

La dispersione scolastica è stata, nel corso degli anni, oggetto di studio di diverse discipline come statistica, economia e politica; e vorrei sottolineare che è da tempo chiara la relazione tra lo stato sociale di provenienza dello studente ed il suo successo scolastico. Questo è emerso anche da nostro studio, ma la vera novità è il focus sulla salute mentale, perché la maggior parte dei disturbi mentali esordiscono nell’adolescenza e, alcune volte, anche nell’infanzia. Il dato rilevante che è emerso è che, già prima dei vent’anni, una persona su due, ha avuto un episodio di ansia o depressione maggiore. Per depressione maggiore si intende non la tristezza transitoria ma qualcosa di estremamente invalidante, che dura almeno due settimane.

Quanto conta la prevenzione ?

Diventa fondamentale concentrarsi sulla prevenzione, soprattutto tra giovani e adolescenti proprio perché, come ho detto poc’anzi, è prima dei vent’anni che i disturbi mentali hanno maggiore possibilità di manifestarsi. Ci sono dei segnali che si manifestano sin da giovanissimi, sono piccole manifestazioni che in genere si associano alla crescita ma che invece possono essere veri e propri sintomi, che rischiano di diventare un disturbo psichiatrico. Prenderli in anticipo è fondamentale, l’arma migliore resta l’identificazione precoce.

Quali sono allora i segnali spia che gli insegnanti devono saper cogliere?

Sono diversi: un primo e preoccupante segnale riguarda quei comportamenti che ci appaiono fuori controllo: come distruggere e non rispettare le cose degli altri, poi ci sono le zuffe, le minacce ai compagni di classe, l’infrangere le regole della scuola, lo scappare via di casa. E poi ancora: la mancanza di autostima, i problemi di socializzazione, lo stare lontano dagli altri e, non ultimo, la performance scolastica.

E la famiglia, invece, quali segnali deve saper interpretare?

Intanto diciamo che sarebbe fondamentale per gli studenti parlare con i propri genitori di cosa accade a scuola. E’ altrettanto importante assicurasi che i ragazzi abbiano un luogo tranquillo e dedicato allo studio dove potersi concentrare. Il genitore deve essere attivo nella vita scolastica del proprio figlio e deve essere informato su quanto succede a scuola, deve mantenere una conversazione costante: “chiedere com’è andata, cos’hai imparato”. Sappiamo che gli insegnanti hanno un piccolo indice della situazione familiare e pertanto, in situazioni difficili, devono prestare un occhio di riguardo in più perché la vita a casa influenza molto quella a scuola.

Quali sono stati gli strumenti realizzati col vostro studio?

Un questionario, compilabile on-line, come strumento di autoanalisi a beneficio dei ragazzi per creare autoconsapevolezza, una Check-list a beneficio del corpo docente, in grado di rilevare con anticipo comportamenti e manifestazioni emotivi associati all’intenzione di abbandonare gli studi. E adesso stiamo lavorando sul materiale divulgativo, che sarà consultabile sul sito di Intesa Sanpaolo.

Dottoressa, lo scorso anno si è parlato tanto, e non senza polemiche, della figura dello psicologo a scuola: quanto è importante?

Vorrei dire che lo psicologo, che preferibilmente dovrebbe essere una persona che ha studiato psicologia dello sviluppo o un neuropsichiatra infantile, da solo non basta. Deve essere fatto a monte un lavoro di sensibilizzazione contro lo stigma perché altrimenti i ragazzi non chiedono aiuto, perché si vergognano o hanno paura di sembrare strani, o peggio ancora, pazzi. Chiaramente, è altrettanto importante la collaborazione con i docenti che vivono a contatto diretto con i discenti. Dal nostro studio è emerso che quando un ragazzo decide di abbandonare la scuola non lo fa per colpa dell’insegnante ma per il carico emotivo di vulnerabilità e di fragilità personali. E’ emerso, altresì, che lo stato sociale influenza fortemente le ambizioni scolastiche, pertanto i docenti devono valorizzare il talento degli studenti, possono raccontare storie di chi ce l’ha fatta e, a volte, anche la loro stessa storia per coinvolgerli di più.

Quanto ha inciso la recente pandemia da Covid?

Il nostro studio è avvenuto post -Covid, quello che è emerso moltissimo è il tema della difficoltà a socializzare. I ragazzi interpellati hanno tra i 13 e i 17 anni questo vuol dire che hanno vissuto la loro adolescenza nell’isolamento della pandemia. Molti ragazzi vorrebbero avere delle connessioni sociali ma sentono di non avere nessuno su cui contare, cioè non sentono abbastanza vicini nè insegnanti nè genitori. Vede, c’è un momento per l’adolescente in cui è fondamentale staccarsi dalla famiglia e vivere tra pari ma questo con la pandemia non è stato possibile: durante il lockdown questo passaggio, fondamentale per la crescita dei ragazzi, è venuto a mancare.

Chi ha accusato di più l’isolamento da Covid?

Dallo studio è emerso che sono più le ragazze a manifestare disagi di ansia e depressione ma, di contro, va detto, che i ragazzi hanno più difficoltà ad ammettere i propri disagi: perciò abbiamo un dato nascosto. Quello che posso consigliare a tutti i docenti sono senz’altro le attività di gruppo, da fare sia a scuola sia a casa, soprattutto per coinvolgere gli studenti che hanno più difficoltà a socializzare.

Legato alla dispersione scolastica c’è il fenomeno della dispersione scolastica implicita, può spiegarci di cosa si tratta?

Si tratta di giovani che conseguono il diploma ma non raggiungono nemmeno lontanamente i livelli di competenze attesi o previsti al termine del ciclo di studi. Nel l’anno scolastico 2021/2022, in Italia, quasi il 10 per cento degli studenti e delle studentesse dell’ultimo anno della scuola secondaria di secondo grado rientrano nella definizione di dispersione scolastica implicita. I valori sono più contenuti al Nord, con un dato che raggiunge il 3,7 per cento contro il 9,2 del centro e addirittura il 16,5 per cento al Mezzogiorno. La maglia nera va alle regioni di Calabria, Sardegna e Campania.

Il ministro dell’Istruzione e del Merito Valditara ha sottolineato come in Italia la dispersione scolastica degli alunni stranieri è pari al 30 per cento, le risulta?

Il nostro studio ha catturato una scuola multiculturale: il 12 per cento dei nostri rispondenti non era di madrelingua italiana. Per arginare il fenomeno in questo sottogruppo, per non perdere questi ragazzi, è fondamentale prestare loro un occhio di riguardo. Tutto quello che abbiamo detto fin qui è amplificato: essi possono avere più difficoltà a socializzare per la diversità culturale e linguistica, inoltre appartengono in media ad una classe sociale più svantaggiata, che implica ad esempio meno spazi per studiare e necessità di immettersi nel mondo del lavoro. Un aiuto per questi ragazzi può arrivare dal mondo associazionistico o dalla scuola stessa, con programmi di doposcuola per assicurare loro momenti di socializzazione e di tranquillità.

Per gli studenti stranieri la socializzazione diventa fondamentale per aumentare il loro senso di appartenenza: se sentono che a scuola c’è posto per loro è più probabile che continueranno a frequentarla.

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