L’intervista: AB29, esce oggi 1° ottobre, “Nightmare” il nuovo entusiasmante singolo della rock band femminile

Ci siamo già occupati di loro perché già dal primo ascolto hanno saputo attrarre la nostra attenzione.

Si chiamano Zoe, Francesca e Rebecca, toscane, della provincia di Pisa per essere precisi. Un ottimo impasto vocale il loro e un rock che richiama quello rarefatto inglese. Finaliste a Sanremo Rock 2018, ci chiediamo perché il loro viaggio in Italia non sia ancora decollato a livello popolare?

E il loro nuovo singolo “Nightmare” non è che una conferma.

“”Nightmare è l’incubo – ci raccontano le AB29 –  Nightmare” è la parte della storia dove entriamo in maniera particolare nella testa della protagonista e vediamo ciò che sogna ripetutamente ogni notte. È un loop dove scappa dal mostro che si trova davanti, ma corre inutilmente senza una meta: il mostro è il padrone del sogno e lei potrà fare solo ciò che vuole lui.”

Questo il link per ascoltare la novità discografica, in attesa di un prossimo video

https://www.feiyr.com/x/BRFWC

Nightmare” è il terzo singolo, dopo “Brainwaves” dell’EP “Memorem” di prossima uscita, un concept album che racconta un viaggio tra luci e ombre della schizofrenia, dove paura e amore si alternano.

“Questo progetto ci ha permesso di indagare anche su noi stesse, di curiosare tra le nostre paure, i nostri incubi e le nostre aspettative per il futuro – spiegano le giovani rocker –  Dover approfondire toni scuri, quasi inquietanti, ma senzarenderla una malattia “demoniaca”, il tono inquietante delle canzoni rende le paure e la confusione della protagonista. Per la canzone Nightmare ci siamo immaginate di scrivere la colonna sonora di un incubo, mentre per Brainwaves quella di un momento di panico e confusione.”

E’ un suono british il vostro, fatto di atmosfere rarefatte ed echi. Un ‘marchio di fabbrica’ che vi accompagna sin dai vostri esordi. Come succede quando si sceglie la maniera di esprimersi, in questo caso imponendo uno stile musicale?

Succede in maniera spontanea, quasi naturale. Non volevamo fare musica in italiano, o meglio non sapevamo bene come fare, dato che tutte noi ascoltavano molta musica inglese. Il nostro stile musicale si è evoluto, la nostra esperienza lo ha scolpito senza darci mai il peso di decidere quale genere volessimo fare. Anzi, è stato più difficile definire cosa stessimo facendo una volta trovato il giusto sound!

Direi di conoscervi meglio per arrivare alla vostra nuova produzione così che si possano anche percepire cambiamenti ed evoluzioni. La band si è formata nel 2015. Intanto è complicato essere una band femminile nel panorama musicale italiano?

Sicuramente ci sono molti pregiudizi: ci si aspetta che si suoni un certo genere, soft, che si parli di amore e che i nostri outfit per i concerti siano creati da un architetto della femminilità.  La nostra formazione ha sempre provocato sorpresa nelle persone che ci sentivano per la prima volta: nessuna band famosa al momento in Italia è composta soltanto da donne. Per noi l’essere tutte donne non ha mai avuto scopi politici o obiettivi precisi: siamo solo delle ragazze, delle amiche che volevano suonare insieme.

Forse se il vostro range fosse stato da ricercare nella musica melodica italiana, sarebbe stato più immediato l’interesse popolare?

Dipende da quale interesse si discute: quello della fetta di popolazione da cui proveniamo, cioè quella del paesino toscano medio composto da anziani, sicuramente si. Ma in realtà tra i nostri coetanei in questo momento va molto di più la musica che varca l’onda dell’internazionale: basti vedere i Maneskin e il successo mondiale che stanno riscuotendo. L’immediatezza dell’interesse popolare dipende da molti fattori: in Italia il principale è il talent, opzione che per ora non consideriamo.

Anche la vostra immagine è perfetta, ben calibrata, in sintonia con ciò che siete oggi. Chi doveva sceglie o ha scelto come apparire?  Quale la vostra immagine?

È stata una collaborazione tra noi e il nostro team, ispirata da personaggi quali David Bowie e PJ Harvey. Cerchiamo di riflettere la nostra personalità e grinta attraverso questa immagine un po’ grunge e un po’ glam rock, steampunk a momenti. Anche questa è venuta alquanto spontaneamente: i vestiti che usiamo per i photoshoot o per i concerti spesso e volentieri provengono dai nostri armadi, quindi non ci discostiamo troppo dal nostro stile personale, cerchiamo solo di evidenziarlo, esagerarlo.

Comunque in un paio di anni la ruota ha cominciato a girare. Nel 2017 il primo album “Fix” quando ancora il vostro nome per esteso era All Broken 29. Perché questo nome, che poi si è contratto in AB29?

Questo nome viene per caso: avevamo creato una lista di parole che ci piacevano, e alla fine era venuto fuori All Broken. Ispirandoci alle nostre band preferite, come i Blink 182 o i The 1975, abbiamo pensato di aggiungere anche noi una componente numerica al nome. Per questo abbiamo scelto il numero 29, che per noi ha un sacco di significati: il numero civico dove facevamo le prove, la data della nostra nascita come band…

Già in FIX siete voi, ma certamente nei nuovi singoli usciti e che comporranno il brano, si sente chiaramente una maturazione, in particolare nella voce. Sia in MEMOREM che in BRAINWAVES è chiara una maggiore consapevolezza, la capacità di tenere le redini. Sono considerazioni che vi sembrano giuste oppure no?

Certamente! In fix eravamo “acerbe”, poco sicure di quello che stavamo facendo: ci piaceva solo scrivere e suonare ed esprimerci. Adesso siamo adulte, sappiamo chi siamo, o almeno un po’ più di prima, e non abbiamo paura di tentare cose nuove,

In inglese c’è uno scatto in più, probabilmente la lingua stessa permette di creare un’atmosfera particolare. E’ così?

Sia l’italiano che l’inglese sono lingue molto musicali nel parlato quotidiano, ma secondo noi l’inglese è molto più fluido nel cantato. Scrivere in italiano è difficile: ci sembra di dover dire cose “importanti”, come De André o Guccini. Dire le cose in inglese ci riesce meglio, ci sentiamo meno spigolose nelle pronuncia e più libere.

A proposito di scatto, un bel salto felino lo avete fatto l’anno seguente, quando nel 2018 siete arrivate in finale a “Sanremo rock”. Che esperienza è stata?

Surreale. Essere circondate da così tanti talenti e generi diversi dal nostro ha sicuramente avuto un impatto su di noi. Ci ricordiamo di essere state sveglie fino all’una di notte per sapere se eravamo passate in semifinale e poi in finale, e subito dopo di aver fatto le valigie, dormendo solo un paio d’ore in due giorni.

In soli tre anni siete cambiate notevolmente, avete lasciato l’età adolescenziale su quel palco. E’ così? 

Non proprio: siamo ancora in qualche modo adolescenti, universitarie inesperte e confuse. Però si, il palco ci ha fatto crescere e ci ha accompagnate negli anni, donandoci esperienze veramente irripetibili e uniche a questa età.

Passano due anni e arriva l’incontro credo determinante con la Beng! Dischi. Che sensazione è stata andare sotto etichetta? 

Ci siamo sentite viste da qualcuno, ascoltate. Finalmente qualcuno credeva nel nostro progetto. È una sensazione impagabile quando sei un giovane artista che cerca solo qualcuno che lo ascolti.

In quale modo ha lavorato per voi?

Ci ha permesso di evolvere il nostro stile musicale, la nostra esperienza sul palco, ma soprattutto di avere le nostre prime volte con la produzione musicale: non sapevamo nulla di registrazione, produzione, mixaggio. È molto bello poter essere parte fondante del dietro le quinte, e poter lavorare con così tante persone appassionate del proprio lavoro.

E arriviamo, per chiudere in bellezza con il vostro EP di cui sono uscite i primi tre singoli. Come è stato già spiegato anche in altri contesti, questo EP (notoriamente si conoscono come dei Concept album) ha in effetti un filo conduttore e una traccia è il passo avanti di quella precedente. Particolare per giovani come voi è l’argomento, la schizofrenia. Anch’io vi chiedo come mai questa scelta, per altro non facile?

L’idea è nata da un’intervista a una persona affetta da schizofrenia che abbiamo visto su YouTube. Da lì è scaturito il pensiero: sentivamo solo cantare di amore, giovinezza e cuori spezzati. Abbiamo pensato “perché no?” e ci siamo messe al lavoro. E stranamente è stato molto più facile scrivere di tutto ciò che di amore: non abbiamo rischiato di ricadere in frasi fatte e banali, e questo è stato emozionante per noi.

Un tema, una patologia che però permette di lavorare su luci e ombre, su distorsioni, rarefazioni, etc.. E’ stato così per voi?

Certo! Ci ha permesso di indagare anche noi stesse, di curiosare tra le nostre paure, i nostri incubi e le nostre aspettative per il futuro.

Interpretare musicalmente la schizofrenia cosa vi ha richiesto? Uitlizzare toni diversi, in ogni senso, dal sound alla voce…

Sicuramente il dover approfondire toni scuri, quasi inquietanti, ma senza renderla una malattia “demoniaca”, come di fatto non è: anzi, volevamo proprio fare vedere come sia qualcosa che non rende la persona affetta un mostro o un oggetto da sminuzzare e analizzare. Il tono inquietante delle canzoni serviva più che altro a rendere le paure e la confusione della protagonista, che improvvisamente si trova davanti a mostri e visioni. Per la canzone Nightmare ci siamo immaginate di scrivere la colonna sonora di un incubo, mentre per Brainwaves quella di un momento di panico e confusione.

Cosa vi dicono i vostri amici conterranei?

Aspettano le nostre prossime canzoni con ansia 😉
 Sono sempre pronti a recarsi ad ogni concerto, per quanto lontano sia, e apprezzano la nostra musica almeno tanto quanto noi. Ovviamente ognuno ha i suoi gusti, ma tutti loro ci supportano e condividono la nostra musica.

Il complimento che ad oggi vi ha più gratificato?

La cosa che ci fa più piacere è quando ci dicono che “andremo da qualche parte”. Non specificano dove, ma a noi piace pensare che sia in un posto bello ahah

E la domanda che non vi fanno mai?

Non ci chiedono mai cosa ne pensiamo della Brexit, ma forse è meglio così perché non sapremmo rispondere

Quando uscirà l’EP?

Tra poco, ci sta molto lavoro dietro e non ci piace tirare via le cose…


Come vi siete divise i ruoli nella band, oltre allo specifico di strumenti e voce. Chi scrive? Chi fa pubbliche relazioni? Chi compone la musica? etc etc…

Ci piace lavorare come se fossimo fuse tutte insieme ahah .. scriviamo e componiamo insieme, e onestamente non potremmo immaginarci un altro modo di fare.

Un palco da voi tanto desiderato e perché?

Sicuramente un palco internazionale, uno qualsiasi! Ahah

…questa è libera..

Vogliamo solo ringraziare Musica Ribelle e dirvi di seguirci sui social: ci trovate sempre come @ab29band. Grazie e stay tuned!